Da aggiungere a quel che dicevamo:
It’s long been an article of faith among media optimists that the shift to digital publishing would be a good thing for publishers in the long run, freeing them of the burden of their biggest costs: paper, printing and postage.
That’s why I was surprised to hear David Link, founder and creative director of the digital design firm The Wonderfactory, say, at a recent conference, that producing and distributing app-based magazines for tablet computers and other mobile devices is as costly as putting them out with ink and paper, if not more so. The problem, he told me afterward, is bandwidth. Magazine apps are large downloads. One of the biggest, the early version of Wired’s iPad edition, was around half a gigabyte.
(Jeff Bercovici, Forbes)
Mi sembra un problema provvisorio; la compressione dei file è migliorata esponenzialmente negli ultimi anni, e la tendenza continuerà per molto. E il lavoro per aumentare la portata delle reti internet in giro per il mondo dovrebbe rendere sempre meno rilevante il problema di bandwith. Dubito invece che si trovino modi semplici per rendere più economica la carta e la sua distribuzione.
Il successo commerciale dell’iPad ha sopreso molti, il rischio “bolla” sembra meno presente rispetto a qualche anno fa, soprattutto contando che il tablet Apple sarà presto affiancato da un bel po’ di altri tablet e i prezzi caleranno come è successo con l’iPod.
È la banda, bellezza!
Un magazine “davvero” iPad (con suoni, animazioni etc…) probabilmente è davvero grosso… ma si può iniziare con una via dimezzo, più accessibile, no?
Scusa Luca se mi permetto, ma il tuo titolo – anche nel caso precedente – è fuorviante (magari volutamente, non lo so) e sbagliato. Il fatto è che il problema non è iPad in quanto tale (è solo un device, un mezzo per quanto straordinario ma pur sempre un contenitore) quanto delle aspettative che molti “esperti” e commentatori hanno riposto su di esso, come fosse una panacea dei mali dell’editoria.
La “bolla” non è iPad, ma del sistema editoriale (specie quello piccino piccino del nostro paese) che in realtà non ha minimamente cambiato di una virgola le proprie abitudini consolidate, non ha saputo guardare oltre i propri modelli e ha riproposto pari pari le stesse cose che propone già su altri “mezzi”, solo che gli ha appiccicato il bollino “per iPad” e così facendo sperava che succedesse “o miracolo”!
Diamo a Cesare quel che è di Cesare. Diamo a Steve quel che è di Steve.