La copertura dei media sulla Tunisia è andata così. Dapprima molto latitante, con l’Italia meno colpevole del solito, grazie alla prossimità geografica: ma tutti quanti se ne sono occupati molto poco e gli americani per niente. Così fino a qualche giorno fa l’unico modo che c’era per avere aggiornamenti era seguire la rete e i social network: non che ci fosse questo gran citizen journalism e racconti in presa diretta, ma almeno internet permetteva una rapida circolazione e condivisione delle notizie a disposizione, prevalentemente sempre dai media tradizionali locali o attenti alla Tunisia, come Al Jazeera e Al Arabiya.
Così a un certo punto hanno cominciato a circolare in rete un po’ di analisi su quanto i social network riempissero il vuoto lasciato dai grandi siti e giornali, e quanto una diffusa attenzione sulla Tunisia trovasse soddisfazione solo lì. Poi, nelle ultime ore l’escalation delle cose tunisine è arrivata un po’ ovunque, in qualche misura (l’indifferenza americana era ancora vistosa). E ora che c’è stata la svolta della fuga di Ben Ali, tutti i siti che non se ne erano occupati finora ospitano delle grandi analisi e commenti sulla rivoluzione di Twitter eccetera (l’ennesima), non solo per la sua comunicazione ma anche per la sua stessa organizzazione ed esplosione: mostrando ancora di ritenere la datata e implausibile “rivoluzione di Twitter” molto più interessante della nuovissima rivoluzione tunisina fatta di richiesta di democrazia, vita migliore, prezzi più bassi, giovani suicidi e violenze della polizia.
p.s. i più spericolati si azzardano a sostenere, vedo, che sarebbero stati i documenti di Wikileaks a scatenare o accelerare la caduta di Ben Ali.
aggiornamento: qui c’è un buon articolo sulla questione, del direttore del sito di Radio Free Europe, “Per favore piantiamola con le rivoluzioni di Twitter”; e qui Jillian York di Global Voices, “Né Twitter, né Wikileaks, una rivoluzione di uomini”.
altro aggiornamento: mentre in America impazzano ormai garruli i pezzi sulla rivoluzione di Twitter Jeff Neumann scrive:
Did social media have an effect on events in Tunisia? Undoubtedly, yes. Is this a social media revolution? Absolutely not.
Non ho seguito i grandi media italiani. Qualcuno di questi ha fatto notare eravamo stati noi stessi a mettere al potere il dittatore Ben Alì? Ovvero: oltre alla copertura in se stessa mi chiedo di che qualità sia
Ben Alì, amico e protettore di Craxi…
Una rivoluzione del popolo, senza partiti politici, sindacati, intellettuali. Solo il popolo e i suoi martiri. Mossi solo dalla rabbia contro i sopprusi e dalla voglia di libertà.
secondo Le Monde, pare che Internet invece un po’ c’entri con la rivoluzione: http://www.lemonde.fr/afrique/article/2011/01/17/en-tunisie-la-revolution-est-en-ligne_1466624_3212.html
Pingback: E’ già il solito 2011 | Tr3nta.com