Il doping della vergogna

Sulla storia Sharapova valgono esatte alcune cose che avevo scritto qui anni fa, a cui ne aggiungo qualche altra sperando che rafforzare il concetto serva a qualcosa.

Il moralismo manicheo sul doping sta tornando assai di moda: quello che sostiene che esista uno sport “pulito” e uno sport “sporco”, buoni e cattivi, “naturale” e non naturale. E che trasforma in discrimini morali le fragili distanze tra un farmaco consentito e uno no. E poi dice “vergogna!”. Come se il doping non fosse una questione di convenzioni stabilite artificialmente, come se lo sport fosse una cosa di bambini che giocano candidamente. Le regole sul doping invece sono regole, come quella sul fuorigioco: e se uno va in fuorigioco l’arbitro fischia ma non scatta la gogna pubblica. Nemmeno se fai fallo di mano.

Le regole sul doping sono convenzioni continuamente in evoluzione. E sono un caso in cui – a differenza di altri – non sono le leggi ad adeguarsi a un mutato sentimento pubblico, ma viceversa: quasi nessuno di noi è infatti in grado di stabilire quali sostanze siano da considerare eticamente accettabili e quali no, tra le tantissime diffuse e usate: quello che facciamo è adeguare la nostra etica alle regole stabilite da organismi più competenti, e quindi la nostra etica è in continua evoluzione. Come ha spiegato questa volta Andrea Nizzero, non avevamo niente da rimproverare a Sharapova fino a pochi mesi fa, e ora diciamo che si deve vergognare più di un assassino: benché lei non abbia fatto niente di diverso dal solito in questi mesi.

Non esiste buono e cattivo, nel doping, come in molte altre cose: esiste quello che via via decidiamo sia lecito e quello che non lo sia, e buono e cattivo si adeguano a questo, con misura: non diventano “santo” e “criminale”. È un tipico caso di quelli in cui una parola si porta via sbrigativamente la complessità delle cose e di dibattiti articolati e difficili (e somiglia tantissimo a quello della “droga”: droga, doping e medicinali sono termini praticamente sinonimi, ma due sono cattivi e uno buono nel pigro uso comune), facilitando il lavoro e l’opinione a ignoranti e demagoghi: il doping è cattivo, lo sport è buono. Ma invece le due cose convivono da sempre, e non c’è una linea qualitativa che dica “fino a qui è sport pulito, da qui è vergogna vergogna vergogna”, tra le tantissime cose che facciamo per migliorare i nostri risultati sportivi, e che ce li fanno migliorare (poi quelli che invocano uno sport “pulito”, magari sono gli stessi che va bene insultare gli omosessuali in campo, perché fa parte del gioco). L’unica possibilità di regolare praticamente questa continuità di zone grigie è stabilire insieme dove metterla, una riga artificiale: che è quello che fanno le commissioni antidoping, che per esempio l’hanno di nuovo spostata lo scorso primo gennaio.

Cito di nuovo l’Economist:

Contro il doping nello sport vengono proposti due argomenti: la salute e la correttezza. Il primo ha senso, il secondo molto meno, in particolare quando si parla di terapie genetiche. Per esempio, ci sono persone che nascono con mutazioni genetiche proprie che danno loro gli stessi vantaggi di quelle terapie contestate. Il finlandese Eero Mantyranta fu due volte campione olimpico nello sci di fondo. Il suo corpo aveva una mutazione che gli faceva produrre quantità maggiori della norma di un ormone che si chiama EPO. È un ormone che stimola la produzione di globuli rossi. Una sua versione sintetica è il farmaco (vietato) preferito dagli atleti sugli sport di resistenza.
A Mantyranta fu concesso di gareggiare perché il suo vantaggio fu considerato un dono “naturale”. Ma la questione di cosa sia naturale è non meno controversa di quella su cosa sia corretto. Cosa c’è di naturale nell’elettrostimolazione muscolare? O nel correre con scarpe speciali fatte di fibra di carbonio elastica? In termini statistici, è improbabile che gli atleti di oggi siano dotati naturalmente più dei loro predecessori e antenati, eppure i record continuano a essere battuti. È evidente che la natura stia venendo aiutata in qualche modo.

Squalifichino o puniscano Sharapova come ritengono giusto: come dicono le regole. La retorica della vergogna – oltre una misura equilibrata: certo che non è bene violare le regole, ci mancherebbe – e della lettera scarlatta è invece solo una costruzione artificiosa che spera di limitare il doping attraverso la disapprovazione sociale: che potrebbe essere un’idea benintenzionata, ma le nostre non sono società in cui sia indolore giocare col giustizialismo: chi alza il forcone verso Sharapova domani sarà inforcato per molto meno, e già succede. E in più, la stessa idea del forcone e della vergogna pubblica non sembra mostrarsi efficacissima, come gli altri forcaiolismi.

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro

6 commenti su “Il doping della vergogna

  1. andrea61

    Questi sono i risultati dell’ipocrisia su cui si fonda lo sport professionistico.
    La Sharapova verrà punita a norma di regolamento mentre il 90% degli atleti di sport di durata potranno continuare a presentare certificati medici che attestano la loro patologia asmatica consentendio loro l’uso di steroidi e broncodilatatatori sulla ci confezine compare la scritta “doping”.

  2. Matteo1978

    peccato che assumere un farmaco senza essere malati (per dieci anni) rimandi direttamente all’argomento “che ha senso”, quello della ‘salute’. Il fatto incidentale che la sostanza migliori le prestazioni sportive, e che per tale ragione fosse assunta da un buon numero di atleti sani, e che quindi sia stata finalmente inserita dalla WADA nell’elenco dei prodotti vietati, non rende più complessa e difficile la definizione di doping, o almeno: non in questa specifica vicenda (semmai, evidenzia come sia complicato contenere il fenomeno, in concreto). Vicenda che sembra invece molto banale, oltre che ridicola (la conferenza stampa si colloca fra le cinque più imbarazzanti nella storia dello sport, più o meno), tanto che perfino i colleghi della siberiana, di solito poco propensi a sbilanciarsi su questi temi, ci sono andati giù duro.Vedi la notevole presa di posizione di Andy Murray contro la Head. Dicendo, sostanzialmente: non confondiamo il nobile Beneficio del Dubbio con l’Arte di Coglionare.

  3. layos

    Secondo me il discrimne di questa vicenda è: Sharapova prendeva un farmaco per cardiopatici perché è malata o per avere “l’aiutino”? Un farmaco che si prescrive per poche settimane perso per dieci anni di fila, poi….
    Sharapova si dopava anche prima che il farmaco venisse messo fuori legge, ed è stato messo fuori legge proprio perché atleti come lei lo assumevano e ne abusavano senza essere malati e averne bisogno per delle cure ma solo per ottenere un vantaggio rispetto ai loro avversari.
    Quando Zeman fece la sua intemerata contro il doping e la creatina eccetera, parlava proprio di questo, di atleti in perfetta salute imbottiti di farmaci, magari anche perfettamente leciti.
    Poi per carità, io sono contrario al doping solo nella misura in cui rischia di fare danni alla salute dell’atleta, considerando poi il rischio che venga adoperato già nei giovanissimi.
    Per quanto riguarda il vantaggio “illecito” sono perfettamente d’accordo che non è diverso che avere le scarpe o le biciclette o i costumi da bagno super tecnologici.

  4. massimiliano88

    Un eccesso di giustizialismo “come fosse un’assassina” è chiaramente esagerato, però non sono d’accordo -con tutto il rispetto che ho per Lei- per il tono dell’articolo.
    Anzitutto non si tratta di cose banali. Dal doping può dipendere una vittoria che porta fama “eterna” e contratti milionari. Sapendo che Armstrong ha rubato anni di gloria e mi-lio-ni di € ad altri ciclisti, passatemi il termine, “puliti”, non merita una certa gogna pubblica? Dovremmo forse abituarci alle scorrettezze?
    Riguardo al paragone con “magari sono gli stessi che va bene insultare gli omosessuali in campo”, lo trovo un’argomentazione, ripeto con tutto il rispetto, un po’ povera e gratuita, stile “ma sì sono quei tre razzisti. Beh, insultare mai, ma una certa dose di gogna – da caso a caso – ci sta. Poi ci sono casi peggiori e migliori, ma ricordo ancora il povero Schwazer, in lacrime in conferenza stampa a “smenarcela”, salvo poi venir fuori che si dopava da più tempo e non era certo stato un cedimento temporaneo e non era così santo come ci aveva fatto credere. Beh, dopo avermi preso in giro così con quella conferenza stampa e pianto, un pochino di gogna non se la merita?
    Non vedo come possa reggere il paragone con la mutazione genetica: se è una mutazione congenita, più naturale di così…sull’elettrostimolazione, non mi piace ma faccio presente che 1)è quasi impossibile da rilevare (triste ma vero) quindi dobbiamo accettarla forzatamente al momento 2)il fatto che sia permessa autorizza almeno gli atleti a combattere alla pari, al contrario dei farmaci proibiti (sì poi chiaramente il giovane novellino non se la potrà permettere, ma purtroppo dobbiamo accettarlo).
    Tra l’altro sulla Sharapova “non avevamo niente da rimproverarle fino a pochi mesi fa”, semplicemente non sapevamo ancora stesse barando. Faccio notare che prendeva da (se non erro) 10 anni quel farmaco, un farmaco che (da quanto ne sappiamo ma non mi risulta abbia dato spiegazioni convincenti) non aveva alcuna ragione medica per essere preso. Rischiava un infarto da 10 anni? Porta le carte e ti faremo le sentite scuse, altrimenti, come dire…gatta ci cova.
    Il concetto del doping è che è vietato potenziarsi con farmaci e l’agenzia mondiale fa di tutto per adeguarsi anno dopo anno, in base agli studi (le prove “ufficiali” sono arrivate nel 2015 perciò è stato proibito solamente da un periodo recente). Non è questione di regolamento come un fallo di mano.
    Saluti

  5. froom5

    La gogna pubblica non la merita nessuno. Innanzitutto perché la gogna pubblica è una negazione del diritto, che non a caso prevede processi con accusa, difesa, perizie, giudici, sentenze, ricorsi ecc. Poi perché la gogna pubblica è la scorciatoia di chi vuole pulire se stesso accusando altri di essere sporchi: la gogna pubblica è un’ipocrisia delle più perniciose. La scorrettezza va condannata, certo: ma nel proprio intimo, ed essendo rigorosi con se stessi. La scorrettezza non va condannata con la gogna pubblica. Mai.
    ps: massimiliano88 sostiene la gogna pubblica. spero che 88 sia l’anno di nascita e non il funesto 88=hh=heil hitler dei neonazi. Cosa che spiegherebbe però il suo appello alla gogna pubblica, che in effetti, tanto per scomodare l’argomento ad hitlerum, è roba da nazisti.

  6. ro55ma

    Cose intelligenti scritte anni fa e riproposte oggi… con la stessa, scarsa, efficacia :-) Ma grazie per averlo fatto e per continuare a darci una mano a riflettere sulle facili scorciatoie e sulle difese dalla nostra ipocrisia.
    P.S. Vorrei utilizzare l’articolo (con i riferimenti del caso) in un corso di formazione per adulti e ricavarci sane discussioni; spero non ci siano problemi.

Commenti chiusi