Per non correre il rischio di suonare mio nonno – ci sono vicinissimo – limiterò al massimo la narrazione personale: anche perché diffido dell’abitudine a pensare che le condizioni si ripetano uguali, e che le lezioni del passato valgano identiche nel presente. Ma una cosa noto: ed è che l’annientamento spaesato del PD del 2022 somiglia molto a quello in cui lo stesso PD si trovò nel 2009 dopo le sconfitte elettorali del 2008 e del 2009 e le dimissioni di Walter Veltroni. È tutto diverso, naturalmente (quasi tutto: tra i leader sconfitti e insieme sopravviventi c’era Dario Franceschini, per esempio), ma è simile il vuoto in cui non c’è un’idea o una prospettiva su cosa possa succedere dopo e su a chi o cosa si debbano lasciare le chiavi. Fu quel vuoto, allora, a dare spazi impensati a un piccolo manipolo benintenzionato ma debolissimo come quello con cui collaborai, e da cui uscirono persone che delle cose nel PD le hanno fatte e le hanno cambiate senza che nessuno le invitasse, in questi tredici anni. Fine del momento nonno.
Ma la cosa che volevo dire, del contesto attuale, prendendo quindi anche in considerazione il caso delle “Sardine” o le più sostanziose primarie del 2013 (dopo la sconfitta e le dimissioni di Bersani) in cui i candidati furono Civati, Renzi e Cuperlo, è come ora in una simile situazione di vuoto e di opportunità e di necessità, a occupare quello spazio non si stia presentando nessuno. Nessuno di “sovversivo” come gli esempi che ho fatto, e come una situazione di dichiarata crisi e fallimento suggerirebbe. “Ci vuole un cambiamento”, ma non c’è nessuno che lo rappresenti o proponga: al massimo ci sono “correnti” concorrenti a quella presente, già parte dell’establishment del partito, e magari saranno la soluzione migliore, speriamo.
La cosa che però mi fa impressione, benché mi confermi nell’aggravamento di una vecchia sensazione, è che di “cambiare il PD” non ha più voglia nessuno: e come non comprenderlo? Era già una cosa eroica e incosciente tredici anni fa – e tra l’altro, nel bilancio, è stata sconfitta – figuriamoci ora. Bisognerà farsene una ragione anche di questo: che i politici che abbiamo non sono solo quelli che noi stessi votiamo, ma sono anche gli unici che decidono di fare i politici.