Spiazzato dai celebrati successi dei due maggiori partiti (uno sempre secondo, ma vabbè), il bisogno permanente di prendersela con qualcuno si è dedicato nei giorni scorsi, dopo le elezioni europee, ai due falliti tentativi della divisa compagnia Bonino Renzi Calenda. Quel bisogno permanente di indignazione, e di affibbiamento ad altri delle responsabilità, è sempre poco razionale, e spesso truffaldino e in malafede: ma gli segnalo comunque una cosa, perché a volte si porta dietro ingenui consensi. Quello che è successo è che c’era uno “sbarramento”, per norma di legge elettorale, e lo sapevano tutti gli elettori; quello che è successo e che tre partiti – tre partiti, non una scissione della vigilia – avevano deciso di presentarsi come due partiti; quello che è successo è che avevano rinunciato a presentarsi come uno, a valle di proverbiali scazzi ripetuti e di dimostrata intemperanza e mancanza di fiducia reciproca di due dei loro leader; mancanza di fiducia che la storia ha dimostrato abbastanza comprensibile e condivisibile, e che avrebbe reso del tutto credibili nuovi disastri in caso di alleanza; quello che è successo è che ogni previsione, comunicata e conosciuta da tutti, diceva che fosse del tutto plausibile che nessuno dei due raggiungesse lo sbarramento.
A fronte di tutto questo, e in piena consapevolezza, prendendosi i rischi del caso come chi vada a fare un picnic quando le previsioni dicono “possibili piogge”, un milione e mezzo di persone ha deciso di provarci lo stesso e di votare l’uno o l’altro partito. In piena consapevolezza e responsabilità, a fronte di uno scenario chiarissimo, potendo scegliere altrimenti, e considerando il rischio di disperdere il proprio voto.
È andata che ha piovuto.