“Se lo passano come una nuova droga”

“Non c’è nessuna schiacciante necessità di leggere la prefazione. Davvero: è lì soprattutto per l’autore e per quelli che, dopo aver finito il libro, per qualche motivo si sono trovati senza nient’altro da leggere. Se avete già letto la prefazione, e vorreste non averlo fatto, ve ne chiediamo scusa. Avremmo dovuto avvisarvi prima”.
Inizia con questo bislacco avvertimento l’introduzione a A heartbreaking work of staggering genius (“Una straziante opera di sconvolgente talento”), il romanzo di un ventinovenne scrittore statunitense, Dave Eggers, che la stampa americana sta incensando quasi unanimemente da due mesi e che i lettori tengono da otto settimane nelle prime posizioni della classifica dei bestseller del New York Times: “se lo passano come una nuova droga”, ne ha scritto il quotidiano.
Cos’ha di straordinario il libro di Eggers, per aver messo d’accordo critica e pubblico? Il libro racconta con la freddezza e l’umorismo già presenti nelle prime righe alcuni anni della giovinezza dell’autore: quelli in cui i cui entrambi i genitori morirono di cancro a poche settimane di distanza l’uno dall’altra, lasciandolo a ventun anni a occuparsi dell’educazione e della crescita del fratello di otto. La tragica situazione e le sue implicazioni sono raccontati in modo aperto, privo di delicatezze, spesso comicamente commovente: come avviene nella drammatica ed esilarante sequenza in cui il protagonista cerca con esiti fallimentari di disperdere le ceneri della madre. La tragedia familiare e l’educazione del piccolo Toph sono i due temi conduttori che affascinano i lettori americani. I due ragazzi crescono in un rapporto che a momenti è di amicizia quasi coetanea, e in altri di padre e figlio, tra case affollate da biancheria e piatti da lavare, reti da ping-pong sul tavolo da pranzo, esibizioni di frisbee e lezioni di vita piuttosto anomale. 
Ma è la capacità di scrittura che ha scatenato gli entusiasmi dei recensori. Eggers, che oggi vive a Brooklyn, ha creato un modo di scrivere minimalista e ironico assieme, togliendo al minimalismo la freddezza e il distacco che gli sono propri, e coinvolgendo i lettori con uno humour di basso e ingenuo profilo. Non sono mancati, anche fra i suoi stessi sostenitori, i dubbi sull’autoindulgenza di questo stile e sulla captatio benevolentiae che il narratore nasconde nel continuo mettere le mani avanti su quel che il lettore può pensare (“L’autore riconosce che no, non è l’unico al mondo ad aver perso entrambi i genitori: ma è l’unico con un contratto editoriale”). Ma lo stesso lo hanno paragonato a Kierkegaard e Joyce, e la temutissima Michiko Kakutani del New York Times lo ha definito di “sorprendente talento”, malgrado il quadimestrale letterario diretto da Eggers, McSweeney’s, l’avesse presa in giro nel suo primo numero (“la sua recensione vale fino all’ultimo penny che mi è costata”, dice ora Eggers). McSweeney’s, rivista del tutto originale, nata nel 1998 e stampata in Islanda, vende 12 mila copie a numero, ma è oggi diventata uno dei più particolari fenomeni culturali di internet. Gli articoli, che vanno da “Karl Marx e Letitia Casta: due vite parallele” a “Avvisi attaccati sulle porte dei laboratori del MIT”, “Eliàn, il musical” e “Anche se non ne sono certo, ho il sospetto che questa diva di Hollywood che sto intervistando sia sfiorata dal pensiero di fare del sesso con me”, hanno lo stesso stile del libro e un taglio anticonvenzionale che prende in giro i luoghi comuni della letteratura e del giornalismo istituzionali.
Contrapposto dalla stampa al giovane Jedediah Purdy, che pochi mesi fa aveva guadagnato l’attenzione dei maggiori giornali col suo saggio contro l’ironia, Eggers si dice “confuso” dal successo del libro e lo attribuisce al carattere tipografico: “la gente ama quei font”. Ma i suoi rari critici, con in testa il New York Observer, lo accusano di vanagloria e falsa modestia. Insofferente delle accuse e altezzoso con la stampa, lui risponde più di buon grado ai lettori di McSweeney’s (“i lettori ci mandano qualsiasi cosa – lettere, regali e anche soldi – tutto fuorché calzini, che sono l’unica cosa di cui avrei bisogno”), ribattendo alle critiche: “Non sto a pensarci, quando mi chiamano per parlare della rivista o del mio stupido libro: se vi sembro troppo inflazionato, forse leggete troppi giornali. Ne basta uno.”

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