Metto a verbale questa cosa, una volta per tutte: la storia delle élite, dei media, della politica, dei commentatori, che non si sono accorti di cosa stava succedendo e che hanno sottovalutato quello che sarebbe diventato il successo elettorale del “populismo”, è una balla.
È una balla pigra e facile, che viene proclamata dai detrattori superficiali delle suddette élite (che hanno altre responsabilità e fallimenti da farsi perdonare) ma che è raccontata anche da parte delle suddette élite, un po’ per distinguersi e un po’ per compiacimento dell’autocritica.
Il loro fallimento è stato di non avere una proposta alternativa, una narrazione capace di opporsi alle falsificazioni che montavano, un piano di recupero del consenso per tempi nuovi, e di sperare che l’inerzia progressista – che si è scoperto non esistere – bastasse a supplire a queste mancanze di progetto e di adeguamento. Ma cosa stava succedendo lo avevano visto arrivare tutti da un pezzo (poi una quota di distratti e sciocchi c’è sempre) e non era sottovalutato per niente: intanto perché quella tendenza qualunquista, identitaria e antielitista non è nata col M5S, con Trump o con Salvini, che ne sono l’ultima e più gonfia incarnazione. In Italia era stata un pezzo rilevantissimo dei primi successi della Lega e di quelli di Berlusconi (ma pure di certe sinistre “radicali”), e come tale era stata ampiamente percepita, constatata e analizzata (le monetine al Raphael sono del 1993, e c’era già quasi tutto). E poi basta non essere completamente smemorati per ricordarsi lo spazio e le attenzioni e analisi che le indignazioni, risentimenti e proteste, e le palesi crescite di consenso dei “populisti” hanno avuto sui media italiani e nel dibattito da più di dieci anni (anzi, l’inclinazione dei media a enfatizzare e spacciare gli stessi temi ha avuto la sua grossa quota di complicità). Il cosiddetto “V-day” fu nel 2007 e venne trattato dalla gran parte degli osservatori come l’inizio di una cosa ben concreta e che si vedeva arrivare: questo è Michele Serra su Repubblica, per fare un esempio della presunta “sottovalutazione”.
(“Il successo del populismo” in Italia ha una prima occorrenza persino su questo blog nel 2004, con la citazione di un illuminante commento sul Guardian: commento dedicato appunto alle responsabilità dei media nel promuoverlo, il populismo, altro che tacerlo).
Poi sull’incapacità della politica degli altri partiti – Lega esclusa, che si è potuta permettere di attaccare l’establishment essendo l’establishment – di fare proposte nuove e concorrenziali o di non sopravvalutarsi, siamo tutti d’accordo: anzi, proprio perché lo vedevano arrivare è ulteriormente colpevole la loro mancanza di reazione. Ma il “non vi eravate accorti” (o “non ci eravamo accorti”) è una scemenza.