Il sito del Festival del Giornalismo di Perugia ha pubblicato un utile riassunto delle tendenze del giornalismo americano, tratte dalle considerazioni di alcuni siti specializzati. Tra le altre interessanti cose, incollo il passaggio che ha molto a che fare con quello che ho scritto due giorni fa sulla “zona grigia”.
Ma a cambiare forma sono state anche le inserzioni pubblicitarie: Pergam ricorda l’introduzione dei cosiddetti sponsored content citando gli esempi dei post pubblicitari di Gawker o della sezioneBrandVoice di Forbes, senza dimenticare il varo degli Insight su Boston.com, la versione online delBoston Globe, e il lancio dei Bullettin su Quartz, il costola finanziaria di The Atlantic. Si tratta del cosiddetto native advertising, che identifica quel tipo di inserzione che viene impaginata e proposta come fosse un contenuto originale del sito – ma segnalata da annunci specifici, come «special advertiser feature» – con l’obiettivo di attirare l’attenzione dell’utente senza infastidirlo con i classici banner ma invitandolo alla lettura e alla condivisione. Dimostrandosi una delle innovazioni dei media digitali più interessanti dell’ultimo anno.
D’altro canto, fa notare Jeff Roberts, i media online hanno bisogno di attirare l’attenzione degli inserzionisti e riuscire a strappare clienti e quote a media tradizionali come la tv, che detiene ancora la fetta più grande del mercato ma sulla quale le inserzioni costano ancora molto (e, secondo Janko Rottens, nel 2013 comincerà a pagare realmente la concorrenza dell’online). La competizione fra media, secondo il reporter di GigaOm e PaidContent, porterà – come già sta facendo – gli attori digitali a inventarsi nuovi modi per diventare più appetibili agli occhi degli inserzionisti, per cercare di convincerli a investire meno e in modo più ‘intelligente’ proponendo idee innovative – un esempio su tutti la time machine di BuzzFeed di qualche mese fa, che riproponeva la home del sito in vari stili in base a diverse epoche storiche, sponsorizzata da General Electric e citata questa settimana nell’articolo di Alyson Shontell su Business Insider «Inside Buzzfeed with Jonah Peretti».
Cosa aspettarsi dal 2013, dunque? Robert Andrews, sempre per «What we’ll see in 2013» diGigaOm, conferma la tesi secondo la quale i branded content conquisteranno sempre più spazio fino a giungere all’apice della loro breve storia, nel tentativo di aiutare i committenti a vendere in modo innovativo i loro prodotti o servizi, e i siti ospitanti a trovare finalmente una strada profittevole nel mercato online. Questo modello, avvisa però, metterà a dura prova la capacità del lettore di riuscire a distinguere i contenuti editoriali da quelli pubblicitari, «ammesso che questa separazione a loro importi ancora».