Nel 1982 Peter Gabriel pubblicò il suo quarto disco da solo, quello di Shock the monkey (rimasta nota al grande pubblico italiano per l’esecuzione al Festival di Sanremo con Gabriel che si gettava sul pubblico appeso una liana e si infranse su un altoparlante, fingendo indifferenza). Nel disco c’erano molte canzoni belle – tutte, direi – e una bellissima, che si chiamava Wallflower. Secondo alcune versioni fu ispirata dalle storie dei prigionieri torturati sotto la dittatura di Pinochet, secondo altre dalla detenzione di Lech Walesa. Nel 1990 Gabriel la cantò a Santiago del Cile assieme agli Inti Illimani. Con il tema del prigioniero “chiuso in una scatola” Gabriel si era già cimentato ai tempi della più famosa Biko, dedicata a Steven Biko, morto in un carcere sudafricano nel 1977, e che era stata usata nel film omonimo. La melodia di Wallflower finì invece in un altro film di prigionia, Birdy di Alan Parker, in versione strumentale. Adesso Gabriel ha pubblicato una raccolta di sua vecchie canzoni in versione orchestrata, che ha fatto storcere il naso ai fans duri e puri che aspettano un suo disco nuovo da quasi dieci anni: però il risultato è dignitosissimo, perché il materiale originale era di prima classe. C’è anche Wallflower, e noi fans teneri e affezionati ci commuoviamo, per tutti questi motivi insieme.
Six by six
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