Qualcuno deve aver detto “sii te stesso” a Putin

I più pazienti lettori di questo blog hanno presente la reiterata questione dei disastri generati dalle predicazione del “sii te stesso”, di cui ho scritto anche in un libro, cinque anni fa.

Già, bravi. Sii te stesso. E se uno è stronzo? «Sii te stesso», con tutta l’aura di grande dignità che si porta dietro, è una tra le peggiori predicazioni della storia. E sta dentro questo grande inganno autoassolutorio per cui l’impegno, l’applicazione, il lavoro di comprensione delle cose giuste e di quelle sbagliate, l’aspirazione a essere migliori, finiscono per essere disprezzati come artificiose ipocrisie, di fronte alla pretesa nobiltà del pigro e vile affidarsi alla propria natura. Ma la propria natura, nella totalità dei casi, è ben lontana dalla perfezione: a meno di non essere Gesù Cristo, evento che è capitato una sola volta nella storia del mondo, che si ricordi.

Questa settimana il New York Times ha pubblicato una riflessione di Colson Whitehead su temi simili – e su altri collaterali, altrettanto interessanti, che hanno a che fare col nostro discorso su di noi – che segnalo e cito. E registro l’esistenza del termine “tautofrasi” per quelle espressioni conclusive e vuote, tipo “è fatto così”, “quel che è fatto è fatto”, “le cose stanno in questo modo”, “haters gonna hate”, eccetera.

What if, like the Scorpion, your you is not so good? “There’s been so much blood lately — should I cut back maybe on the pillaging today?” The lieutenant gestures with his longbow: “You do you, Genghis.” “Should I take this pistol with me on the 1 train?” The voice in his head that sounds weirdly like his mother’s says, “Do you, Bernie Goetz.”

“You do you,” taken to its extreme, provides justification for every global bad actor. The invasion of Ukraine is Putin being Putin, Iran’s nuclear ambitions Khamenei being Khamenei.

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3 commenti su “Qualcuno deve aver detto “sii te stesso” a Putin

  1. Pingback: Qualcuno deve aver detto “sii te stesso” a Putin – Wittgenstein | NUOVA RESISTENZA

  2. Raffaele Birlini

    Caro Sofri non trovo il bottone per mandare un’email, lo chiedo qui: gentilmente, posso sapere perché il mio ultimo commento non passa la moderazione? Avete forse introdotto un limite di testo? Grazie, distinti saluti.

  3. uqbal

    Quel che non mi è chiaro è qual sia l’alternativa ad essere sé stessi. Al di là del fatto abbastanza ovvio che non è bene compiacersi dei propri difetti, in che modo un pesce può smettere di essere pesce e un uccello di essere uccello?

    E soprattutto, nell’ipotesi che uno debba evitare di essere sé stesso, secondo quale metro, morale o meno che sia, dovrebbe scegliersi un modello migliore e più grande?

    Uno stronzo non sa di essere uno stronzo. Sono altri a considerarlo tale, e sono gli altri a pensare che lo stronzo dovrebbe prendersi a modello qualcuno di diverso.

    Il modello di un violento sarà qualcuno di brutale; il modello del tirchio sarà qualche avaro mitologico; i modello del prudente non sarà certo un paracadutista.

    Quel che ci si aspetta da uno che “non dovrebbe essere sé stesso” è che sia diverso, e diverso come riteniamo noi.

    In questo c’è una buona dose di presunzione, che sarà pure giustificata, o magari no, ma rimane il fatto che andare in giro a dire alla gente come dovrebbe essere non ha mai funzionato.

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