Il combinato disposto di informazione approssimativa da parte di alcuni media, propaganda ingannevole da parte di alcuni politici e superficialità da parte di alcuni elettori, ha diffuso un paio di miti palesemente infondati sui sistemi elettorali in discussione.
1. I listini bloccati sono la causa dei politici inadeguati.
2. Ci sono due alternative: con le preferenze gli elettori scelgono i candidati e con i listini bloccati li scelgono i partiti.
Il mito 1 è smentito da decenni di storia di questa Repubblica: abbiamo eletto politici inadeguati con tutti i sistemi elettorali possibili, preferenze comprese. In me trovate un convinto e datato sostenitore della tesi che la qualità delle classi politiche sia peggiorata, ma molti dei peggiori di oggi hanno ampissimi consensi popolari guadagnati a forza di visibilità televisive, demagogie e balle raccontate: gente che spesso non ha nulla da temere dalle preferenze, che invece danneggiano molti qualificati e competenti possibili candidati, o molti alacri lavoratori parlamentari, che non sono promossi da grandi propagande pubbliche. Si può obiettare che questa debba essere la natura della democrazia diretta e assoluta – non lo penso io – ma questo non c’entra con la qualità della rappresentanza. L’attitudine degli italiani a votare candidati mediocri prescinde dal sistema elettorale (anche l’attitudine dei partiti a sceglierli mediocri, e questo è il problema che consiglia di bilanciare i due limiti: con le liste bloccate e le primarie, per esempio, o con le preferenze su liste ridottissime).
Il mito 2 sta creando discussioni davvero sbilenche. Avallata persino da trasmissioni come Agorà (me lo ha mostrato qualcuno su Twitter, se l’immagine è vera) circola l’idea che il sistema elettorale preveda un’alternativa secca tra il famigerato “listino bloccato” (brutto brutto brutto) e le “preferenze” (bello bello bello). Nella quale alternativa non si capisce che posto trovino i collegi uninominali: che di fatto costituiscono un listino bloccato da un solo candidato. Dovrebbero quindi essere brutto brutto brutto. (Né si tiene conto del fatto che “le preferenze” sono compiute su un listino di nomi scelto comunque dai partiti, con gerarchie imposte che possono gravare molto sul risultato).
Ma restiamo sui collegi uninominali. Alcuni loro sostenitori e contestatori della proposta di collegi plurinominali di Renzi obiettano che l’uninominale non costringe a votare un numero maggiore di candidati potenzialmente sgraditi, ma uno solo. Che è vero, ma allora non è più “brutto brutto brutto” contro “bello bello bello”: al massimo è più o meno peggio. E sorvolo sull’interessante approccio per cui la priorità degli elettori debba essere “non votare uno che non mi piace” invece che “votare uno che mi piace”: rivelatore dei tempi, ma legittimo.
Ma quello che è un rischio è un’opportunità, e viceversa: su quattro candidati c’è maggiore probabilità che qualcuno non mi piaccia, ma anche che mi piaccia. Con l’uninominale il partito non impone “alcuni candidati”: impone un candidato. Se è D’Alema o Fioroni o Serracchiani o Gori, e non ti piacciono D’Alema o Fioroni o Serracchiani o Gori, è come col listino bloccato, e senza neanche la speranza che passi il numero tre in lista, che ti piace.
Aggiungiamo che in collegi che esprimano tre-sei eletti – come quelli di cui stiamo parlando – il numero di eletti per ciascuna lista andrà da zero a quattro al massimo (in casi molto rari): più probabilmente sarà tra zero e due, e in casi limitati tre. Quindi in prevalenza il voto di ogni elettore manderà in parlamento uno-due candidati: ed ecco che l’ansia da “il mio voto premia uno che non voglio” si dovrebbe ridurre di molto, se vogliamo essere concreti.
Infine, che i collegi plurinominali della proposta Renzi non siano “uguali alle liste bloccate” lo ha detto la Corte Costituzionale, che ha condannato le liste bloccate per la loro dimensione eccessiva – che è ridotta di molto nella proposta Renzi, come detto – non per loro natura antidemocratica.
Attenzione: tutti questi ragionamenti conoscono una possibile ulteriore complicazione se si consentisse ai candidati di presentare candidature multiple in diversi collegi, e optare successivamente. Questo – che è una delle poche cose oggettivamente scorrette, perché implica un inganno nei confronti dell’elettore: gli si sottopone un candidato finto – attribuirebbe ai partiti un margine di indirizzo della scelta degli eletti molto maggiore.
Tutto questo per dire che un sistema è migliore dell’altro? No, al contrario. Tutto questo per dire che non c’è un sistema migliore dell’altro (ricordiamoci che il Porcellum cosiddetto ci mise molto tempo prima di divenire il male assoluto che è ora per tutti): e che la scelta è tra diversi tipi di compromessi e di equilibri tra costi e benefici. Non esiste bello bello bello né brutto brutto brutto. Le elezioni si vincono con altro, come dice Marco Simoni.
La legge elettorale, interpretata come scorciatoia per il paese-che-non-c’è durante tutta la seconda Repubblica, si è evidentemente dimostrata uno strumento relativamente neutro: per esempio nessuno pensa che il centrosinistra ha perso le ultime elezioni dopo gli anni che ricordiamo, per via del Porcellum. Il destino del sistema politico e del nostro popolo – per la quota di destino che dipende dalla politica italiana – dipende dalle scelte delle persone, dai loro messaggi, dalle loro idee.
Questa legge elettorale non mi piace. Le primarie non sono equivalenti alle preferenze, perché il partito potrebbe addurre scuse per non organizzare le primarie o riservarsi una quota di paracadutati da Roma (come accaduto nel 2013). Capisco che la legge è frutto di un compromesso con Forza Italia, però non capisco come venga giustificato il no alle preferenze, dal momento che i clientelismi si alimentano anche tramite le primarie. E poi trovo assurdo che un partito che in un determinato collegio prenda tipo il 30% non riesca a far eleggere neanche un deputato se a livello nazionale non raccoglie almeno il 5% (o 8%)
A me sembra che in questo post si faccia un uso troppo disinvolto della teoria della probabilità (non sarebbe male se intervenisse a fare chiarezza, e magari a smentirmi, Maurizio Codogno).
Poi, il fatto «che il Porcellum cosiddetto ci mise molto tempo prima di divenire il male assoluto che è ora per tutti» non è da considerarsi un argomento che smentisce l’eventualità che fosse una schifezza fin dal suo primo giorno di vita.
Con i “listini” di 4/5 candidati sarebbe facile mettere la preferenza obbligatoria (si vota solo sul nome, direttamente stampato sulla scheda, magari ripetendo il simbolo per ogni candidato) e sarebbe l’unico vero riparo dal sistema di ricatto dei piccolissimi che probabilmente si manifesterà come predetto da Simoni nel suo articolo (e che abbiamo scoperto con il Mattarellum, con un parlamento non solo di nominati, ma pure di scelti in modo da garantire il potere di ricatto dei partiti minori, come Lega e Rifondazione).
Probabilmente agli altri partiti questo non conviene (al PD farebbe solo bene, al momento, visto che senza alleanze è in una posizione di forza) e quindi, se il segretario (appena acclamato dagli elettori) ha trovato questa come mediazione, resta un discorso puramente teorico.
Niente da aggiungere alla disamina di Sofri. Cerco solo un po’ di calore umano, di comprensione, di pietas da parte vostra. Con l’uninominale secco, ho votato ormai quasi vent’anni orsono, Vittorio Cecchi Gori. Non sapevo in quel momento difficile, che a quarant’anni suonati, ancora non me ne sarei fatta una ragione. Grazie a tutti, è stato terapeutico.
Nella ricca e operosa Lombardia un politico di prima grandezza ha trovato nromale bussare alla porta della Ndragheta per acqusitare pacchetti di preferenze.
Basta questo fatto per capire quanto devastanti e pericolose possano essere le preferenze.
Aggiungiamoci poi le conseguenti leggi mancia per coltivare i collegi elettorali e la necesitá di tesoretti per finanziare le campagne personali e la frittata è fatta. Chi sogna il ritorno alle prefernze dovrebbe riflettere un po’ di più e non fermarsi solo all’idea della possibilitá di scelta da parte del cittadino/elettore che spesso è anche “cloente”.
C’è un dettaglio che può fare la differenza: è possibile candidarsi in diverse circoscrizioni o no?
Dettaglio di cui si parla nel post. L.
«Lo confesso: sono un sostenitore delle preferenze. Purtroppo sul punto si è registrata una netta ostilità di Forza Italia.» Matteo Renzi.
Luca Sofri è più renzista di Renzi?
Ammesso che le conclusioni di cui all’ultimo paragrafo siano giuste (e per me sono giuste), mi pare che chi ha volonta, stoffa e ambizione di guidare il paese si stia adeguando alla modalità descritta sotto Mito1 per guadagnare ampissimi consensi, modalità già ampiamente sperimentata con successo dal suo principale avversario. Sarà quindi una battaglia soprattutto mediatica, come oggi deve essere del resto. Una rinnovata e forse più efficiente mediocrità ci attende, ma nel senso dell’ “aurea mediocritas” di Orazio e non in quello più deteriore che oggi diamo alla parola.
Non sono d’accordo sul fatto che il porcellum ci abbia messo del tempo prima di diventare il male assoluto. È in vigore dal 2006 e fu subito evidente che serviva per ridimensionare la prevista vittoria di Prodi, in modo da metterlo in crisi e tornare rapidamente al voto. La legge elettorale non è la soluzione ma sicuramente viene utilizzata per orientare le scelte politiche di chi vota. Anche l’Italicum va in questa direzione.
@majortom
” il partito potrebbe addurre scuse per non organizzare le primarie o riservarsi una quota di paracadutati da Roma”
vero, ed è anche vero che i problemi di clientelismi e lotte interne delle preferenze ci sono anche nelle primarie.
D’altro canto però, anche introducendo le preferenze, chi ne deciderebbe la lista? Non sarebbe comunque il partito?
@francesco
Sì, anche la lista dei candidati a cui dare le preferenze verrebbe decisa dal partito, però ovviamente se con le liste bloccate a me piace il terzo in lista e non mi piace il primo, votando il partito io in pratica contribuisco ad eleggere il primo. Questo problema viene risolto con le primarie? Sì e no. Le primarie fatte come nelle parlamentarie 2013 sono state una PORCATA, visto che il partito ha deciso dove piazzare i candidati in quota Roma DOPO LE PARLAMENTARIE e quindi ne ha svuotato di parecchio il senso
Nei collegi uninominali i partiti devono presentare candidati autorevoli, ben conosciuti ed apprezzati nel collegio. In questo caso, infatti, per l’elettore, il nome del candidato PREVALE su quello del partito. Questo deve candidare pertanto persone di qualità mentre in una lista di 50 nomi può infilare chi gli pare.
Infine per eliminare la vergogna delle candidature multiple basterebbe inserire tra i requisiti richiesti per candidarsi quello della residenza nel collegio da almeno due o tre anni.