Quello che è successo ieri notte a Bruxelles è interessante non solo per il merito della questione – l’immigrazione -, ampiamente trattato da molti esperti e cronisti: è successo che il PresdelCons italiano ha costretto gli altri ad ascoltare le sue rivendicazioni, e che non ha ottenuto praticamente niente, ma di essere ascoltato sì. Di essere ascoltato e preso in giro, persino, ma di essere ascoltato sì.
È una piccola ed esemplare dimostrazione di quanto la comunicazione e la propaganda non siano più un accessorio fondamentale della politica – lo sono sempre state, con buona pace di coloro che le snobbavano, e che ora sono a consolarsi in qualche bar -, e non siano nemmeno più una parte importante della politica, come erano diventate negli scorsi decenni. Sono diventate tutta la politica.
In una riunione a porte chiuse, operativa, concreta, tra leader europei, quello italiano – e il suo mandante – si sono dedicati a fare uscire un messaggio: noi ci mettiamo di traverso e costringiamo gli altri leader europei a qualcosa. Che quel qualcosa sia un contentino formale, senza nessuna conseguenza nel merito della questione, e che l’immigrazione stia diminuendo da un anno per altre ragioni, e continuerà a diminuire a prescindere, è irrilevante. Il successo non è più ottenere qualcosa di reale: è poter dire al proprio pubblico di avere avuto un successo, come tra bambini (e ormai molto tra adulti), un’ultima parola, un “ho vinto io”.
E hai voglia a sfottere e darsi di gomito: se la politica è propaganda, stanno vincendo loro.