A ognuno il suo Gheddafi

In questi giorni di voci e illazioni sui possibili interventi cinesi a sostegno dell’annaspante economia italiana in molti hanno pensato al più famoso e qualificato italiano con solidi rapporti in Cina come interlocutore preferienziale e auspicato per eventuali trattative e iniziative di questo genere, Romano Prodi. Lo aveva scritto subito Dario Di Vico su Twitter, oggi ci torna Europa con qualche eccitazione che mi pare eccessiva.

Mi pare infatti che sia difficile rimuovere improvvisamente dal campo tutte le ostilità che un paese democratico è giusto abbia nei confronti di una nazione in cui non esiste democrazia, i cittadini non scelgono, il regime si autoperpetua, i diritti civili sono sistematicamente violati, e i premi Nobel per la Pace tenuti in carcere. Non dico che gli si dichiari guerra o si richiami l’ambasciatore, ma si improntano i rapporti a questo giudizio e all’intenzione di promuovere un cambiamento, non a una succube e questuante amicizia. Poi si può anche diventare improvvisamente cinici e “realisti”, diciamo, e andare a prendersi i soldi senza guardare troppo per il sottile, ma basta non essere tra quelli che hanno mai sollevato un sopracciglio di fronte alle indulgenze libiche del nostro governo: qualcuno dovrebbe infatti spiegare quale differenza ci sia tra essere tanto amici di Gheddafi ed essere tanto amici del regime cinese (al punto di non spendere una parola, avendone i titoli, nemmeno sul tema più contestato internazionalmente nei mesi scorsi).

Poi se vogliamo fare come faceva Berlusconi con Gheddafi per proteggere gli interessi italiani in Libia, facciamolo anche da sinistra, facciamolo anche con Prodi. Ma non andiamo poi in giro a dire che siamo diversi.

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12 commenti su “A ognuno il suo Gheddafi

  1. riccardo r

    D’accordissimo!

    (commento inutile, me ne rendo conto. Forse sono affetto da “mi_piacite”)

  2. stefano bonilli

    Il democratico professor Prodi ha detto ieri – parlando da Pechino dove era da 15 giorni per conferenze – a Radio24 che i cinesi hanno una memoria lunghissima, ricordano tutto.
    Forse è per questo motivo che non ha speso una parola sui diritti umani, l’incarceramento del Nobel e bazzeccole simili.
    Gheddafi era solo più folcloristico, per il resto bacio, stretta di mano o affari con lui e consulenze fatte in Cina e ben pagate in cambio di silenzio e legittimazione sono la stessa cosa.

  3. emme

    caro luca,

    mi sembra che il tuo post sia un po superficiale: paragonare la cina – il più grande paese del mondo con la più grande crescita economica ed un sistema politico, certamente non democratico, ma complesso e comunque caratterizzato da un dibatitto fra diverse fazioni ed anche idee sul futuro, sul ruolo del partito..- con la dittatura militare di un uomo solo al comando da quarant’anni è un argomento retorico (tra l’altro da te stesso più volte sottolineato)un po fallace.

    non sono un fan della cina, ma da occidentale medio ammetto la mia totale ignoranza in materia e anche la tipica supponenza che (temo) anima le reazioni di questi giorni alle notizie di intervento cinese sull’economia italiana.

    insomma penso che la cina si possa criticare, certo, ma per quello che é o che vuole essere, e perquesto si dovrebbe prima conoscerla (un minimo)

    ciao

    ciao

  4. unespressoprego

    Credavamo che il futuro fosse delle frizzanti, aperte, dinamiche democrazie occidentali. La Cina, col suo pachidermico partito comunista, sembrava un colosso destinato a franare in fretta, che guardavamo con sufficienza.
    Mi chiedo oggi se quella prospettiva non fosse completamente sbagliata, e se il futuro non sia del modello Cina, cioè di un tipo di organizzazione statalista, verticistica e centralista, che sostiene il libero mercato senza democrazia e libertà d’espressione.
    Luca, tu parli di improntare i rapporti “all’intenzione di promuovere un cambiamento, non a una succube e questuante amicizia”. Mi chiedo se i rapporti di forza non siano tali che non siamo noi a porre condizioni alla Cina ma viceversa. Noi cambieremo la Cina o la Cina cambierà noi?

  5. Pingback: Ancora sulla Cina « Dieci nodi

  6. Lazarus

    Ho sentito anch’io l’intervista a Prodi su Radio24 (fatta da Barisone che è veramente bravo), confermo ciò che dice Bonilli, il prof. ha fatto capire che ogni commento su diritti civili, democrazia e simili quisquilie può essere deleterio per il futuro dei rapporti commerciali. E direi che Prodi in questo caso ha (purtroppo) ragione, quindi l’unica scelta possibile è quella indicata da Sofri nell’ultimo paragrafo.
    Non è più tempo di eroi (né di utopie).

  7. braccale

    @emme
    Anche se Cina e Libia non fossero simili in generale, diciamo, lo sono certamente – a tutte le latitudini – le torture politiche di regime, le censure, l’annichilimento delle alternative di governo.

  8. pinosp

    sul corriere del mezzogiorno di oggi – edizione bari, corsivetto quotidiano di giovanni sasso:
    “feisbuk, post di WEN JIABAO, primo ministro cinese – L’Italia è malata, ma pel intelvenire, noi dobbiamo capile se è inculabile”.

  9. Fulvio

    In un libro pubblicato all’inizio del 2010 (The end of influence, dall’illuminante sottotitolo “Cosa succede quando i soldi ce li hanno gli altri”) due professori di Berkley spiegano bene le conseguenze economiche e geo-politiche di ciò a cui stiamo assistendo. Era successa la stessa cosa alla fine della Prima Guerra Mondiale, quando la Gran Bretagna si vide suo malgrado costretta a cedere il dominio mondiale agli USA. Non ci sono dubbi che il regime cinese abbia molti aspetti intollerabili ma qualunque Presidente o Primo Ministro che dicesse le cose come stanno verrebbe immediatamente ricoverato in un manicomio dai suoi stessi concittadini. La ricchezza sta sempre più prendendo la strada dei paesi emergenti e probabilmente questo è un fenomeno inarrestabile (secondo alcune stime il 70% della crescita dell’economia globale del 2011 e 2012 sarà generato dai paesi in via di sviluppo). Poi, come scrive emme, sicuramente la società cinese è molto più complessa di come ce la immaginiamo (ad esempio il confronto fra le sue varie componenti è decisamente più dialettico di quanto saremmo disposti a credere), ma ciò non toglie che stiamo parlando di una dittatura brutale, con scarsa certezza del diritto e livelli di corruzione alquanto elevati. Riusciranno ad andare avanti così? Dipende se reggerà il patto implicito che esiste fra governo e cittadini: io ti faccio arricchire (o comunque stare molto meglio di prima), ma tu non mi devi rompere le scatole sulle questioni relative ai diritti civili. In Cina hanno mai avuto esperienze di democrazia: forse continueranno a farsi piacere le cose coì come sono adesso.

  10. albertog

    1) per quanto riguarda la sinistra, per capire come è messa basta fare un test: in Libia, sta con l’ex amico di berlusconi o con gli amici di sarkozy? o è capace di trovare una terza via?
    2) per quanto riguarda la cina, la mia idea eretica è che non sia la democrazia a portare ricchezza, ma la ricchezza a portare democrazia, quindi confido che se la Cina diventerà abbastanza ricca, la democrazia attecchirà; per contro, non c’è da sperare che la democrazia si diffonda a livello planetario, finché ci saranno paesi più ricchi e paesi più poveri. rimarrà sempre un lusso per pochi

  11. Pingback: Links for 15/09/2011 | Giordani.org

  12. pifo

    L’atteggiamento ambivalente di molti dirigenti del PD (alcuni con trascorsi di governo) nei confronti della Cina nella sua totalita’ deve creare un certo mal di pancia a sinistra (e a me lo crea) cerchiamo pero’ di rammentare anche certe differenze nelle forme in cui esso si esplicita rispetto al caso Gheddafi, perche’ la forma una piccola sostanza la possiede: alle delegazioni cinesi arrivate in visita a Roma sotto il governo Prodi non e’ stato fornita una platea di ninfette da convertire al libretto rosso di Mao e non e’ stato neanche chiesto di eliminare fisicamente qualche decina di migliaia di immigrati che volevano imbarcarsi clandestinamente sulle navi provenienti dai loro porti in cambio di qualche commessa.

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