Elena Ferrante c’est moi

Ci sono due temi che trovo avvincenti intorno alle chiacchiere da macchinetta del caffè su chi sia Elena Ferrante, detto con grande rispetto e complicità per le chiacchiere da macchinetta del caffè, compresa questa.
Uno è che – Marcella Marmo o no – questo è il secondo grande caso internazionale che dimostra una possibilità che immaginavamo perduta, nel 2016 e negli anni in cui tutto è pubblico e tutto è conosciuto: quella del mistero e della conservazione di un segreto. Certo, l’altro è ancora più affascinante e incredibile – quello del volo MH370 -, lì nessuno sa, salvo grandi complotti.

L’altro è lo spettacolare fallimento – o svelamento – della pretesa sistematicamente vantata da Elena Ferrante per spiegare le ragioni del suo segreto: ovvero che i meccanismi di comunicazione intorno all’autore non prevalessero sul valore e sul contenuto dei libri.

La mia piccola battaglia culturale, che dura da quasi venticinque anni, si rivolge soprattutto ai lettori. Penso che l’autore vada cercato non nella persona fisica di chi scrive, non nella sua vita privata, ma nei libri che ne portano la firma. Fuori dei testi e delle loro strategie espressive c’è solo chiacchiera. Restituiamo vera centralità al libro e poi, se è il caso, discuteremo degli usi possibili della chiacchiera a scopo promozionale.

In altre parole: facciamo in modo che non si parli e si chiacchieri dell’autore, e teniamo al centro dell’attenzione e della comunicazione il libro, e per questo nascondiamo l’identità dell’autore.
Risultato: quello di cui tutti parlano – non da ieri – è l’identità dell’autore, il suo mistero, l’anomalia della storia del libro anonimo che conquista il mondo. Tutti parlano dell’autore, compresi i molti che non hanno letto i libri, e questo senz’altro ha contribuito e contribuisce al grande successo di promozione internazionale dei libri (di cui per esempio è difficile – malgrado le copie vendute – ricordare i titoli, mentre Elena Ferrante è famosissima). A prescindere dal loro valore, che indubbiamente ha una parte rilevante: questo non è in discussione.

I casi sono quindi due: o l’autore/autrice si rammarica di tutta questa agitazione, indesiderata, e allora il suo progetto di discrezione è fallito e la sua scelta si è rivelata sbagliata. Oppure a questo punto se ne rallegra, e allora la scelta si è rivelata lungimirante, magari involontariamente lungimirante. Dobbiamo decidere se ci piace di più pensarlo sincero ma sconfitto dalla realtà (e un po’ antipatico e trombone); o ipocrita ma più sgamato e spiritoso di tutti noi.

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7 commenti su “Elena Ferrante c’est moi

  1. Corvus

    Esiste anche ed almeno una terza opzione in cui l’autore o autrice non se ne rammarica ne se ne rallegra e, rimanendo fedele al discorso iniziale della centralità dell’opera (funzionante maggiormente fino a quando la diffusione era limitata) raccoglie ora i benefici economici e contemporaneamente difende la propria privacy dalla morbosità della moltitudine.

  2. Julian B. Nortier

    Elena Ferrante ha ben compreso quello che serve per avere visibilit°.qualcosa di nuovo-o comunque non troppo datato-nella strategia comunicativa.E’ chiaro che si fa fatica a credere come tale strategia-sicuramente sollecitata dall’editore con l’autore-sia stata edificata per dare visibilità all’opera,piuttosto che al libro.Siamo figli dell”etica” alla Fabio Volo,per cui il personaggio tira più dell’opera.Non sono un lettore della Ferrante ma credo due cose essenziali:non mi stupirei sei suoi libri siano più velleitari che riusciti e,soprattutto-visto che il tempo,entità mai demistificata,è galantuomo-voglio proprio vedere quando la Ferrante si paleserà(uomo donna o trans che sia) se l’attenzione per i suoi libri rimarrà così intensa.A meno che non si palesi in certe forme e stereotipi estetici ben precisi.C’è più colleganza-mi si passi il termine-tra il “caso”Ferrante e quello della (ex) candidata m5s Bedori di quanto non si pensi.In Italia,la morte della letteratura passa pure per quest’idea per cui-non trovando novità stilistiche e,diciamocelo apertamente,grandi nuovi autori-si punta sull’immagine.E’ la lezione battistiana al contrario:prima sparisco-creo il battage-e così divento famoso/a.Famoso io,il mio libro conseguenzialmente.Una procedura talmente ovvia che è puerile che l’entità nascosta dietro la Ferrante(come la sua autorevole casa editrice,la E/o) non ne siano stati consapevoli fin da subito.D’altronde ogni cosa è lecita-nel marketing-figurarsi per editori medio-piccoli che devono sfangarsela nell’era Mondazzoli.

  3. Julian B. Nortier

    ps,errata corrige:”per dare visibilità all’opera piuttosto che al libro”; ovviamente è da intendersi “per dare visibilità allo scrittore piuttosto che al libro”.

  4. Steve Romano

    “Il complotto”, l’m5s, “Mondazzoli” e soprattutto “io non l’ho letto, ma sospetto che”: nel breve ma confuso messaggio di Julian B. Nortier sono in icastica evidenza tutte le ragioni per cui Elena Ferrante, o chi per lei, ha preferito sottrarsi al bailamme.

  5. Julian B. Nortier

    @SteveRomano mi dai troppa importanza; e fai,tu,confusione tra un commento caustico e le ragioni per cui “Elena Ferrante” avesse compiuto la sua scelta;sfuggendoti,tra l’altro che qualora non l’avesse compiuta,quella scelta,non staremmo qui a parlare di lei.Evidentemente c’è gente che in letteratura-parlo di lettori o sedicenti tali- ha lo stesso metro per cui in musica(sforzo di memoria please) si decretò, una ventina d’anni fa,il successo di “anonimo italiano”.

  6. Steve Romano

    non staremmo qui a parlare di lei

    Sulla base di un libro che non hai letto, non solo giudichi del suo valore presente, ma anche della sua fortuna futura. La verità è che Elena Ferrante, o chi per lei, non si merita lettori così sagaci!

  7. Julian B. Nortier

    @SteveRomano ok abbiamo capito che la confusione del sig.Romano Steve (sic) persiste: non sapendo(o non volendo) distinguere tra la mossa di marketing “Elena Ferrante” (oggetto del post) e il contenuto dei tomi della suddetta(non oggetto del post,invece) si avventura in presupposti sbagliati e conclusioni temerarie-e passi-ma soprattutto errate.Dire (insinuare)che chi critica la strategia di Elena Ferrante e della sua casa editrice non può farlo perché non legge i suoi libri(da cui non si aspetta interesse o piacere alcuno) è come uno che non avendo,legittimamente,letto nulla(purtroppo per lui,iin questo caso) di Pynchon non può fare ipotesi sui motivi che lo hanno spinto,e spingono,alla “clausura mediatica”. Ti lascio serenamente ai tuoi equivoci e al tuo,fuori contesto,endorsement per la fantasmagorica,letteralmente,autrice.

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