Screditato io

È una cosa piccola, e rischia di suonare capricciosa: di solito non rispondo così articolatamente alle cose offensive e supponenti che leggo sui social su di me, ma qui c’entra il Post e il suo lavoro, e un’accusa di pavidità nei confronti delle minacce.

La storia è questa: il Post ha pubblicato tre settimane fa questo articolo, che potete leggere e non starò a riassumere, non è qui importante. Una persona ascoltata e citata nell’articolo ci ha fatto scrivere da un’avvocata, che è stata gentile e corretta – evitando i toni minacciosi e controproducenti che a volte assumono i suoi colleghi quando avanzano pretese verso il Post – e ci ha chiesto di rimuovere alcuni passaggi dell’articolo, suggerendo persino con quali espressioni sostituirli. La nostra risposta è stata questa.

Gentile avvocata Manes, ci dispiace ma la sua tesi che ciò che l’articolo indica a proposito di storiche e dimostrabili informazioni diffuse in passato del sito Byoblu sia attribuito anche al lavoro del suo assistito è contraddetta dalla lettura del testo e dal suo uso ben definito delle suddette espressioni. E il suo citare “false espressioni” nei confronti del suo assistito non è sostenuto da nessun argomento: la sua richiesta si limita ad attribuire maggiore credibilità – con argomenti di fatto assai fragili, come il numero di copie vendute – alle conclusioni del suo assistito rispetto a quella che le attribuiscono altri pareri citati nell’articolo. In nessuna parte dell’articolo sono contenute espressioni diffamanti o denigratorie nei confronti del suo assistito, il cui lavoro è ovviamente soggetto alla libera critica avanzata da più parti e che non può pretendere di dettare le parole da usare per riferire questi dubbi a una testata giornalistica di informazione come il Post, né nelle sue espressioni sostanziali e meno che mai in quelle formali e nella scelta dei verbi.
Grazie, e buon lavoro. Luca Sofri.

L’avvocata (cito al minimo indispensabile il contenuto delle sue lunghe lettere solo per discrezione) ha insistito sui due punti maggiori delle sue richieste.

Il messaggio lanciato al lettore è stato che il Dott. Cionci che ha elaborato una teoria (da Voi definita, guarda caso, del complotto) che è stata privata di ogni credibilità (non si capisce da chi), per la pubblicazione del suo lavoro si è ovviamente avvalso di una Casa Editrice legata ad una testata giornalistica che spesso diffonde notizie false o esagerate, dai toni e argomenti complottisti. Così tutto torna come si suol dire.

La “screditata teoria del complotto” di cui all’articolo, nella realtà dei fatti è il risultato di un lavoro di inchiesta durato circa quattro anni che è stato pubblicamente supportato da un magistrato antimafia già sottosegretario alla giustizia (durante il governo Prodi), da noti avvocati e giuristi di rango universitario, canonisti, filosofi, vaticanisti, professori di latino e storici della Chiesa di chiara fama.
Inoltre, non è mai stato ufficialmente smentito dal Vaticano né da un Tribunale civile e neppure da papa Benedetto XVI quando fece pervenire al dott. Cionci una lettera personale.

Ho risposto, ulteriormente (lo so, sta diventando noioso, ma devo rispondere a sette minuti di “gliele ho cantate, al Post, facendoli intimidire da un avvocato!”).

Gentile avvocata, la ringrazio del suo esteso lavoro di chiarimento degli argomenti del suo assistito. Ma il fatto è che non è vero – affermazione da cui discendono le sue riflessioni successive – che nell’articolo “non è stato indicato chi avrebbe screditato la teoria del dott. Cionci e per quale ragione”. Quel passaggio è accompagnato da un link assai visibile a un articolo di Aldo Maria Valli, ex vaticanista del Tg1, con una lunga argomentazione di don Silvio Barbaglia, biblista e docente universitario.

Il “Codice Ratzinger”? Non esiste


Come lei probabilmente sa, i link sono considerati elemento integrante e prioritario della pubblicazione di contenuti online, e riconosciuti come tali dai lettori. Consentono l’accesso agli approfondimenti e alle documentazioni indicate nel testo senza appesantirne la lettura e senza dare peso sproporzionato alle suddette documentazioni. Ciò detto, se il suo assistito ritenesse più corretto che l’articolo espanda queste indicazioni e queste fonti a sostegno dell’espressione in questione, è nell’interesse giornalistico del Post rendere più chiaro e comprensibile possibile il proprio lavoro di informazione e siamo disponibili a prendere in considerazione questa richiesta, riportando anche altre fonti di dimostrazione dell’espressione in questione, come per esempio le seguenti, in una delle quali lo stesso Cionci dà conto delle smentite del segretario di Ratzinger.
https://fedecultura.com/blogs/notizie/le-dimissioni-di-benedetto-xvi-erano-valide
https://www.liberoquotidiano.it/articolo_blog/blog/andrea-cionci/34501113/libro-padre-georg-pro-bergoglio-contro-codice-ratzinger.html
Quella formulazione è quindi del tutto sostanziata. Detto questo, rispettando le ragioni personali della richiesta e anche considerata la cortesia del dottor Cionci nel rispondere alle domande del Post, abbiamo valutato che non sarebbe una limitazione alla correttezza e completezza dell’articolo la sostituzione soltanto nella titolazione dell’articolo della parola “screditata” con “discussa”.
Su entrambi i tipi di intervento attendiamo sue eventuali conferme.
Grazie, Luca Sofri.

La mia proposta finale di cortesia discendeva da un equivoco. La lettera dell’avvocata contestava all’articolo di avere definito il suo assistito “sostenitore di una screditata teoria del complotto”. Formulazione che il Post ritiene del tutto fondata e a cui non intendeva rinunciare se non, appunto, in un’attenuazione di disponibile gentilezza, mantenendola in una sola occasione e rimuovendola nell’altra. In realtà però l’espressione era usata soltanto nel sommario dell’articolo, ma l’equivoco ha coinvolto sia me che l’avvocata, la quale ha risposto così.

In ragione di tutto quanto sopra e di quanto già comunicatoLe con le mie precedenti missive, chiedo che il termine “screditata/o” venga rimosso anche dal testo dell’articolo oltre che dal titolo, accettando che l’inchiesta sia definita “discussa” o “dibattuta” come da Lei proposto.

Mantenendo l’offerta senza ulteriori strascichi, il Post ha rimosso dal sommario la parola in questione. Che però, per l’equivoco di cui sopra (di cui sono responsabile) era la sua unica occorrenza, e ora non compare più. E non saremo così polemici e infantili da reinserirla a questo punto: l’errore è nostro (mio).

Adesso, questo poteva avere soddisfatto o meno il professor Cionci (lui dice di sì), che però ha appunto ritenuto di diffondere un videotaggando su Twitter me e il Post (e pure il Papa) in cerca quindi anche delle nostre attenzioni – il cui messaggio è (potete ascoltarlo se dubitate della mia sintesi): guardate come si fa a rimettere al loro posto quelli che dicono balle, li si fa minacciare da un avvocato. Titolo del video: “Il fascino discreto dell’avvocato”. Con l’autore completamente a conoscenza del carteggio tra la sua avvocata a me.
E siccome non è accettabile – anzi è pericolosissimo per il Post, per la sua credibilità e per il precedente che offre ai minacciatori – che questo messaggio sia spacciato impunemente, mi trovo qui a dover raccontare com’è andata e a ricordare esattamente il contrario: che se c’è un approccio che attacca poco, da noi, è quello minaccioso e intimidatorio a cui ricorrono spesso gli infastiditi dagli articoli del Post senza argomenti (e che non a caso non danno quasi mai seguito alle minacce iniziali). E che il minimo intervento in quell’articolo – tra i molti richiesti – è stato dettato solo dalle ragioni di disponibilità detta, e per contraccambiare quella che avevamo ricevuto nel lavorarci. E che quella raffigurazione supponente di come siano andate e come vadano le cose nelle scelte del Post è infondata e presuntuosa.

p.s. avrei spiegato queste cose anche sotto il video su YouTube pubblicato dal professor Cionci, ma lui ha ritenuto che fosse meglio non far sapere, e ha cancellato due volte il mio commento: come è nel suo diritto.

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