Il Corriere della Sera ha fatto una cosa probabilmente benintenzionata che si sta risolvendo in una scorrettezza molto imbarazzante, e molto criticata su internet questa mattina, dopo che alcune vittime della scorrettezza l’hanno segnalata e hanno protestato. In breve, il Corriere ha pubblicato – annunciandolo molto sul giornale – un libro-raccolta di vignette dedicate in questi giorni alla strage nella sede di Charlie Hebdo, e l’ha messo in vendita spiegando che avrebbe destinato i ricavi al giornale Charlie Hebdo stesso.
Il problema – e che problema – è che le vignette scelte per il libro sono state raccolte su internet senza minimamente interpellare gli autori sul progetto e sul fatto che le loro cose sarebbero state stampate e vendute, o su come sarebbero state stampate. E diversi autori stanno protestando con varie dosi di irritazione e sarcasmo nei confronti di questo comportamento, e con argomenti indiscutibili: riassumibili in “posso avere mille ragioni legittime e mie per volerlo sapere e dire la mia, prima che vendiate in un libro un mio disegno riprodotto peraltro a mediocre qualità; e dopo probabilmente direi ok: quindi chiedetemelo, prima”.
Detto che davvero le ragioni e i torti sono indiscutibili (e una spiegazione data dal Corriere del tutto insufficiente e contraddittoria), c’è un aspetto che mi interessa della questione: ovvero, lo ha chiesto su Twitter Luca Bizzarri, come sia successo a un gruppo di così longeva e robusta esperienza editoriale, di adottare una pratica tanto dilettantesca e sbrigativa e quindi poi di consegnarsi a una così pessima figura.
(Aggiornamento: il direttore del Corriere si è scusato in un tweet)
Io credo che – in un generale scadimento della qualità di molte cose che i gruppi editoriali fanno – una ragione stia nell’abitudine mentale a fare ogni giorno lo stesso genere di cosa di cui stiamo parlando, abitudine che internet ha indotto nei suddetti gruppi e redazioni. Il lavoro delle redazioni di tutti i grandi giornali, oggi, è fatto di un continuo attingere a internet per copiare e usare contenuti di varissimo genere – foto, video, testi – senza chiedere a nessuno. Pratica in cui si è persa del tutto la distinzione tra diritto di cronaca e violazione del copyright: un conto è se io ripubblico sul mio sito di news la copertina di Charlie Hebdo – che è una notizia – o una vignetta che sta facendo il giro del mondo che è stata disegnata apposta dall’autore di Asterix, nientemeno (o se cito un testo che sta facendo notizia, come io qui sotto). Altro è se io costruisco una gallery di trenta pagine di Asterix protette da copyright, se uso un progetto fotografico bello e interessante senza avere il permesso dell’autore, eccetera. I siti di news contemporanei hanno perso molto la distinzione tra “news” e “contenuti” generici, e va bene così: ma non si possono trattare nello stesso modo le due cose, e fingere che mostrare ai lettori lo streaming integrale di un film appena uscito sia diritto di cronaca, per fare un’ipotesi estrema. Ci sono zone grigie in cui è più difficile giudicare, certo, ma ci sono anche moltissimi casi in cui la distinzione è chiarissima a chiunque voglia capirla.
L’impressione è che al Corriere – le cui buone intenzioni in questo progetto non sono minimamente in dubbio, ripeto – l’abitudine a dimenticare questa differenza sia traboccata fino a contagiare un prodotto tradizionale e con sue più rigide regole come la pubblicazione di un libro. Poi possiamo discutere se abbia senso questa distinzione di qualità tra formati: io invece penso che identica protesta debba ricevere una raccolta delle vignette online (e in quel caso i ricavi non vanno nemmeno in beneficenza), costruita strumentalmente, in modo avulso dalla notizia, e senza chiedere permesso (ma capisco, nel caso dei disegnatori, che il prodotto su carta abbia delle sue peculiarità qualitative diverse). E penso che forse proprio perché non si è protestato abbastanza e non si sono mantenuti modelli più rigorosi di comportamento anche online, ormai siamo arrivati a questo sventato “liberi tutti”. Togliete oggi dai siti di news tutti i contenuti pubblicati senza il consenso degli autori e senza legittimazione del diritto di cronaca, e restano dei gran vuoti.
Sai cosa ho fatto di recente? Ho scoperto che IL CORRIERE DELLA SERA ha preso le vignette che tanti autori italiani hanno pubblicato per solidarietà ai colleghi francesi e ci si è fatto un bel libretto da vendere a euro 4,90. E quando dico che le ha prese, intendo dire che le ha prese senza chiedere niente a nessuno.
Tipo che avete un motorino, vi girate, non c’è più. Ve lo ha preso il Corriere della Sera per farci un giro. A scopo di beneficenza, eh? Il motorino è sempre vostro.
Ora.
Io sarò anche un povero geologo che fatica a stare al mondo, ma qui si comincia a perdere il senso delle cose.
Chiedimelo. Magari ti dico di sì. Luca Bertuzzi di WOW, lo Spazio Fumetto di Milano me lo ha chiesto, se poteva usarla per esporla, gli ho detto di sì.
Lo vedi, come è semplice, quando si è tra persone educate?
(segue, Leo Ortolani)
Quindi posso fare un libro con la raccolta delle copertine dell’8 gennaio e venderlo a scopo di beneficenza?
Spiegazione del Corriere (nel post scriptum) http://www.corriere.it/cultura/15_gennaio_14/tutte-matite-mondo-be5d7bc0-9bc1-11e4-96e6-24b467c58d7f.shtml)
Il ricavato di questa operazione, è bene ribadirlo, sarà devoluto interamente a favore delle vittime della strage e del giornale Charlie Hebdo. Aspettare di avere l’assenso formale di tutti gli autori, a nostro giudizio, avrebbe rallentato in maniera sensibile l’operazione. Comunque sul libro, in quarta pagina, c’è scritto con chiarezza che «l’editore dichiara la propria disponibilità verso gli aventi diritto che non fosse riuscito a reperire».
Al netto della certezza che una pubblicazione di questo tipo ha una funzione di “traino” commerciale per il quotidiano di riferimento, se aspettare l’assenso formale di tutti gli autori avrebbe rallentato l’operazione, la dicitura “L’editore dichiara la propria responsabilità verso gli aventi diritto CHE NON FOSSE RIUSCITO A REPERIRE” non suona come un’arrampicata libera sugli specchi?
E la cosa più bella ancora è che in fondo ad ogni articolo del Corriere.it c’e’ scritto “riproduzione riservata”.
Non sarebbe male fare una raccolta di tutti i loro articoli di corriere.it su un determinato argomento (tipo: l’alluvione di Genova in 100 articoli del Corriere) e poi farne un libro da vendere e devolvere tutto agli alluvionati.
Dite che RCS la prenderebbe a tarallucci e vino?
Scusate, ma voi che vi lamentate per la scorrettezza del Corriere della Sera siete gli stessi di quest’altra faccenduola?
http://www.ilpost.it/2013/05/13/e-cosi-che-la-perdi/
Perché se sì vorrei capire se anche chi i testi li traduce ha il diritto di non vedersi rubare il motorino per beneficenza (o per altro). Grazie.
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Guardi Sofri, l’articolo sarebbe pure condivisibile, ma su quel “le cui buone intenzioni in questo progetto non sono minimamente in dubbio, ripeto” ho forti dubbi. Un po’ come Leggo che prima frega un pezzo di un sitarello locale e poi, dopo le rimostranze del titolare di quest’ultimo, gli risponde “è la legge del più forte” (googlatelo, è una storia recente e nota, anche se non ha avuto lo stesso riscontro mediatico di questa). La replica di De Bortoli è patetica e ridicola e dimostra chiaramente il livello fossamariannico raggiunto dal giornalismo nostrano.
Tra persone educate o tra giornalisti?
Quelli che pensano di devolvere il ricavatoche è quello che conta alle vittime, naturalmente tolte le spese.
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Questa volta hanno trovato una comunità, quella dei vignettisti, coesa nella protesta. Il fatto è MOLTO più grave. In realtà sono incappati in un errore “imparato”. Mi spiego meglio. E’ una vita che Corriere e Repubblica fanno gallerie fotografiche on line con foto rubate dai social, a pessima risoluzione ecc ecc e gli pesa anche fare le didascalie. Praticamente tutte le picture gallery sono fatte così. Chiaro quindi che un “redattore” – che magari è pure iscritto all’Odg – allevato a questa prestigiosa scuola di giornalismo abbia agito come abituato a fare. Tanto se sono sul web sono di tutti. Comunque è allucinante che un quotidiano, dico un quotidiano, abituato quindi a lavorare su tempi stretti non abbia messo una segretaria a fare qualche decina di telefonate. però mi chiedo come mai all’estero, dove sono comunque stressati dal web e forse più di noi visto che la platea è più vasta ogni volta che devono usare una foto dai social chiedono il permesso?
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Le stesse persone che si indignano per una vignetta pubblicata senza scopo di lucro sono magari le stesse che almeno una volta nella vita hanno scaricato contenuti protetti (quanti sono quelli che non lo hanno mai fattoi? quanti sono quelli che ” fosse per me il diritto d’autore e la siae dovrebbero essere aboliti”?). Mi pare che ci sia in giro una eccessiva suscettibilità. E poi De Bortoli si è scusato e si è detto pronto a riconsocere i diritti eventualemnte violati. Fine della polemica si spera. Tra l’altro è stata un’ottima promozione per di più gratuita, fossi un autore in cerca di notorietà ne sarei contento invece di inalberarmi.
A parte la buonafede del Corriere e del caso specifico,
tutto nasce dall’equazione Internet=gratis molto in voga, soprattutto da noi.
Come se ci fosse un munifico “signor Web” che decide di regalare ore di lavoro, soldi, impegno, materiali, strutture, ingegno, fatica, per il sollazzo generale
Generando tra l’altro la malsana pretesa del tutto è dovuto.
“Normale” che a qualcuno venga anche in mente, per sovrapprezzo, di lucrarci.
Imho
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Genesi e Proliferazione (in)volontaria di un Hashtag: da “#jesuischarlie” a “#iononsonoilcorriere” a “#iononsononeancheilpost” e tutto per non saper chiedere scusa: a chi si è (in)consapevolmente offeso, a chi si è (in)consapevolmente rubato, a chi si è (in)consapevolmente ignorato.
p.s.: brava Fiammuzza, hai fatto bene a ricordare che oltre ai vignettisti, anche i traduttori sono calcolati il giusto…
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