Cose promettenti e piuttosto sovversive della linea nel primo editoriale del nuovo direttore di Repubblica.
La reazione più sconcertante è la “grande banalizzazione” in cui viviamo, quel fenomeno che semplifica tutto e spinge ognuno di noi, perfino le teste più accorte e preparate, a essere attratti dalle tesi più congeniali e comode anche se spesso risultano verosimili ma non vere.
Il frutto avvelenato di un’epoca di divisioni, di cinismo e di impazienza è aver perso il gusto per le sfumature, aver smarrito la curiosità di scoprire somiglianze oltre che differenze.
Un manicheismo dilagante si è impossessato del nostro mondo che sembra attratto fatalmente dall’idea che esistano solo bianco o nero.
Nel caos informativo di oggi come nell’Italia sbandante di quel primo giornale di quarant’anni fa non abbiamo bisogno di aggiungere (emozioni, toni apocalittici, indignazione gratuita) ma di selezionare, di offrire a voi lettori ciò che è portatore di senso e stimola la vostra intelligenza e non la vostra pancia
Possiamo davvero pensare che basti svelare ciò che è sbagliato perché la nostra società diventi migliore?
Iniziando questo viaggio ho messo in valigia ciò che penso sia più necessario a combattere la crisi di fiducia che oggi la società ha verso l’informazione: capacità di mettersi in discussione, di correggersi in modo trasparente e di coltivare dubbi