Non miglioreremo l’Italia per gli altri, per quelli che non conosciamo, per gli oppressi vecchi e nuovi: la miglioreremo per noi e i nostri simili, per quelli con cui sentiamo di condividere qualcosa e che vorremo siano sempre più numerosi: se non lo diventeranno, vorrà dire che non avevamo capito niente e non eravamo solo minoranza, eravamo pure fessi, altro che élite.
(Un grande paese, pagina 180)
La morale della storia, se esiste, potrebbe riassumersi così: una bandiera, lingua e storia comune possono certamente stimolare la gente a lavorare insieme in armonia, per una causa comune. Ma così pure il tornaconto personale, nella sua accezione più elevata. Ai massimi livelli di prestazioni — che si tratti di arte, scienza o calcio — questo potrebbe rivelarsi addirittura il fattore preponderante.
(Ian Buruma, Corriere di oggi, bell’articolo su calcio e patrie)