Il senso delle proporzioni

Non sto aggiungendo la mia su cosa debba fare o non fare Mattia Feltri col giornale che dirige, coi suoi rapporti familiari, coi suoi impegni civili.
E non sto nemmeno dicendo che si debba impedire con la forza a qualcuno di dire o scrivere deliri scellerati come quelli che ospita ogni giorno Libero, in cerca di consensi trogloditi e gruzzoletti commerciali. Abbiamo convenuto giustamente che la libertà di espressione debba essere molto estesa, per quanto non infinita, e non ce ne siano dubbi.

Ma se il tema che è davvero importante nella discussione di questi giorni è quello dell’opporsi a una cultura e a delle azioni che avallano e proteggono la violenza contro le donne, e alle complicità con questa cultura e queste azioni, e se la cosa che conta non è tanto la richiesta di un direttore rispetto a una riga, ma quello che significano quella richiesta e quella riga rispetto a un articolo stupido, violento ed esemplare di una cultura che è stupida, violenta e maschilista, allora io domando, non polemicamente ma costruttivamente:

Non c’è una sproporzione tra la mole, forza e impegno delle legittime critiche nei confronti di Mattia Feltri e della sua scelta su una riga che alludeva a quell’articolo, e invece l’indulgenza nei confronti di giornali, giornalisti, inserzionisti, aziende, che quel tipo di articoli e predicazioni li accettano, sostengono, ogni giorno, con alibi e motivazioni assai più fragili o personali di quelle di Mattia Feltri?

Non voglio essere frainteso nemmeno su questo: trovo intollerabili, pigre e compiaciute tutte le gogne e anche quelle nei confronti dei soggetti detti (e sono rimasto sorpreso di quanto Boldrini, che ne conosce e soffre da anni gli effetti peggiori, non abbia resistito a un post accusatore sui social che avrebbe scatenato prevedibili aggressioni personali). Ma se quello che davvero ci interessa sono le azioni, i risultati e i progressi, e non solo tempeste di tweet in cui dire la nostra per tre giorni, non sarebbe meglio rivolgersi a combattere il delitto originale individuandone responsabili, complici e conniventi? Lo scrivo di nuovo: responsabili, complici e conniventi: e non è permesso a nessuno, tra chi produce, finanzia e occupa le pagine di quei giornali e le fa prosperare, di fischiettare o di sentirsi assolto. Piuttosto rivendicare la complicità: è più onesto.
Lo dico senza cercare benaltrismi rispetto al dibattito che ha interessato tanti in questi giorni, ma suggerendo un senso delle proporzioni, delle responsabilità e delle efficacie: ovvero se davvero interessa che quelle cose non vengano più scritte, insegnate, pensate, e non si debba continuare soltanto a indignarsene quotidianamente e a litigare tra gli indignati sulla misura delle indignazioni.

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