Una confessione su Zalone

Tra i molti estimatori del film di Checco Zalone è facile individuare quelli che “oddio, se dico che non mi è piaciuto mi danno dello snob che non capisce il paese reale”, i quali si costringono ad artificiose argomentazioni per raccontare che si-sono-molto-divertiti-e-lui-è-tanto-buffo. Secondo me, alcuni di loro hanno anche riso forte nei cinema per paura che li notassero silenti o perplessi e la polizia del pensiero li venisse a prendere.
Confesso di essere stato vilmente contagiato dallo stesso timore, nei pensieri che avrei voluto condividere già ieri, quando ho visto il film: sala quasi deserta – lo avevano già visto tutti, evidentemente – ed ero andato curioso e convinto che tanto successo mi avrebbe mostrato più un umorismo genere Aldo, Giovanni e Giacomo che un cinepanettone.
In realtà non è nessuno dei due. E ora lo scrivo: è un film deboluccio, che a me fa ridere cinque-sei volte nell’arco di circa 200 gag (quella conclusiva, la migliore di tutte). Così deboluccio che non saprei neanche cosa scriverne per spiegarlo meglio: volevo solo non sentirmi vile, mettere a verbale per quelli che non l’hanno visto che no, non è un capolavoro di comicità originale e inventiva. È il vostro compagno di università, quello buffo e divertente, che ha messo in un film le battute che faceva nel viaggio da pendolari verso le lezioni universitarie (“ho molti amici Zalone”). E che ha costruito un personaggio troglodita e cialtrone con cui sfotte diversi bersagli umani (quasi tutti datati: new age, Pravettoni, aristocratici, cose così): con un’ambiguità geniale, dal punto di vista di lisciare il pelo al pubblico; perché tra il suddetto pubblico gli sfottuti pensano che il deriso sia il troglodita, e i trogloditi pensano sia lo sfottuto ed escono tutti contenti (Brunetta che ha deciso fosse un film pro-berlusconiano è l’esempio massimo di questo fenomeno).
Poi qualcuno costruirà dei raffinati alibi per le cose più bieche che il protagonista – alla fine personaggio positivo, la storia è sul suo bel rapporto col bambino, di fatto – dice in un paio d’occasioni: che sono-satira-e-bla-bla-bla. Ma ci scommetto che la maggior parte del pubblico ride complice, quando si fanno battute contro le lavoratrici in maternità o simili.
Troppe pretese per un “film che fa ridere”? Ok: allora a me ha fatto più ridere da solo il trailer del cinepanettone-soft che ho visto prima dell’inizio del film, quello con Abatantuono. Sarà che tutto ciò che ricorda il primo Vacanze di natale ci commuove sempre, a noi intellettuali snob.

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro

8 commenti su “Una confessione su Zalone

  1. pizzeriaitalia

    Al di là di Zalone, che dal vivo come cabarettista/cantante è strepitoso (e volgarotto), credo ci sia un problema di scrittura, di sceneggiatura dei film. Alcuni “personaggi” (Aldo, Giovanni e Giacomo… ad esempio) sono straordinari nelle loro cose…, nei loro tempi comici e nella capacità di interagire, improvvisare l’uno con l’altro. Se si prolunga lo sketch di 4 minuti in un film di 90…, per di più con la pochezza (media) delle sceneggiature italiane…, il paragone è impietoso. E se Brunetta lo “arruola”… di che parliamo?

  2. uqbal

    L’umorismo di Checco Zalone è esattamente quello che dice Luca. Però come cabaret in genere funziona ed effettivamente fa ridere, e pure tanto, sia pure senza troppo impegno e senza troppa profondità (qualche spunto però in “siamo una squadra fortissimi” e in altri sketch delle origini c’era…).

    Poi c’è questa cosa per cui i comici, anche i più bravi, devono farsi consacrare da un film o quantomeno far fruttare la notorietà acquisita. Ci è passato anche Guzzanti, che pur mantenendosi su un piano originale e non privo di eleganza (Fascisti su Marte) non è che sia diventato per questo uomo di cinema (e il suo film non ha proprio fatto storia, ecco). Anche la Litizzetto fa comparsate assai dimenticabili, e anche Albanese tutto sommato non è che abbia prodotto chissà cosa.

    Non è facile capire se Zalone abbia delle idee. Di certo la comicità italiana ha un lato conservatore, che forse è quello prevalente. Basta sentire come Brignano parla delle donne. Zalone è quello che stempera ridendo, ma allo stesso tempo banalizza. E non mi pare che Pieraccioni sia molto diverso.
    Non giudica male l’omosessualità, ma non un omosessuale non lo considererà mai altro che una macchietta. La parità di genere va bene, ma alla fine “quante storie”. Essere un truzzo incapace ma grottesco tutto sommato porta a casa la pagnotta, e che vogliamo stare a fare i filosofi?
    Alla fine del primo film di Zalone ero irritato non solo per le situazioni grottesche che servivano per i soliti siparietti da commedia rusticana, ma anche per il finale super-assolutorio (“E’ un deficiente ignorante, però è verace… e in c..lo a tutti quelli che si sbattono seriamente”).
    In aggiunta a tutto questo, ci sono gli sceneggiatori che sono molto attenti ad evitare qualsiasi idea che possa anche soltanto vagamente variare lo schema.
    Tocca sorbirselo, e meno male che almeno qua e là fa ridere.

  3. Joeturner

    Certo che ormai ridere è diventata davvero poca cosa…Come possa uno come Zalone essere considerato un comico davvero stupisce. Se avete frequentato i villaggi turistici degli anni 80 se ne trovavano a vagonate di personaggi così e forse anche più bravi e preparati. Mi stupisco che si faccia la recensione di un tale nonnulla. Che siamo sovrastati dal cattivo gusto non è certo una novità ? Ma sprecare del tempo a parlarne ? Basterebbe guardarsi un po’ intorno tipo una cerimonia dei premi televisivi in US o UK per capire la differenza. Avete dato un’occhiata a cosa produce quotidianamente la BBC tra serie e miniserie mentre noi ci sorbiamo e godiamo i Cesaroni o Terence Hill Don Matteo ! Caro Sofri faccia una recensione di qualcosa che qui in Italia non trasmette nessuno se non via cavo di nascosto a orari improbabili. Sarebbe più utile…se vuole mi presto io che scandaglio internet per trovare qualcosa di bello, divertente e/o serio da vedere e di andare al cinema a spendere soldi per Zalone non mi ha neppure sfiorato l’idea…che tristezza. Amen.

  4. fafner

    La rivoluzione culturale però riposa in altro aspetto. Brunetta ha detto: Checco Zalone è berlusconiano, o sia positivo, moderato, anticomunista. Tutto questo è politico. Fino all’altro ieri, da quelle parti si predicava che la satira non deve fare politica. Il Paese rovinava, però fiorivano le discussioni (destra, centro, terziste) sulla satira a senso unico, la propaganda mascherata di Luttazzi e soprattutto di una Guzzanti, programmi da chiudere o da aprire, riequilibri, e risate per decreto.

    Siamo talmente smemorati e proni al condono che oggi consentiamo a Brunetta di avere un’estetica sulla comicità, e quasi di aprire un dibattito culturale. A lui.

    Io, per me, penso che il nuovo corso sia stato ufficializzato dall’imitazione di Ingroia recitata da Crozza. Una meraviglia dell’arte, ma distruttiva sul piano elettorale come mai prima. Guarda un po’, non se ne è lamentato nessuno. Non certo il Pd, certo non quel Pdl che tanto lamentava le influenze dei comici che spiegavano quello che le tv e i giornali tacevano. Albertini addirittura imitava Ingroia a modo suo, e poi imitava Crozza che imitava Ingroia (ma anche Ingroia ha imitato Crozza che imitava sé).

    Non Zalone, ma gli apprezzamenti che riceve sono una geniale satira del Paese.

  5. pifo

    Ma visto che ci stiamo confessando … diciamoceli tutti i peccati: anche i primi due di Zalone non erano, a parte qualche passaggio teatrale ben riuscito, ‘sta grande rinascita della commedia comica italica.
    A me sembra che la generazione comica (se si eccettua qualcosa del trio Aldo-Giovanni e Giacomo) “post No stop” abbia sostanzialmente fallito nelle sue esperienze cinematografiche (Albanese compreso!).
    Dopo i Nuti (non tutto!), I Verdone (non tutto!), i Troisi (tutto!) e i Benigni (non tutto!) e’ venuta meno la capacita’ di strutturare la propria comicita’ su delle sceneggiature solide ed elaborate da “altri” che sceneggiatori lo erano davvero.
    Il macchiettismo cabarettistico fa ridere, certo, e fa anche riflettere ma alla lunga non basta per concretizzare quella piacevolezza narrativa che ognuno di noi si aspetta di ricevere al cinema.
    Al largo delle grandi trovate zaloniane i film di Checco sono come abbandonati alla deriva, nella bonaccia, in attesa che un alito di vento del genio comico pugliese li riprenda a spingere in qualche direzione.
    E poi siamo difronte ad artisti che stentano ad uscire dal recinto delle loro performance abituali. Artisti ai quali puoi fare interpretare 100 personaggi diversi, parimenti comici, ma nei quali difficilmente riuscirai a scorgere una reale indipendenza dai quei percorsi televisivi che li hanno ormai caratterizzati.

  6. lorenzo68

    Io ho delle difficoltà per definire se sia più comico Zalone o l’INPS che non eroga con continuità mensile (un mese 200€ e quattro mesi dopo 500€…nel mezzo l’abisso) il sussidio ai padri di famiglia che hanno perso il lavoro.

  7. tonio

    Dai, non è poi così facile far ridere 5/6 volte una persona cinematograficamente esigente. Promosso Zalone.

Commenti chiusi