La prima volta che in Francia – e nei paesi come il nostro, attenti a cosa succede in Francia – è stata messa in scena la “resistenza compatta contro il pericolo di una vittoria elettorale delle destre” era il 2002. Al ballottaggio Jacques Chirac divenne presidente col sostegno anche di una gran parte della sinistra, e sconfisse il candidato fascista Jean Marie Le Pen che al primo turno era arrivato secondo.
Da allora la campagna elettorale francese è quasi sempre stata così: e ogni volta la vittoria delle destre peggiori è sempre più probabile, e ogni volta respinta con più fatica, e ogni volta la resistenza celebrata. Gli antifascisti vincono le elezioni. Ma in mezzo tra un’elezione e l’altra, evidentemente, vincono i fascisti, se poi ogni volta ci vanno più vicini: e ogni volta le condizioni si ripropongono in peggio.
Ora prendiamo l’Italia. In Italia la politica dei partiti progressisti e di sinistra si è dedicata negli ultimi tre decenni soltanto a “combattere le destre”, o ad alleanze sgangherate e fallimentari per “fermare le destre”: quello che è cambiato, nel tempo, è che le destre sono diventate più destre, che a pensare che la destra da combattere trent’anni fa fosse Berlusconi ora ci viene da ridere, o della nostalgia, e soprattutto: che le destre hanno vinto. Hanno iniziato a vincere subito, nella edulcorata forma berlusconiana, e più a sinistra si proclamava “resistere, resistere, resistere”, più vincevano e più diventavano peggiori e simili a quelle francesi, che si erano subito dichiarate. Hanno vinto soltanto dicendo: guardate le sinistre. E le sinistre si sono fatte guardare ben bene.
Quello che forse succederà in Francia domenica, è già successo qui, ma è di fatto già successo nella Francia stessa. Non è solo “la vittoria dei post fascisti” e del razzismo, e dell’analfabetismo culturale e civile: è la sconfitta di una politica di sinistra – interpretata da partiti, mezzi di informazione e una cospicua quota di “società civile” – dedicata solo a indicare il nemico, a “resistere”, ad allarmare (con buone ragioni eccome, ma sterili in termini di consenso) e incapace di fare quello che dovrebbe fare un progetto politico, ovvero “costruire un’alternativa”, perdonatemi l’espressione tanto retorica quanto reale (la sola grande vittoria del PD, ad alcuni seccherà constatarlo, è arrivata quando si è comunicato un progetto e un approccio nuovo). Espressione – l’alternativa – da leggere letteralmente: la sinistra non solo non ha costruito l’alternativa, ma si è comportata spesso con gli stessi metodi e approcci della destra, non capendo che fossero metodi e approcci di destra e che avrebbero concorso a peggiorare le teste di tutti. Primo tra tutti, la strategia di indicare un nemico piuttosto che proporre soluzioni ai problemi e visioni di un progetto: la stessa cosa che le destre fanno con l’immigrazione, per esempio, ma un po’ con tutto, dal pericolo comunista in poi (tuttora in voga).
Intanto, senza colpi di stato o dittature, le persone democraticamente votano le destre: sempre di più, sempre più destre, legittimamente e giustamente al potere.
E così, ora si spera che le destre fasciste siano battute in Francia. E che Meloni non rivinca fra tre anni. Combattiamo. Raccontiamocela. Salvo che per l’esteso indotto dei “professionisti della resistenza” (politici, mediatici, capricciosi da bar), non è andata benissimo fin qui.