Io credo che l’unico governo ipotizzabile in questo momento – a fronte della situazione dell’Italia e del risultato delle elezioni – sia un governo con scadenza a breve e obiettivi minimi e chiari. Scadenza da fissare e obiettivi da garantire. Non è possibile immaginare un governo che – con i tempi che corrono e i casini in cui siamo – raccolga una maggioranza precaria e tiri a campare fino al primo inciampo, che questo arrivi tra sei mesi o tra due anni. Serve un governo stabile e forte, e se non è uscito dalle elezioni, è giusto andare a votare di nuovo e chiedere ai partiti di inventarsi una proposta per essere più convincenti con gli elettori.
Detto questo, le cose si fanno bene e regolarmente: Bersani è l’unico che ha potenzialmente una maggioranza e se ha delle idee accettabili per costruirla le spiega al capo dello Stato e prova a fare un governo. Oppure spiega al capo dello Stato che idee accettabili non ce ne sono, e Napolitano vede se ce ne sono di alternative. Bersani ha avuto ragione finora a dire che le cose si verificano sul campo, non si decidono nei retroscena dei giornali o nelle sparate del blog di Beppe Grillo.
Ma col colpo indovinato sabato con le nomine dei presidenti delle Camere, Bersani ora ha l’occasione di ripetere il risultato facendo la stessa cosa con la presidenza del Consiglio. E perché il colpo riesca, non può proporlo da sconfitto, da incaricato fallito. Deve rinunciare preventivamente al suo tentativo e proporre a Napolitano che il governo lo guidi qualcuno di convincente e che metta di nuovo gli altri – il M5S ma non solo – nelle condizioni di appoggiarlo (e costruire un governo con una maggioranza) oppure bocciarlo a grave prezzo per loro. E in più ripetere il “segnale di svolta” di sabato, proponendo a capo di un nuovo governo non se stesso (come non ha proposto a capo delle Camere Franceschini e Finocchiaro) ma qualcuno che rappresenti “un’altra cosa”. Certo, il governo non è una questione che puoi affidare a due stimabilissimi appena arrivati, come le Camere. Ma delle idee solide e rivoluzionarie insieme ci potrebbero essere, a cominciare dal pensare a una donna (come dice Civati).
Sì, Bersani sarebbe costretto a smentire se stesso accantonando la tappa del suo mandato che va annunciando come irrinunciabile da settimane. Ma il credito che guadagnerebbe come artefice di una ripetizione – e continuazione – del successo di sabato compenserebbe senz’altro un cambio di piano.
Io ci farei un pensiero.