“I freni si usano”

Vi è sembrato di sentire un rumore, dalla cucina. Niente di che, non sarà niente, uno scricchiolio, un cartoccio che si è dispiegato di un millimetro, un suono dalla casa dei vicini, il frigo, il vento che ha mosso un vetro. È quasi sempre così, e neanche vi alzate, e non era niente. Oppure senti, vi alzate, hai visto mai, sono più tranquillo, non era niente e tornate a dormire.
Oppure vi alzate prendendo la pistola dal comodino, sperando che non parta un colpo.

La persona con cui siete non trova il telefono: da mezzo secondo, non lo trova, ma lo sta già ripetendo con agitazione, “dov’è il mio telefono”, e poi rovista, si tocca le tasche, si guarda intorno, vi guarda allarmata, la vostra indifferenza la allarma ulteriormente. Dopo un lasso di tempo variabile di ricerche cominciate a pensare se non sia il caso davvero di prenderla sul serio, fermarsi e tornare a cercarlo, stavolta: e un centesimo di secondo dopo l’apparire di questo pensiero, il telefono viene trovato. Eccolo.

Dover valutare da piccoli indizi se le situazioni possano diventare eccezionali e richiedere interventi adeguati, legati al nostro ruolo e alle nostre capacità, capita continuamente. L’auto davanti a noi in autostrada che abbiamo appena iniziato a sorpassare – è ancora distante – sembra accennare uno spostamento appena percettibile: aspettiamo ancora una frazione di secondo, oppure stacchiamo il piede dal gas, o diamo un colpetto al freno, o inchiodiamo allarmati. L’auto rientra immediatamente, non era niente: oppure ce la troviamo sventata in mezzo alla corsia di sorpasso.

Il lavoro degli umani è reagire, con la misura adeguata: non sempre si può sapere quale sia, spesso si sbaglia, e sappiamo solo che si sbaglia meno se ci si tiene continuamente adattabili agli sviluppi delle situazioni, con reazioni proporzionate.

“Il lavoro dei giornali è dare le notizie”, si dice spesso dai giornali per giustificare scelte che vengono spesso criticate. È vero ed è ovvio insieme: è come dire che il lavoro del lattaio è vendere il latte, e trascurare se il latte sia scaduto o se vi abbia dato il resto sbagliato. È come dire che il lavoro dell’architetto è fare le case se la casa è crollata. Eccetera. Il lavoro dei giornali è decidere quali siano le notizie e decidere come raccontarle.

Il lavoro dei giornali e dei giornalisti è reagire nella maniera adeguata e commisurata alle informazioni e agli indizi. Decidere se alzarsi per andare a controllare il rumore, se fermarsi per cercare il telefono; e decidere quale sia la forma in cui comunicare le informazioni considerando il valore delle informazioni in quel momento, la loro affidabilità, le conseguenze del modo in cui verranno diffuse.

“Le notizie si danno” è una sciocchezza: un modo supponente e insignificante – letteralmente insignificante – per eludere la questione, che è la relazione tra mille diversi tipi di notizia e mille diversi modi di darla. Che cosa sia una notizia non è un dato oggettivo, anzi, è una valutazione soggettivissima: quanto lo sia, che sviluppi possa avere, come possa essere interpretata dai lettori sono tutti altri elementi che rendono continuamente variabile la definizione di “notizia”. La seconda variabile è il modo in cui viene data, la notizia: dal titolo di prima pagina alla formula ipotetica e cauta all’interno del testo c’è un mondo di sfumature, e di risultati conseguenti nella percezione della realtà da parte dei lettori, di costruzione della realtà.

Il lavoro dei giornalisti è decidere ogni giorno, ogni momento, come reagire a quel rumore in cucina: se ignorarlo, chiamare la polizia o mille altre possibilità. E ogni reazione diversa avrà conseguenze diverse nell’idea che si faranno delle cose le persone che leggono. Sottrarsi alla complessità e alle conseguenze di questa responsabilità sostenendo che le scelte siano automatiche e indiscutibili, e alludendo a regole supreme e vaghe che gli interlocutori ignorerebbero, è un modo pavido di affrontare le critiche, e che suggerisce debolezza: il modo migliore è rivendicare le proprie scelte, spiegarne le ragioni, essere consapevoli che sono scelte e che hanno delle conseguenze di cui si è responsabili. A inchiodare bruscamente se la macchina cento metri davanti a voi si è spostata appena si rischia assai, e non è che “i freni si usano”. Si decide se, quando e come usarli.

Che le reazioni ai contesti possano essere sproporzionate, e le conseguenze gravi, sta scritto stamattina sui giornali a proposito di Voghera: e vale per tutti.

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