Facile, con Uggetti

Oggi si parla molto della lettera al Foglio in cui Luigi Di Maio si scusa della campagna del M5S contro l’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti (assolto l’altroieri dopo cinque anni, dopo un arresto teatrale e infamante, dopo le dimissioni e la vittoria della Lega alle elezioni successive), e ammette che molti aspetti di quella campagna furono “profondamente sbagliati”. I pareri mi pare rimangano un po’ troppo circoscritti: le scuse sono sempre una cosa garbata, ma personale e molto poco “politica”, e invece nella lettera l’ammissione di errore – che è assai più rilevante – si ferma prima di investire tutto un pensiero ignorante, forcaiolo e scellerato sulla politica e sulla giustizia che è stato ed è ancora parte essenziale del successo del partito di Di Maio. Non puoi dire che sia stata sbagliata la campagna contro Uggetti, senza riflettere su da dove sia venuta quella campagna e quanto sia ripetibile tuttora: senza dire insomma che sia stato sbagliato tutto.

Ma a parte questo, c’è un aspetto sbagliato più generale di tutto questo dibattito: ed è che non si può vincolare l’ammissione postuma di errore al fatto che Uggetti sia stato assolto. È un paradosso giuridico, logico e morale. Perché se i modi con cui venne aggredito Uggetti sono stati “profondamente sbagliati” e meritano scuse, allora vuol dire che non andavano scelti allora: e allora non si poteva sapere se Uggetti fosse colpevole o innocente. Anzi, di più: secondo la legge era comunque innocente. Il paradosso della lettera di Di Maio è che se Uggetti fosse stato condannato non l’avrebbe scritta: e forse non avrebbe concluso di avere sbagliato, lui e il suo partito (e quello di Salvini). Implicando così che il giudizio di oggi sulle “insinuazioni” e sulle “modalità grottesche e disdicevoli” di quella “battaglia”, se la prossima volta lo si vuole usare con maggiore e saggia prudenza prima di sbagliare, debba prevedere con certezza quale sarà la sentenza.

Anche alla luce dell’assoluzione di questi giorni”, scrive Di Maio prima di ammettere l’errore. E in quell’anche sta tutta l’incertezza dei suoi argomenti. Se non fosse stato assolto, sarebbe stato tutto giusto? E come facevi a saperlo, prima?

Nessuno tocchi Caino continua a essere la frase più esemplare ed efficace del rispetto delle regole e della civiltà giudiziaria: non è protettiva verso Caino, è protettiva verso tutti, e anche verso i Caino che poi si rivelano Abele. I modi della campagna contro Uggetti sono stati gli stessi modi delle campagne contro Craxi, contro Berlusconi, contro Carra e ancora oggi contro chiunque sia stato trattato – da un combinato sistema giornali-procure-“popolo” – come Uggetti, qualunque sentenza lo abbia riguardato. “Rispettare le sentenze” significa aspettarle, prima, e non aggravarle, dopo.

Ora viene facile a tutti rammaricarsi col “dottor Uggetti”, come lo chiama Di Maio: vedremo se i toni saranno giudicati “profondamente sbagliati” anche alla prossima condanna, invece. Intanto chiediamoci cosa avremmo letto – cosa avremmo pensato – se Uggetti fosse stato condannato: e cosa significhi.

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