L’autocollocazione di Beppe Grillo su una gru sopra il Circo Massimo aggiunge una puntata nuova alla collezione di luoghi da cui arringare le folle della storia nazionale e internazionale, su cui avevo scritto qualche anno fa.
proviamo non a immaginare cosa farebbe un Obama italiano, ma cosa farebbero gli italiani di fronte a un Obama italiano. Uno che voglia «riaffermare la grandezza del nostro paese». Uno che – ammesso che abbia vinto le elezioni – dica loro:
«Italia. Di fronte ai nostri pericoli comuni, in questo inverno dei nostri stenti, con speranza e virtù, affrontiamo con coraggio le correnti ghiacciate, e sopportiamo quel che le tempeste ci porteranno. Facciamo sì che i figli dei nostri figli possano dire che quando siamo stati messi alla prova non abbiamo permesso che questo viaggio finisse, che non abbiamo voltato le spalle e non siamo caduti».
Proviamo a pensarci. Piazza Venezia. Non so. Scegliamo un luogo equivalente a quei grandi spazi monumentali che a Washington rappresentano e simboleggiano la grandezza della nazione: Circo Massimo? Piazza Navona? Piazza del Popolo? Sono tutti luoghi che c’erano già prima, prima che ci fosse l’Italia, prima della Repubblica, luoghi di altre storie. Per dare una piazza istituzionale a un grande presidente contemporaneo bisognerebbe andare all’Eur – un po’ fuori mano, e poi c’è la questione del Ventennio, e ci torneremo – oppure sull’Altare della Patria. Sul tema della patria c’è molto da dire, appunto: ci sono delle complicazioni, ma per ora accantonatele e fate finta che un discorso in piazza Venezia sia solo un discorso in piazza Venezia. Se può aiutarvi, dimenticate il balcone, e dimenticate anche l’Altare della Patria: anche se è là che siamo diretti, nei prossimi vent’anni. Ma per ora, per il punto da cui partiamo, il luogo giusto da cui tenere il discorso davanti a una piazza affollatissima è un altro, più contemporaneo, più sinceramente italiano, più familiare all’ultimo secolo e più densamente evocativo: sul lato opposto del Milite Ignoto, davanti a via del Corso, c’è la pedana del vigile. La pedana del vigile, quella da cui solo una grande italica sapienza può governare ciò che è più ingovernabile nella italica capitale: il traffico di Roma. E con grazia ed eleganza. Elevata, ma modesta. Bel simbolo, bella metafora: e ben rappresentata nella cultura pop delle ultime generazioni, a cominciare dal film con Sordi.
Insomma, il podio più significativo di sessant’anni di Repubblica, e l’episodio berlusconiano del predellino ne è stato un grigio ma efficace surrogato milanese. Questo è un paese da radunare ai crocicchi.