Non ti disunire

Da qualche giorno è in corso sul quotidiano che si chiama il Fatto un dibattito a cui il giornale ha oculatamente – ma anche inevitabilmente – scelto di dare ampio spazio e pubblicità, intorno ad alcune tesi che ha adottato nelle settimane scorse a proposito dell’invasione russa in Ucraina. La discussione è limitata in particolare alle opinioni di due collaboratori, ed è stata fatta emergere dalla protesta dell’antico commentatore e quasi cofondatore del giornale Furio Colombo, benché discusse e discutibili siano state in generale le posizioni complessive del giornale sulla guerra. Nell’arricchimento di ieri del dibattito, il vicedirettore del giornale ha sostenuto giustamente che il problema della discussione sulla guerra sia una polarizzazione per cui “la guerra è trattata in Italia come l’occasione per un regolamento di conti politico”: che però è buffo leggere su un giornale che da settimane usa la guerra per mettere in prima pagina e al centro delle sue attenzioni attacchi al governo italiano, ai partiti e ai politici che sostengono la difesa dell’Ucraina, ai giornali ritenuti avversari e nemici, e per promuovere le posizioni dell’ex presidente del consiglio di cui il giornale è sostenitore devoto e incessante da alcuni anni, oltre che la presunta libertà e unicità del giornale stesso.

Ma non è tanto di questo che volevo scrivere, che siamo nell’ambito delle sfuggenti impressioni, letture, post-giudizi, mentre mi appassiono di più alle indagini sui fatti e sulla loro verifica. Nell’episodio di ieri del dibattito sul Fatto, invece, era intervenuto l’autore più discusso di queste settimane e il più visibile oggetto del contendere, che si chiama Alessandro Orsini: il quale aveva voluto rispondere a Colombo a proposito di una delle proprie molte affermazioni storiche contestate. Occhio che qui dipende tutto dalle parole. Colombo aveva scritto che fosse inaccettabile sostenere che “Hitler non aveva alcuna intenzione di fare la guerra che distruggerà l’Europa”, attribuendo la tesi a Orsini. E la tesi in effetti non ha senso: Hitler l’ha fatta, quella guerra, l’ha iniziata, altro che “intenzione”. Orsini però dice una cosa leggermente diversa, e continua a ripeterla, ed è che “Hitler, quando invase la Polonia, non aveva intenzione di scatenare la Seconda guerra mondiale”. Adesso, questa formulazione si può leggere come falsificatrice (Hitler voleva limitare la sua attività bellica a una modesta e contenuta azione di annessione della Polonia) oppure come ovvia e insignificante (l’obiettivo di Hitler quando attaccò la Polonia non era di far scendere in guerra Francia, Inghilterra e Stati Uniti). Nel primo caso Orsini sta spacciando una versione assolutoria nei confronti di Hitler, nel secondo sta dicendo una cosa ovvia e insignificante con effetto assolutorio. Ma se siamo nel secondo caso, che lui quella cosa vada ripetendola e rivendicandola come rivelatrice e illuminante – eludendo il suo effetto assolutorio sia di Hitler che di Putin – è un po’ strano: come è strano che pure ribattendo a Colombo, non gli spieghi che non si sono capiti, ma si dedichi di nuovo a dimostrare la cosa ovvia e insignificante, che non è quella che Colombo gli ha attribuito.

Colombo giudica falsa la mia affermazione secondo cui Hitler non aveva intenzione di scatenare la Seconda guerra mondiale quando invase la Polonia, il 1° settembre 1939. Proviamo a risolvere la controversia dando la parola a un uomo che conosce la storia meglio di noi tutti.

L’uomo che conosce la storia meglio di noi tutti esibito da Orsini si chiama Basil Liddell Hart, ed è un esperto britannico di storia militare piuttosto importante e noto agli storici, vissuto fino al 1970. La sua vita è stata ricca e la sua opera controversa, e ne trascurerò quasi tutto – soprattutto per inadeguatezza -, ma alla sua fama sono associate anche critiche e accuse diverse, sia di indulgenze celebrative nei confronti della storia militare nazista, sia di falsificazioni a proprio merito, sia di avere contribuito alla costruzione del “mito di Rommel”, ovvero a una raffigurazione infondata delle supreme qualità del generale tedesco e della sua indipendenza dal regime hitleriano, sia in generale di avere promosso e incentivato con i suoi articoli le politiche britanniche di appeasement nei confronti di Hitler. Sono tutti temi complessi e che hanno generato divisioni e argomenti vari tra gli storici, ma ecco, per quel che interessa qui a noi Liddell Hart non è il definitivo esempio di affidabilità e autorevolezza – in un campo peraltro ricchissimo di esperti e storici indiscussi – sulle intenzioni di Hitler rispetto alla guerra: anche perché il suo lavoro più apprezzato è quello che precede l’inizio della Guerra Mondiale insieme a quello che lo segue. Se Orsini cita il suo nome, è solo perché su un libro di Liddel Hart ha trovato la cosa che Orsini vuole difendere (le limitate ambizioni di Hitler). Ed è più in generale un esempio interessante di come un nome da citare a conforto di quel che si dice si trovi sempre.
Ma infine, per avvicinarci alla contraddizione più palese, quello che Orsini cita di Liddell Hart si conclude così.

Come poté accadere, dunque, che Hitler si trovasse coinvolto in quella guerra di proporzioni mondiali che pure era stato così ansioso di evitare? La risposta deve essere cercata non tanto – o, almeno, non esclusivamente – nell’aggressività di Hitler, quanto piuttosto nel fatto che, dopo aver a lungo incoraggiato con il loro atteggiamento compiacente la politica tedesca, nella primavera del 1939 le potenze occidentali decisero improvvisamente di adottare una politica di rigida intransigenza. Un cambiamento di politica tanto brusco e imprevedibile da rendere inevitabile la guerra.

Ora, io non sono uno storico militare, ma ho qualche familiarità con l’uso del linguaggio e con la logica. Questo passaggio sostiene una cosa tautologica, ovvero che una guerra non si fa da soli e meno che mai una guerra “mondiale”, ma contemporaneamente la sostiene in modo truffaldino. Dire che Hitler “si trovò coinvolto” in una guerra perché degli altri paesi entrarono in guerra contro di lui che aveva invaso la Polonia e minacciava e aggrediva gli altri paesi, è come dire che se meni qualcuno per strada e quello, invece di abbozzare come speravi avrebbe fatto, te le restituisce, “ti trovi coinvolto in una rissa”.

Ma distratto da tutte queste contraddizioni, bizzarrie di esposizione e di logica, capricci dialettici e svicolamenti di Orsini, non sono ancora arrivato alla cosa puntuale più definitiva del suo argomentare incerto e zigzagante (io mi sono abbastanza convinto che Orsini non abbia cattive intenzioni, ma solo cattive capacità di cercare attenzioni). Torniamo all’ultimo passo della sua citazione di Liddell Hart, usata per dire “date retta all’uomo che conosce la storia meglio di noi tutti”.

Come poté accadere, dunque, che Hitler si trovasse coinvolto in quella guerra di proporzioni mondiali che pure era stato così ansioso di evitare? La risposta deve essere cercata non tanto – o, almeno, non esclusivamente – nell’aggressività di Hitler, quanto piuttosto nel fatto che, dopo aver a lungo incoraggiato con il loro atteggiamento compiacente la politica tedesca, nella primavera del 1939 le potenze occidentali decisero improvvisamente di adottare una politica di rigida intransigenza. Un cambiamento di politica tanto brusco e imprevedibile da rendere inevitabile la guerra.

(Neretti miei, per isolare meglio il concetto portante). Bene, poche righe più avanti, Orsini dice (e l’ha detto altrove):

A oggi, nessun professore universitario di Storia è intervenuto per smentirmi. Un presunto storico mi ha sì smentito sulle colonne di un quotidiano online, ma inventando una frase che non ho mai pronunciato, cioè che l’alleanza tra Francia, Inghilterra e Polonia è stata la responsabile dello scoppio della guerra. Peccato che non l’abbia mai detto e che non lo pensi affatto. Anzi, lo nego tenacemente: non credo che la colpa della Seconda guerra mondiale sia di quell’alleanza.

Ecco, non avevo e non ho ambizioni di smentire Orsini o altri sulla Storia, di tutti sono il più ignorante. Ma riconosco un pensiero confuso, quando lo vedo.

p.s. nel dubbio che non l’avessi riconosciuto, il pensiero confuso, quattro giorni dopo sempre sul Fatto Alessandro Orsini ha risposto a delle presunte richieste di consigli di lettura sulla storia militare con una lunga lista di titoli e autori. In fondo alla quale Orsini consiglia un libro di John Mearsheimer, ovvero lo storico responsabile di un famoso libro critico e della caduta di credibilità di Liddell Hart. Ricapitolo il percorso: Orsini consiglia di ascoltare Liddell Hart, poi dice che lui non ha mai pensato quello che Liddell Hart sostiene e che ha appena consigliato, poi consiglia di leggere lo storico che ha smentito Liddell Hart. Vediamo domani.

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