Corsi, ricorsi e capelloni

Mi sono ricordato di una storia di cui avevo letto tempo fa, di quando nell’Italia del 1965 diventò piuttosto acuminata l’insofferenza nei confronti dei “capelloni”, con momenti di vera violenza: e il luogo di maggiore intolleranza fu piazza di Spagna a Roma, dove capelloni stranieri e italiani presero a sostare e ritrovarsi. Tra i maggiori predicatori di intolleranza – ma non il solo – ci fu il Corriere della Sera con gli articoli di diversi suoi giornalisti. Come questo, tra i molti, che traggo da un libro sui capelloni in Italia di Silvia Casilio.

“Il cappello con la visiera”, letto stasera, fa sorridere, lo so. Al Corriere scrissero diversi intellettuali e scrittori per protestare, tra i quali Elsa Morante e Raffaele La Capria.

Ben prima che arrivasse il ’68 (che in Italia avvenne soprattutto nel ’69) questo era il contesto di intolleranza e rigidità nei confronti delle diversità delle giovani generazioni. Durò per diversi anni – contro i capelloni e contro richieste di libertà e diritti assai più importanti – e i movimenti politici, studenteschi e operai nati negli anni successivi hanno il merito di avere in parte sconfitto tutto questo.

Ma è proprio indispensabile tollerare che questa minoranza sporca e maleodorante abbia preso possesso di uno dei più begli angoli di Roma?

Le cronache di quegli anni sono affascinanti e vaccinano contro i nostalgismi, e ce ne sarebbero molte altre da linkare e raccontare (ci fu poi una famosa, fumosa, e convulsa riflessione di Pasolini del 1973). Ma stasera sono sufficienti queste, cliccate sui link qui sopra.

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