I sondaggi possono essere un buon modo di avere un’idea approssimativa – ovvero che vi si avvicina – delle cose e della realtà: un po’ come i trailer dei film, o le quarte di copertina dei libri, che a volte danno l’idea piuttosto esattamente e altre in maniera più grossolana e ingannevole. Dipende da diversi fattori legati all’accuratezza e alle risorse del sondaggio, e al campo di applicazione (e anche a quanto poco ne sappiamo già): e quindi è pure generica la definizione di “sondaggi”, e ci sono sondaggi di cui leggiamo sui giornali che non hanno praticamente nessun valore e potrebbero essere contraddetti il giorno dopo da altri sondaggi sullo stesso tema, e sondaggi elettorali che mettono in campo un tale spiegamento di forze e di studi che il loro sbagliare anche di tre o quattro decisivi punti percentuali è un risultato positivo impressionante: il loro bicchiere è sempre mezzo pieno, provateci voi con qualunque altro strumento a creare una percezione del risultato del voto che abbia tanta fedeltà.
Il problema, casomai, con i sondaggi elettorali, è la narrazione equivoca che invece di descriverli come un trailer li descrive come il film: non sono la realtà, sono un tirare a indovinare da parte di qualcuno che è esperto della materia. E invece questa narrazione – che avviene sui media, ma di cui i sondaggisti sono piuttosto interessati complici – crea delle aspettative di esattezza (è un po’ quello che è successo con i virologi: un tic dei nostri media), e i suoi margini di errore decisivi vengono trascurati, e questo orienta campagne elettorali, scelte, e meccanismi democratici. Tutto in totale libertà, e ci mancherebbe, ma i sondaggi diventano una forma di propaganda, più che di informazione: come tutte le comunicazioni che non corrispondono al vero.
Tutta questa premessa per introdurre la soddisfazione di una curiosità a cui dopo quasi mai si pensa, perché passa in secondo piano (a meno di spettacolari fallimenti): ovvero, le cose di cui abbiamo parlato per settimane come se fossero il risultato elettorale da mettere in conto, come sono andate davvero? Quelli che seguono sono i risultati dei partiti alla Camera e i loro discostamenti dall’ultima “supermedia” dei vari sondaggi pubblicata dal sito YouTrend, quella di quindici giorni prima delle elezioni.
Fratelli d’Italia 26,00 +1,60
Lega 8,77 -3,33
Forza Italia 8,11 +0,31
Noi moderati 0,91 -0,59
Partito Democratico 19,07 -2,43
Verdi e Sinistra 3,63 -0,07
+Europa 2,83 +0,73
Impegno Civico 0,60 -0,50
M5S 15,43 +2,23
Azione e Italia Viva 7,79 +1,19
Italexit 1,90 -0,90
Unione Popolare 1,43 +0,33
Mi sembra che i dati confermino le due cose dette: che i sondaggi raggiungono un eccezionale avvicinamento alla realtà, ma che non sono la realtà, e che alcune delle distanze sono piuttosto importanti in un contesto come quello del voto e della sua applicazione. Mentre un paio di quasi esattezze sono impressionanti (ma teniamo conto che questa è una “supermedia”, e i sondaggi da cui è tratta dicevano a loro volta cose diverse), alcuni scostamenti tra il 10 e il 30% rispetto al risultato reale fanno una considerevole differenza; e nel caso dei partiti più piccoli, benché la cosa sia meno rilevante, i discostamenti superano anche il 50% del totale reale.
Tutto questo per dire cosa? Quello che vorrà ognuno di voi, ci sono appunto molti modi per leggerla e nessuno definitivo (se paragonassimo i risultati a ciascuno dei sondaggi diffuso nelle settimane precedenti, e su cui sono state fatte pagine e talk show, troveremmo distanze anche più vistose). Ma ci aggiungerei che sarebbe utile mettere in conto – in quelle settimane che dedichiamo a questa volatile attività – che ciascuno dei dati dei sondaggi durante la campagna elettorale si potrà rivelare lontano del 2 o del 3% dalla realtà, anche in anni come questo in cui le ipotesi sul vincitore sono confermate. E farà una differenza, per ciascuno dei partiti coinvolti.