Una solida amicizia per Giuliano Ferrara mi fa velo nel giudicare le cose che fa e scrive? Non credo, anzi forse un pregiudizio dato dalla conoscenza rende meno distaccata la mia lettura delle suddette cose, che tendo quindi presuntuosamente ad attribuire a meccanismi psicologici semplici piuttosto che a elaborate teorie politiche o etiche: ma d’altronde è così per quasi tutti noi.
Comunque, su questo suo nuovo movimentismo ho avuto due opposte opinioni. Da una parte ho trovato deludente e non all’altezza la piccola baracconata del raduno milanese con tanto di mutande e presunzione rivoluzionaria e anticonformista: proprio mentre il ritorno sulla scena di Ferrara arrivava attraverso un tentativo – sventurato ma nobile – di salvare Berlusconi attraverso la politica seria, attraverso un’immissione di idee e intelligenza nel suo maldestro apparato difensivo, buttarla in caciara, e così piccola caciara, mi è sembrata una vera scemenza di cui si poteva fare a meno.
Dall’altra, ho trovato invece interessanti e creativi i suoi argomenti sul caso Italia al di là di Berlusconi: tutti sbagliati, secondo me, ma strutturati con intelligenza e cultura che mancano assai dalle parti dell’antisinistra (che non è una destra, quella del pensiero di Ferrara, del Foglio e di molti del PdL, ma un’antisinistra irritabile uguale e simmetrica all’antiberlusconismo che orienta molte scelte dell’altra parte). L’intervento al Tg1, per esempio, a me che non me ne frega niente che il Tg1 sia soggetto a una par condicio col timer, mi è sembrato molto più ricco e godibile di un servizio sui barboncini o sulle vacanze degli italiani. C’era un’analisi dei comportamenti di una parte di Italia, c’era una riflessione su Kant, c’era una teoria socioculturale: tutte sbagliate, ripeto, ma c’era materiale per pensarci (e anche qualcosa di meno sbagliato in pezzetti di analisi, ma sempre opinione mia).
Dette tutte queste cose per completezza di relazione sui miei pensieri, proprio per le ragioni di cui al punto primo, non ho avuto oggi grandi curiosità per il teatro Dal Verme: non mi piacciono le occasioni in cui piccole o grandi moltitudini si trovano per sentirsi dire le cose che vogliono sentirsi dire, e in cui qualcuno gliele dice lo stesso pur sapendolo e godendosi gli applausi (per questo mi era invece molto piaciuto Saviano al Palasharp). Però una curiosità tentatrice mi ha fatto guardare lo sketch comico tra il ministro La Russa e Corrado Formigli; e a un certo punto si sentiva Ferrara in sottofondo che dal palco urlava arrabbiato “E’ UNA VERGOGNA!”.
Ecco, tutte quelle che ho raccontato finora sono mie opinioni: ma la spettacolare contraddizione tra il predicare sempre leggerezza e ironia, sfottere la tromboneria indignata altrui, e quell’attimo, la sua palese identità di toni e sostanza con una qualunque battuta di un Di Pietro, di un Beppe Grillo, o di uno qualunque degli arruffapopoli più o meno colti che Ferrara va dicendo di voler ridimensionare, beh, queste sono invece le vistose incongruenze di una trovata del weekend che non stava in piedi e che si è confusa con quella dei quattro smandrappati davanti al tribunale il giorno prima. Meglio pensare.
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