Storia di una notizia falsa

Una nuova storia di notizie-che-non-lo-erano racconta spettacolarmente le contraddizioni e le tortuose vie dell’informazione accurata e trascurata italiana. La racconto vista dalla redazione del Post, ma sarebbe bello avere altri punti di vista, visto che coinvolge direttori e giornalisti di molti giornali italiani.

Domenica una ragazza nera di vent’anni ha raccontato alla polizia di essere stata aggredita da alcune persone che le hanno dato fuoco e hanno scritto “KKK” sulla sua macchina, in un parco a Winnsboro in Louisiana. La notizia ha avuto spazio nella stampa locale e delle brevi sui siti di news nazionali, in spazi molto marginali: probabilmente, come avviene di solito con i media americani, in attesa di maggiori informazioni. Al Post neanche ce ne siamo accorti, quel giorno, confesso.

Cambio scena. Martedì mattina il Corriere della Sera annuncia con comprensibile orgoglio, sia con editoriali sul giornale di carta, che sul sito e sui social network, di avere fatto un accordo col sito Factchecking.it, per coinvolgere i lettori nella verifica sulle notizie pubblicate. Factchecking.it è una bella iniziativa nata la scorsa primavera, che sul Post raccontò allora un suo fondatore: e così martedì mattina ci uniamo su Twitter ai complimenti al Corriere per l’idea di sfruttarla. Il problema della scarsa affidabilità e verità delle notizie pubblicate sui media italiani non devo stare io a spiegarvelo, né a misurarne la dimensione: sarei ridondante e noioso (lo sono, di fatto, anche con questo racconto). Quindi un cambio di rotta a favore di maggiori attenzioni è un’ottima notizia.
Una notizia.

Passano alcune ore, e martedì pomeriggio improvvisamente il sito del Corriere della Sera mette addirittura in apertura, a caratteri ben grossi (direi “cubitali”), questo titolo.

Al di là dell’esagerazione linguistica (“torna l’incubo Ku Klux Klan”) a cui siamo abituati ma non dovremmo, faceva un effetto strano. Perché, due giorni dopo il fatto, tanto spazio a una notizia che non era su nessuna homepage di news americana, e non lo era mai stata? Ancora meno spiegabile se cliccavate sul titolo e finivate in un articolo di sì e no dieci righe (sarà un po’ allungato in serata), la lunghezza di una notizia lateralissima.
Poco dopo, sugli altri siti dei giornali e delle agenzie italiane, si fa spazio la stessa notizia con simili titoli (“bruciata viva…”), persino con commenti sul significato dell’accaduto. In alcuni casi con l’informazione che la ragazza “indossava una maglietta di Obama”, informazione che viene rapidamente smentita e corretta, ma non da tutti. Sul Fatto, per esempio, è ancora lì persino nel titolo.

Tanta attenzione e con tanto ritardo si spiegano probabilmente, a chi è curioso come noi di meccanismi e percorsi della comunicazione giornalistica, con una sola fonte italiana che ha rilanciato la notizia con qualche enfasi, e a un conformismo delle redazioni che le sono andate dietro a valanga senza farsi domande sulla sua dimensione, sull’attenzione che avesse avuto negli Stati Uniti, sulla sua attendibilità (domande che ci siamo fatti al Post, preoccupati ci sfuggisse qualcosa, e non abbiamo trovato risposte soddisfacenti). Anzi ognuno aggiungendo una quota di sensazionalismo in più. Metteteci anche la seduzione cinematografica del Ku Klux Klan e la forza dell’immaginario anni Sessanta per i giornalisti italiani di quella generazione (che va matto per ogni cosa Kennedy, ancora oggi, per esempio).
Martedì sera, ne hanno parlato anche i telegiornali, con l’enfasi drammatizzante del caso.

Ultima tappa, stamattina la storia è su tutti quotidiani di carta: Repubblica, FattoSecolo XIX e Mattino ce l’hanno persino in prima pagina, tentati probabilmente dalla foto della ragazza o dei cappucci del Klan. Il Corriere le dà tutta la pagina 6, con intervista alla scrittrice Toni Morrison per parlarne. Sotto il titolo a quattro colonne “Ragazza nera bruciata viva Accuse al Ku Klux Klan”, nel sommario, probabilmente corretto e rivisto in extremis, si dice “I dubbi della polizia, che segue anche altre piste”. E in coda all’articolo di Guido Olimpio, se lo leggete, si parla della “svolta”. E si spiega che la storia non è vera: ma per saperlo dovete leggere le ultime dieci righe.

Già, perché intorno alle 23 italiane di martedì la polizia di Winnsboro ha convocato una conferenza stampa per annunciare che la ragazza si è inventata tutta la storia.
Interessante, no?

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro

19 commenti su “Storia di una notizia falsa

  1. Giordano

    Anche io sto diventando curioso di meccanismi giornalistici. Ma i giornalisti si prendono mai “una lavata di capo” dal direttore? Io lavoro in un’azienda veneta in tutt’altro campo. Lavoro in un ambiente sereno ma se sbaglio a fare un ordine (esempio) e butto via soldi dell’azienda vengo richiamato (verbalmente) o mi viene fatto notare dove ho sbagliato e perché.
    Se faccio errori su errori devo rispondere ad una struttura che “mi rimette in riga”: se sbaglio è mio interesse migliorarmi e gli errori sono mal sopportati perché ne va dei guadagni e dell’immagine aziendale.
    Perché in giornale non ci sono le stesse logiche? Cosa succede al giornalista (o al gruppo di) che continua a pubblicare notizie non verificate? Il direttore striglierà qualcuno? Assegna gli incarichi più importanti e appetibili a chi li merita dimostrando di non sbagliare e relega i “distratti” a far fotocopie? Errori di questo tipo come influenzano le vendite e la qualità percepita del giornale?

  2. Pingback: Giornalismo fai da te? « Il Diversivo

  3. fulgenzio

    Scusa Giordano, non è di palese evidenza?

    -I direttori nel 99% manco leggono i giornali che pubblicano, perchè sono solitamente impegnati a qualche convegno/manifestazione/etc., a rilasciare interviste, a partecipare a dibattiti televisivi, a leccare il culo all’inserzionista o al politico di turno. Il direttore non può strigliare nessuno perchè A-non gliene frega nulla B-non ha la benchè minima idea di quello che viene pubblicato. Questo spiega anche perchè non vanno a cercarsi delle buone penne altrove (tipo sul web) che potrebbero migliorare la qualità del giornale. Lo stipendio a 6 cifre lo prendono? Sì. E quindi…

    -Il redattore analfabeta può essere tre cose: o il giovane figlio paraculato di un altro giornalista o magari dell’amministratore delegato della casa editrice per cui lavora o un altro raccomandato a caso oppure un vecchio rincoglionito che, nonostante si sia arricchito negli anni ’70-’80-’90 quando per un articolo da una cartella ti mollavano cifre importanti, sta ancora lì a scaldare la sedia invece di levarsi dalle palle e lasciare il posto ad uno più giovane e sveglio (eh, ma è una “firma famosa” quindi intoccabile fino a 90 anni). Gli editorialisti dei quotidiani italiani tutti sono un perfetto esempio di quest’ultima categoria (senza contare il fatto che di solito scrivono editoriali per mandarsi affanculo a vicenda o farsi tarantiniani pompini, dipende dalle loro relazioni) . Quanto al resto, il detto “pay peanuts, get monkeys”, è sufficientemente chiarificatore.

    -La meritocrazia nel giornalismo italiano non esiste. Factcheckatemi questo.

    -Nonostante tutto, errori di questo tipo (e anche di questo typo, aggiungo) abbondano senza che nessuno dica nulla perchè A-i lettori oramai i giornali li sfogliano e non li leggono B- si sono talmente abituati alla mediocrità che magari se ne accorgono pure ma danno gli errori e le panzane per scontate, C- la figura del correttore di bozze non esiste più.

    A me fa specie che vi poniate ancora domande del genere.

  4. whiteyes

    Una riconferma del fatto che non devo pentirmi di aver abbandonato definitivamente gli invasati del FQ (online e no).

  5. Pingback: Giornalismo fai da te? Ah-ia-ia-ia-iai « Il Diversivo

  6. Pingback: Il Fazioso – Il Ku Klux Klan e le solite figuracce della stampa italiana

  7. Giordano

    @ fulgenzio
    Ok, allora saliamo di un livello. Se i direttori al 99% non sono in grado di fare i direttori perchè l’editore non li striglia? Che interesse ha il direttore del corriere o di repubblica a pagare per avere un prodotto mediocre con profitti minori di quelli potenziali?

  8. zenlento

    Avendo seguitoattentamente e fin dall’inizio la vicenda mediatica di Rignano Flaminio del 2007 (fin dalle prime Ansa ) non mi stupisco più di nulla dei meccansimi perversi e faciloni della carta stampata italiana. E’ da mo’ che la stampa d’informazione italiana è un baraccone di talk-show paralleli; un sacco di patate tanto al chilo dove i Sallusti prolificano per gemmazione spontanea.
    Fortunatamente c’è il Post.

  9. Pingback: Chi controlla i fact-checkers? | T-Mag | il magazine di Tecnè

  10. Drockato

    Cioè, fammi capire….
    “La notizia ha avuto spazio nella stampa locale e delle brevi sui siti di news nazionali, in spazi molto marginali: probabilmente, come avviene di solito con i media americani, in attesa di maggiori informazioni. Al Post neanche ce ne siamo accorti, quel giorno, confesso”….

    Voi al Post non ve ne siete accorti, non avete nemmeno dato la notizia (anche solo prendendola con le pinze, analizzandone eslcusivamente i fatti e facendone un titolo meno tendenzioso) e ora siete i paladini del buon giornalismo online in lotta con quello cattivo della carta stampata? In pratica avete bucato una notizia e ve ne vantate pure?
    Con spunti di questo genere potreste agevolmente fregarvene per settimane di una storia dai risvolti giornalieri per arrivare alla fine e darvi una bella pacca sulle spalle: “Visto come siamo stati bravi a darvi tutta la notizia completa due mesi dopo che era uscito il primo lancio?”.

    E poi, diciamocelo, la macchina del fango contro il KKK ha contagiato anche quelche bravo esponente del new onlne journalism: http://www.giornalettismo.com/archives/556611/la-ragazza-nera-bruciata-viva-dal-ku-klux-klan/

  11. fulgenzio

    Giordano, gli editori oggi, oltre ad avere coraggio zero, non hanno il benchè minimo interesse alla qualità dei prodotti che mandano in edicola perchè il 99% delle testate dipende interamente A-dalla pubblicità , B-dai soldi dello Stato e nessuno di questi due elementi è collegato alla “qualità” del prodotto. Il “venduto” incide solo per una minima parte e tiene a galla solo testate di supernicchia, che nella stragrande maggioranza dei casi, siccome sono fatte (anche) con passione e competenza, resistono grazie ai lettori veri. La merda vende, infatti le testate che godono di migliore salute sono quelle di gossip. Secondo te perchè molte riviste “nobili” su cui sono stati investiti milioni di euro danno via gli abbonamenti in perdita o in pareggio? Perchè agli editori interessa andare dall’azienda X e dire “guarda, in edicola non vendiamo un cazzo anche se abbiamo speso 3 milioni di euro per lanciare la rivista, però abbiamo XXXmila lettori abbonati, ci paghi 10k a pagina?” E quelli ci cascano. Rectius, ci cascavano. Poi scusa non ti sei mai chiesto perchè i direttori si scambino i ruoli senza soluzione di continuità, andando a dirigere testate per le quali non hanno la benchè minima competenza. E’ una fottuta enclave autoreferenziale, ecco cosa. Se riesci miracolosamente a entrare, sei dentro, ma sei stai fuori, resti fuori. Come diceva quella canzone? “gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili…”

  12. Drockato

    @fulgenzio

    La prima parte del discorso che fai è un po’ forzata. La percentuale delle testate che escono in edicola e che sono finanziate dalla legge sull’editoria è molto minore. E poi neanche le riviste di gossip se la passano benissimo (la carta patinata costa un botto).

    Circa la seconda parte del discorso… beh, hai pienamente ragione secondo me (confermo e sottoscrivo, essendoci dentro): “E’ una fottuta enclave autoreferenziale, ecco cosa. Se riesci miracolosamente a entrare, sei dentro, ma sei stai fuori, resti fuori. Come diceva quella canzone? “gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili…”.” Ma non solo nei quotidiani eh? Vedi Rolling Stone-Wired-GQ. Nulla da dire sulla preparazione perchè secondo me ci sanno fare molto bene.
    Tuttavia, considerando l’autereferenzialità….

    E comunque coloro che frequentano il web sanno che da molti anni l’informazione sui quotidiani è stata sostituita da quella dei blogger. Che in termini di autoreferenzialità sono invincibili.
    Ma.. è meglio… parlar… sottovoc…………..

  13. george kaplan

    Io faccio un altro mestiere. Quindi, magari, mi sfuggono delle dinamiche tecniche in realtà decisive.
    Però vorrei capire, magari Luca è in grado di spiegarmelo, perché ci sono così tante notizie che non lo erano?
    Faciloneria? Pigrizia? Incapacità? Malafede? Buona fede?
    Una spiegazione deve pur esserci.
    Denunciare le notizie che non lo sono è assolutamente meritorio. Però vorrei capire: perché? Cos’è di preciso che stanno sbagliando?

  14. Pingback: Ecco come ci propinano le notizie | Frz40's Blog

  15. Luca

    Scusate, aggiungo una cosa, che nel post forse è equivocabile: io non lo so se davvero la ragazza si è inventata tutto. So che me lo dice la polizia di Winnsboro, abbastanza credibilmente: e che quindi la notizia iniziale, se non è falsa, almeno non è una notizia affidabile. E continuo ad aspettare sviluppi e conferme eventuali. Stare prudenti vuol dire stare prudenti su tutto, anche sulle smentite.

  16. Drockato

    @Luca

    Quindi il titolo del post da cui è nata la discussione è errato o poco affidabile…?

    ;-}

  17. tanogasparazzo

    Anche Mentano si gongolava su Twitter per non aver trasmesso la notizia. Ora verifiche ed approfondimenti non sono state date. Inoltre sotto elezione presidenziale mancano 10 giorni, avrebbe sicuramente turbato la comunità di colore?

Commenti chiusi