A Natale del 1981 io e mio fratello ci regalammo la raccolta dei Queen, quella leggendaria raccolta dei Queen: io avevo 17 anni e prima ci eravamo limitati ad alcuni 45 giri senza seguire molto la loro discografia fino ad allora. Ascoltammo quella raccolta a ripetizione per mesi, e ancora oggi per me dove finisce Bohemian Rhapsody comincia Another one bites the dust, dove finisce Don’t stop me now comincia Save me, dove finisce We will rock you comincia We are the champions. Poi a ritroso recuperai il resto, e intanto seguii il seguito: con meno passione ma canticchiando persino Love kills e I was born to love you dalla vituperata carriera solista di Freddie Mercury.
Non pensavo di andare a vedere il film, Bohemian Rhapsody, perché diffido dei film biografici e dell’effetto macchietta dei personaggi familiari imitati: però poi ho letto di entusiasmi estesi, ho visto i successi, e infine il Golden Globe. E quindi ho detto andrà visto. E non pretendo di saperla più lunga di tutti, quindi prendete il mio come un parere di minoranza.
Che film scarso e deludente.
Come spesso capita, il doppiaggio in italiano non lo aiuta di certo (quello per cui le persone parlano con grande enfasi recitativa una lingua che esiste solo nei film). Ma detto questo, è una specie di fiction di RaiUno ma di quelle mediocri, e senza le invenzioni di sceneggiatura delle fiction di RaiUno mediocri. Per la prima metà del film la storia è “band suona nelle feste con un cantante coi dentoni, poi viene scoperta da un agente, fa un disco, va forte, fa un altro disco, va più forte, fa una canzone coi coretti, va fortissimo”. Poi arriva la svolta nella trama nella forma di “quello coi dentoni si lascia traviare dal mondo torbido dell’omosessualità promiscua e da un viscido gay che vuole approfittare di lui, e così abbandona la sua fidanzata carina e buona e i suoi compagni eterosessuali perbene con delle famiglie e finisce solo, depresso, malato e circondato dalla depravazione e dal vizio”. Si redime quando caccia via i torbidi (sotto una pioggia che lava via il male) e torna dai buoni, e allora trova pure l’amore omosessuale buono da presentare ai genitori (la fidanzata carina intanto è incinta, perché è eterosessuale e ha un fidanzato carino), ma ormai i torbidi lo hanno ammalato e quindi muore.
In tutto questo, i dialoghi sono poverissimi, l’attore sbagliato fa diventare Mercury un bambino ingenuo e capriccioso, ma geniale – una specie di Michael Jackson -, però ci sono molte inquadrature estetizzanti di costumi, concerti e barocchitudini varie, e dovremmo ridere di un discografico sciocco e avido e commuoverci di un bacio alla mamma. L’unica cosa che trattiene nel cinema i maggiori di dodici anni sono le canzoni dei Queen, che in questo momento sto ascoltando comodamente e piacevolmente mentre scrivo, a casa mia, having such a good time.