Impossibbole

Sulla questione della falsa notizia a proposito della sua candidatura ha scritto estesamente l’interessato, Claudio Cerasa, direttore del Foglio.

Due importanti giornali italiani, non importa quali, hanno scritto sulle edizioni andate in stampa il 27 gennaio che il sottoscritto sarebbe stato in lizza per un posto in Parlamento, con il Pd. La storia è gustosa per molte ragioni ma prima di tutto perché permette di capire meglio cosa si intende spesso nel nostro paese quando si parla di una “notizia” politica. La candidatura di chi scrive non è mai esistita, nel senso che non è mai stata chiesta e mai stata proposta, ma quando due giornali importanti scrivono che esiste una cosa che non esiste non ci si può che appassionare alla storia e allora abbiamo provato a capire meglio che cosa è successo. E dunque, cosa è successo? Seguiteci per qualche riga. E’ successo che venerdì sera nel delirio generale della formazione delle liste del Pd qualcuno “dal Nazareno”, così ci hanno raccontato entrambi i cronisti che hanno scritto il loro articolo, ha detto che girava il nome del sottoscritto (probabilmente in quei minuti girava anche la voce che Zoff aveva appena segnato di testa da centrocampo) e per questo verso mezzanotte alcuni articoli sui candidati del Pd sono stati riaperti per aggiungere “quella voce che girava”. In politica le voci che girano sono sempre tante e di solito un cronista politico prima di pubblicare una voce che gira ha tre opzioni tra cui scegliere: fidarsi ciecamente della propria fonte e pubblicare la voce che gira; fidarsi ciecamente della propria fonte e provare comunque a verificare con la persona interessata dalla voce la validità della voce; fidarsi ciecamente della propria fonte senza verificare con la persona coinvolta dalla voce che gira la validità della notizia perché se quella voce che gira viene pubblicata da un altro giornale la voce che gira diventa un potenziale buco e dunque meglio dare una notizia non verificata che rischiare di prendere un buco. Con il sottoscritto è successo che una testata (l’Huffington Post) ha chiesto direttamente se la voce fosse vera oppure no e una volta contattato l’interessato ha capito che la voce era falsa e non ha scritto nulla. Altre tesate hanno fatto invece una scelta diversa e hanno deciso di pubblicare la “notizia” senza verificare se la notizia fosse vera o fosse fake ma puntando semplicemente sull’idea che se non avessero pubblicato quella “notizia” avrebbero probabilmente avuto un problema, nel caso in cui quella “notizia” fosse stata pubblicata da un altro giornale. La mattina seguente alcune agenzie hanno ripreso la “notizia” dei giornali dandola per certa (nessuno dei giornali che ha pubblicato la notizia ha usato il condizionale, la notizia è stata data con il verbo della certezza, l’indicativo) e alcune rassegne stampe hanno registrato quella notizia, sempre la mattina, precisando che il nome è circolato, sì, ma poi non è entrato in lista.

È un genere di cosa di cui con le Notizie che non lo erano ci siamo occupati per anni: ne capitano ogni giorno coi media italiani (sulle presunte candidature poi è volato di tutto, nei giorni scorsi), ma questo non dovrebbe abituarci o rassegnarci: io mi sono un po’ rassegnato, Cerasa fa invece bene a insistere.
Forte del suo esempio, ci torno per segnalare una cosa che trovo ancora più rivelatrice e interessante dell’errore stesso: ovvero la legittimazione dell’errore e di un modo di lavorare da parte del più famoso quotidiano italiano, principale responsabile dell’errore, che così ha risposto alla richiesta di correzione da parte di Cerasa.

Cerasa è gentile e ringrazia. Ma in questa risposta ci sono alcune cose che definiscono un’idea di accuratezza assai autonoma rispetto ai canoni che i giornali teorizzano quando rivendicano la qualità della propria attendibilità e professionalità in opposizione alle “fake news” di internet e dei social network.
“Chiamare tutti gli interessati sarebbe stato impossibile”: a parte che l’impossibilità di verificare porta a non pubblicare, secondo l’idea di giornalismo che ci raccontiamo da decenni; ma qui non parliamo di “interessati” in quanto candidati, in quanto presenti in una lista, in quanto il PD ne sta parlando ma non ha ancora deciso. Parliamo di nomi buttati lì senza nessun fondamento e da “fonti non bene informate”, come ammette la stessa risposta: non c’è nessuna ragione di fidarsene, come i fatti hanno dimostrato.
Ciò nonostante, “bisogna affidarsi alle fonti”, dice ancora la risposta, anche se “non bene informate”, perché “chiamare sarebbe impossibile”. Quindi grazie per la “garbata rettifica”, ma va bene così.
Guardate, non sto criticando un metodo: ognuno ha il suo e questo è uno dei più importanti quotidiani italiani, con giornalisti che lavorano da anni e lo mantengono tale, e molti lettori. Sto solo dicendo di avere chiaro che questo è il metodo, e di non meravigliarsi dei risultati, e di non pretendere di raccontare che sia un metodo migliore di quello di mio cugino che condivide una cosa su Facebook.

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro