Giudici di sé

C’è quella famosa battuta di Groucho Marx – ripresa continuamente – che dice “non vorrei appartenere a un club che accolga me tra i suoi membri”. A quanto risulta – con le citazioni famose non si sa mai, si mescolano telegrafi senza fili e invenzioni – lui stesso raccontò di averla scritta in un telegramma a un club californiano che aveva accettato la sua iscrizione, per comunicare che la rifiutava. Malgrado sia appunto abusata è davvero una sintesi straordinaria e spiritosa del rapporto che molti di noi hanno con se stessi, della distanza tra ciò che pretendiamo dagli altri e ciò che siamo, o che pretendiamo da noi. È la rivelazione di un tema attualissimo, quello di non sentirsi all’altezza, che di solito mascheriamo, e che anzi trabocca nel tema altrettanto attuale dell’impostura: proprio perché quello che è attuale di questi tempi è la convivenza tra il non sentirsi all’altezza e il dover essere all’altezza, di ogni cosa.

Ho ritrovato quella frase – insieme a molte altre cose su cui pensare, discutere, scrivere: il libro ne è pieno – a un certo punto del romanzo di Edoardo Albinati, quello di cui si parla assai ultimamente. Solo che Albinati ribalta in positivo la formulazione di Groucho.

Viene in mente la famosa battuta di Groucho Marx: vorrei far parte di un club dove gente come me non sia ammessa.

E leggendola mi sono reso conto che in questa forma è ancora più esatta nel definire l’impressione che si riceve a guardarsi intorno – e forse anche dentro – di questi tempi. L’impressione è che tutti cerchino ogni giorno e in ogni istante della giornata di entrare in un club in cui non siano ammessi quelli come se stessi, in un girone superiore, in un inganno che ci qualifichi come qualcosa di più di quello che sappiamo di essere: e che questo sia perseguito non attraverso una metodica e paziente strategia verso un successo rilevante e duraturo, ma attraverso una spasmodica affermazione di sé grazie a volatili microsuccessi, dimostrazioni di saperla lunga, buone battute, dimostrazioni di competenze immediate, piccole vittorie, fragili competizioni. Qualunque cosa (magari pure questo post). Siamo come una squadra perennemente rovesciata in attacco, come se fossimo tutti in area agli ultimi minuti, ma sempre, e non sono gli ultimi minuti, anzi la partita durerà ancora a lungo e intanto ci stiamo scoprendo in difesa.

Ma sto già cambiando metafora. È buona quella Groucho/Albinati anche per un’altra ragione: perché in tempi in cui – attraverso internet e i social network – si esalta un’attitudine infinita e ininterrotta a esprimersi ma anche a giudicare le espressioni degli altri, quella frase è un buon suggerimento a fermarsi e leggere le cose che scriviamo (andrebbe fatto anche con le cose che diciamo, ma quelle non possono essere fermate e messe di fronte al nostro giudizio, nel suono, nel tono, nell’effetto che fanno) come se le avesse scritte qualcun altro. “Guardarsi allo specchio” versione social. Bisognerebbe sempre saper leggere i propri tweet o post immaginandoli di qualcun altro e sapersi dire onestamente “cosa penserei di questo tweet, di questo post, di questa persona?”.
In tantissimi casi, non la vorremmo nel club a cui cerchiamo di iscriverci.

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5 commenti su “Giudici di sé

  1. Julian B. Nortier

    Alla base del tuo ragionamento c’è l’idea per cui nei blog e/o sui social manca l’autoironia.Ma non è così: a tutti i livelli,e per qualsivoglia argomento,c’è una dose alta di erotismo,certo,di autoreferenzialità (noto come questo sostantivo contenga il nome “Renzi”… nomen omen)ma anche una buona dose di autoironia,spesso un po’ forzata,perché basata soprattutto sulla merce speciale di quest’epoca post post moderna:il disincanto.Semmai noto,anche sui temi più spinosi,una voglia corrosiva di metterla in burletta.Bisognerebbe,più che preoccuparsi della mancanza di autocritica,del referto(specie sul web)che da questa società: l’inossidabile discesa verso il grottesco,figlio goffo,appunto,di disincanto e buffoneria.
    ps:bello cmq il romanzo di Albinati;
    http://www.ilmondoperfetto.net/2016/04/la-scuola-non-si-dimentica.html

  2. Julian B. Nortier

    Vabbè..è dura scrivere con caratteri microscopici dov’è scritto erotismo…. leggasi,ovviamente,egotismo.
    Se si postesse fare qualcosa per aumentare grandezza caratteri del commento,please.

Commenti chiusi