In tutto questo oggi compie 60 anni pure Mike Oldfield, evocato quando ero bambino per una cosa che allora fu subito leggendaria – faceva molto “cultori della materia rock” – e stava in equilibrio tra il genio e la baracconata, un disco-sinfonia che pubblicò a vent’anni suonando quasi tutto il suonabile: “Tubular bells”.
Poi conobbe un secondo momento di grande successo più “commerciale” (in realtà anche Tubular Bells vendette tantissimo per decenni) dieci anni dopo con un paio di canzonette cantate – Moonlight Shadow e Foreign Affair, sfinenti, si sentivano ovunque – con efficacia da una cantante scozzese, Maggie Reilly (e non era male neanche Crime of passion, di quei tempi, di cui ho il 45 giri). Prima però fece la sua cosa che tuttora preferisco, un tempestoso pezzo che evoca la volta che quasi morì in aereo.
Come si fa a scrivere un post su Mike Oldfield senza nemmeno citare Ommadown??? Non credo di essere l’unico adolescente (di allora) che, ascoltandol, si perdeva nei sideri. e mi riferisco in particolare allo struggente finale cantato, che fra l’altro mi rievoca una ragazza frequentata per pochi giorni durante un viaggio a roma e poi mai più rivista. (Ho dovuto sforzarmi per ricordarne il nome… ah, noi neovecchi!)
finale cantato, che fra l’altro mi rievoca una ragazza frequentata per pochi giorni durante un viaggio a roma e poi mai più rivista.
Interessante, cazzo!
Sono cresciuto con la musica di Mike Oldfield. Conosco bene tutta la sua discografia.
Le sue sonorità sono ancora oggi godibilissime, e il suo stile di chitarrista secondo me è inimitabile.
Mi piace ricordarlo in un fantastico concerto a Rimini, credo 1981, era il tour dopo l’uscita di QE2 (da cui Luca ha preso “five miles out”) . 3 ore di musica ed emozione. Auguri Mike, spero di avere l’opportunità di poterti ancora vedere suonare dal vivo.