Sui media di tutto il mondo, accanto agli aggiornamenti e alle notizie sulle ricerche, sono state pubblicate già molte riflessioni sulla curiosità e l’attenzione con cui viene seguita la storia dell’aereo malese scomparso ormai più di due settimane fa. Le considerazioni sono molte e varie: c’è l’attrazione per un mistero di cui manca la conclusione, c’è il fascino letterario di una storia che sembra quella di “Lost”, c’è l’ansia diffusissima da pericoli del volo aereo, c’è la ricerca di senso delle cose, e c’è il fatto che con tutta probabilità qualcosa di strano è successo, se non fosse abbastanza “strano” un aereo di quella dimensione che precipita in mare. Tutto questo supera persino quell’indifferenza che spesso viene criticata – ma ha delle ragionevoli attenuanti – nei confronti di ciò che accade a persone lontane e diverse da noi (pensate cosa sarebbe, per questa parte di mondo, la stessa storia accaduta nell’Atlantico con un volo Roma-Chicago carico di europei).
Ma l’attrazione più avvincente e magnetica nei confronti di questa storia è una tra le più antiche del mondo, e che è divenuta sempre più rara e passeggera, nei nostri tempi: la ricerca. La ricerca di un tesoro, la ricerca di una risposta, la ricerca di una soluzione, sono sempre stati stimoli straordinari di impegni e percorsi, spesso – a differenza di altre eccitanti competizioni – in competizione con nessuno, non gli uni contro gli altri, ma anzi per il bene di tutti: e in questi anni di Google, di dati pubblici, di “grandi fratelli” presunti e veri, ci siamo abituati a pensare che invece ogni cosa – dalla soluzione di un quiz, alla riparazione di una lavatrice, all’indirizzo di uno sconosciuto, a come è arredata una camera d’albergo all’altro capo del mondo, a una tesi di laurea, a capire un articolo su un quotidiano finlandese – sia rapidamente afferrabile, ogni conoscenza vicina. Anche soltanto Google, è quella cosa lì, si chiama “motore di ricerca” e usarlo non permette soltanto di trovare il “tesoro, ma anche di cercarlo, che è emozionante: solo che ormai lo è sempre meno, e le ricerche non durano il tempo di un secondo. Sono poche le ricerche che si concludano davvero con un “successo”, il cui risultato sia stato messo in discussione. Le cose, oggi, si trovano.
Qua non stiamo trovando una cosa di ferro di 63 metri e 138 tonnellate con 239 persone sopra.
Un implicito accenno al fallimento del mito della tecnologia? Sarebbe ora…
vabbe ma cosa vuol dire il mito della tecnologia? mi sorprenderei se l’aereo fosse scomparso sulla terra ferma, ma qui stiamo parlando di una zona tra le piu vuote e disperse di tutto il pianeta. la tecnologia e’ costosa, e spendere soldi per tenere sorvegliate aree come quella in cui si presume sia finito l’aereo e’ antieconomico.
> Qua non stiamo trovando una cosa di ferro di 63 metri e 138 tonnellate con 239 persone sopra.
Su una superficie disabitata (leggi: oceano) piu’ vasta dell’Europa. Sono sinceramente stupito ci siano speranze di trovarlo (e a quanto pare ci sono, incredibile).