La discussione sui commenti nei blog e nei siti in genere è complessa e vivace da molto tempo. Sta a sua volta dentro più ampie discussioni sul web 2.0, sulla democrazia diretta, sulla meritocrazia, sulle competenze e sulle regole, sulla saggezza delle folle, insomma un gran casino. Perché non si riduce solo a “commenti sì versus commenti no”, ma conosce anche molte opzioni intermedie e molte valutazioni diverse sul contenuto e sulla qualità e sull’uso dei commenti.
L’unica considerazione in questo gran casino che riesco a fare con qualche certezza è la stessa che le democrazie fanno rispetto all’applicazione estesa della democrazia: cioè che è un principio idealmente auspicabile ma concretamente inattuabile e persino controproducente. Per due ordini di motivi. Il primo è che se tutti intervenissimo su ogni singola decisione che ci riguardi, il funzionamento delle nostre società sarebbe bloccato. Quindi abbiamo convenuto che le democrazie siano “rappresentative” e che si faccia grande uso della delega. Il secondo è che se tutti intervenissimo su ogni singola decisione che ci riguardi, quella decisione sarebbe probabilmente sbagliata: perché ci mancano le competenze, la visione e l’equilibrio necessari a prendere la decisione migliore, nella gran parte dei casi (su questo, vi consiglio la lettura di “Nudge“). Quindi abbiamo convenuto che le democrazie rappresentative scelgano i propri rappresentanti democraticamente sulla base di criteri che dovrebbero essere appunto di efficacia, affidabilità, competenza.Ecco, io penso della condivisione e delle “conversazioni” in rete cose simili a quelle che abbiamo acquisito sulla democrazia. Penso sia giusto e buono che ci sia un grande spazio in cui ognuno può dire la sua, ma penso anche che ci debbano essere occasioni e spazi in cui la priorità sia la produzione di idee, contenuti e pensiero, in cui sia incentivata la qualità e l’innovazione, in cui tutta questa condivisione e dibattito abbia delle sintesi (che poi generino ulteriori condivisione e dibattito). Insomma penso che libertà non significhi liberi tutti, e che in certe occasioni l’indulgenza nei confronti delle conversazioni limiti l’arricchimento dei contenuti. E intendo questo e non una sillaba in più di questo.
Per venire a questo blog, per esempio: ho sempre pensato di avere trovato una mediazione proficua e gestibile del rapporto con i suoi lettori attraverso un ricco e complice uso della posta elettronica, o più di recente di un ambito più familiare come FriendFeed. Questo blog non ha i commenti, si sa, perché quando è nato tecnicamente non consentiva i commenti e i commenti erano allora vissuti come un optional (secondo me a ragione): il blog dava altre e nuove opportunità di espressione personale, mentre la discussione ne era un accessorio e aveva già da tempo dei suoi spazi e servizi efficaci. Poi, quando tecnicamente questo optional è diventato accessibile, mi sono detto che non sarei stato in grado di gestire con il tempo e l’attenzione necessari i commenti: dicevo per scherzo che avrei aperto volentieri i commenti solo se mi fosse stato impedito di leggerli. Che non sarebbe stato un gesto beneducato. E ha quindi prevalso una logica che in qualunque contesto è sempre imbattibile fino al giorno in cui viene battuta: se ho fatto a meno finora, posso fare a meno ancora.
Ieri però ho letto questo pezzo di Jeff Jarvis, e mi è piaciuto. Non mi ha convinto del tutto, perché la tesi che internet sia “uno spazio” e non un mezzo dovrebbe implicare anche che parti di questo spazio siano private o semiprivate. E il parallelo con gli spazi “reali” e con l’eventualità che qualche fesso ti imbratti i muri di casa se tu non gli parli dovrebbe prima di tutto dichiarare che quello è fesso, punto. Però Jarvis ha ragione dove suggerisce una maggiore assunzione di responsabilità da parte di chi possiede ampie mura, e ha ragione quando supera la questione di chi sia nel torto: attribuire i torti non risolve i problemi. Insomma, non sto a farla ulteriormente lunga: facendo traboccare un vaso colmo di annose riflessioni e progetti futuri, Jarvis mi ha convinto. Da ieri, i nuovi post di Wittgenstein sono commentabili da chiunque si registri fornendo una sua mail – la mia è qui a sinistra – che mi pare un’assunzione di responsabilità minima rispetto all’intenzione di discutere e costruire idee, suggerire notizie o informazioni (e vi confesso che troverei apprezzabile l’uso di un nome e cognome, da adulti). Le cose cambiano.
Wow! Le cose cambiano davvero!
Grazie!
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rivoluzione copernicana per questo sito.
io sono d’accordo. nel mio piccolo cercherò di dare qualche micro-contributo.
Trovarsi i muri di casa imbrattati può essere un inconveniente seccante, ma non permanente.
Per il resto, ottima scelta: i commenti sono effettivamente un optional, ma spesso sono utili.
Scrivo un commento per dire che a me generalmente non piacciono i commenti.
caro Luca, per dimostrarti quanto apprezzo il gesto, ho deciso di comparire con nome e cognome, invece del più conosciuto soloparolesparse…
Il post di Jarvis è coraggioso, in linea con la sua politica di trasparenza totale (vedi i post sulle conseguenze del suo cancro alla vescica).
Ma la faccenda è più complicata di così e ci sono altri fattori che lui non considera e che a me pare influiscano molto sul tipo di commenti che riceverai: gli argomenti di cui parli, il tono con cui ne parli e la provenienza dei visitatori.
E poi in Galleria non ti metti a discutere col matto che grida in mezzo alla folla; nei commenti invece…
Mi ricordo le BBS – erano gli anni ’80 o ’90? – se vedevi un thread senza commenti ti veniva da commentare per non far sentire ignorato l’autore. Anche incontrare un troll era meglio di niente. Forse è per questa esperienza che trovo incomprensibile chi entra in rete chiedendo di essere lasciato in pace. Per cui pollice alto e lascio un graffito (non ricordo dove l’ho letto): “Non è previsto che si scappi da un leone per settimane.”
Consapevole della scarsa difendibilità della mia posizione (visto che sto scrivento un commento) dico che forse mi piace più l’idea di un blog senza commenti.
Evviva. Credo che l’apertura dei commenti sia quasi sempre positiva tranne che in blog come Grillo dove non c’è alcuna volontà di moderazione. Ma quelli son blog politici questo no.
Jarvis ha ragione ma come dice Gaspart la questione è assai più complessa perchè raramente i commenti abbiano aggiunto valore tale da essere più importanti del post: spesso questo è accaduto su Friendfeed, Facebook, cioè la conversazione inizia da una parte e finisce altrove, neanche nei commenti.
http://blog.nielsen.com/nielsenwire/global/global-audience-spends-two-hours-more-a-month-on-social-networks-than-last-year/
Bisogna che ne parli di più, delle questioni ‘di democrazia diretta, di meritocrazia, di competenze e regole, di saggezza delle folle, insomma di tutto quel gran casino’. Ce n’è bisogno, di questi tempi, e tanto più servirà che se ne parli nei tempi che ci aspettano (“Elezione diretta, decide la gente” titola minacciosamente in questo momento Repubblica.it, evidenziando quella specie di terrificante logica ad anello nella quale siamo rinchiusi).
(Il ‘paternalismo libertario’ di “Nudge” assomiglia molto alle teorie che organizzano la disposizione degli spazi espositivi di un qualunque moderno supermercato – con qualche decennio di ritardo – e la definizione stessa potrebbe essere benissimo sottoscritta dall’anziano proprietario di una icona della grande distribuzione del norditalia.)
Sono contento della “svolta” del blog, e sono d’accordo con scirocco: c’è bisogno di un posto dove parlare di regole, competenze, democrazia.
Ma un posto pulito, dove si respira aria buona e non viziata dal qualunquismo e dalla superficialità.
Questo è uno di quei posti.
Bene, bravo! :)
Però sul nome e cognome non sono d’accordo. Non è l’uso o meno di un cognome che fa una persona più o meno adulta (intendevi credibile?), ma quello che dice.
A cosa serve il nome? Sicuramente non a identificare una persona. Perché, e non vorrei offendere nessuno qui, se uno si firma Mario Rossi, a me non dice assolutamente niente e finisce che gli unici a essere identificabili sono quelli con nomi poco comuni.
Finalmente, Luca! :-)
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Già alla apertura ufficiale di post c’è qualcuno che dovrebbe essere bannato. Peccato; gli italiani sui blog aperti sono come al Bar Sport, caciaroni, incontenibili e di solito fuori tema. Vedasi il confronto con qualsiasi blog estero, ad esempio http://thecaucus.blogs.nytimes.com/
Almeno Al Bar Sport di Stefano Benni faceva ridere…
W rischia di diventare come il blog di Beppe Brillo, con i commenti pieni di spam e di mitomani. Come farai a moderarli?
Si e’ all’ABC ma da qualche parte si deve pur cominciare. Sarebbe bello un sistema di voto dei commenti (il classico + o -) in modo da poter organizzare la lista in base a quanto il resto dei commentatori pensa sia utile o pertinente. Passo successivo la creazione di microthread in modo da poter rispondere al singolo commento e non perdere ogni possibilita’ di seguire alcuna discussione in un mare di 10 diversi topic e tanto rumore (sindrome da friendfeed). Non necessariamente nome e cognome sono sempre positivi: un commento anonimo ha il valore di un commento unico e senza reputazione: un nick ha una identita’ propria: se una persona spende tempo a creare una reputazione al proprio pseudonimo (specie se multipiattaforma e non unico come in questo caso) commenta di conseguenza (l’utilizzo del karma come punteggio di misura dell’autorita’ di un nick). Trasportare i limiti dell’identita’ real life (che ha parametri meritocratici ridicoli e equilibri famiglia/lavoro/carriera) non hanno spesso alcun senso online.
beh, io sono contento. In qualche occasione in passato avrei voluto dire la mia. Bravo Luca.
Da un tuo detrattore: mi sembra un’ottima cosa.
Ciao,
Alessandro
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Bravo.
Le cose cambiano… le persone pure. :)
Per un blog visitato come questo, mi sembra un’idea pericolosa e rischia di finire come in quello di Grillo. Vedremo.
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Mi sembra un’ottima notizia ed una decisione saggia. Grazie per la fiducia.
le cose, [virgola] cambiano
Luca, non ho letto Nudge, ma come tante altre cose che hai consigliato da quando ti seguo, molto probabilmente lo farò. Ma non credo che la democrazia rappresentativa sia la forma migliore per prendere decisioni cha abbiamo a disposizione: come diceva Churchill è la peggiore, escluse le altre. Credo che semplicemente non abbiamo ancora concepito o reso praticabile altre forme di decisione collettiva che coinvolgano effettivamente ognuno di noi in modo concreto e utile. Mai sentito parlare di saggezza della folla? E di http://dotmocracy.org ?
Io sulla saggezza delle folle ho cospicue riserve, ma sono così ovvie che magari mi sbaglio e le folle la sanno più lunga di me.
Sono una tua lettrice senza nome (spero perdonerai),, la prima volta che lessi wittgenstein, mi dispiacqui per la mancanza dei commenti,,, mi sembrava una scelta comoda e che evitava il confronto. Ma poi ho iniziato a leggere i blog, oltre al tuo, tanti blog,, e mi sono fatta l’idea che i commenti in rete non equivalgano a un vero confronto, perché i silenzi (che pure vorrebbero/avrebbero da dire) sono incommensurabilmente più numerosi. Così mi ero affezionata a questo Wittgenstein a porte chiuse, dove imparavo un sacco di cose e mi era (per fortuna) impedito di scrivere scarabocchi o parole come ‘incommensurabilmente’. Ma,, hai fatto bene. purché tu senta la libertà, anche domani, di poter tornare indietro.
Ebbravo
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Un ulteriore spunto su questo tema lo dà il blog “Il Giornalaio”:
http://giornalaio.wordpress.com/2010/03/26/conversazioni-e-commenti/
La prima volta che ho letto il blog sono rimasto indispettito dalla assenza di commenti. Mi sembrava soltanto un po’ arrogante, ma non ci avevo riflettuto molto.
Comunque ho continuato a seguirlo e nel tempo ho apprezzato la scelta. Adesso non condivido il cambiamento.
Credo che la possibilità di commenti esista comunque attraverso l’integrazione di diversi strumenti come twitter o ff. In quei casi è limitata alla rete sociale ma è simmetrica: è un gruppo di persone note che discutono, e c’è sempre la possibilità di ampliarla.
Questi commenti sono asimmetrici: esiste un’autorità moderatrice che per quanto coincida con l’autore (forse?) non interviene a rispondere (come ci si aspetterebbe dall’autore).
Infine ci sono problemi di fruizione: sono interessato ai commenti (soprattutto ora che ho partecipato) ma trovo scomodo dover accedere a questa pagina. Vorrei mail di notifica perché alla fin fine, rimane lo strumento principe di segnalazione. O sono imbranato io?
Nel 2005 ci siamo incontrati la prima volta a Firenze durante la tua partecipazione, dentro la sfortunata manifestazione “Nuovo e utile”, a un convegno sulla rete organizzato dagli ottimi sofi e granieri. Al tempo ti chiesi perché avevi rinunciato al confronto trasparente e alla luce del sole con i tuoi lettori, adducendo che fosse il vero valore aggiunto portato in dote dal blogging. Tu mi rispondesti, tagliando corto, che quello della mancanza dei commenti sotto i post di Witt era un non problema e che questo non ti impediva di mantenere un dialogo vivace e costruttutivo con i tuoi lettori. Via Mail.
Aggiunsi che mi sembrava un peccato che quel confronto avvenisse in privato, poi la cosa è finita lì.
Lieto che tu abbia cambiato idea e curioso di vedere cosa porterà.
Oggi ero a Roma a un dibattito con anziani blogger – capelli bianchi su ogni singola testa fuorché su quelle delle signore – e ho provato a spiegare meglio perché abbia provato questo esperimento. Non ho esattamente cambiato idea: continuo a pensare le cose che ho scritto in questo post e continuo a pensare che il rapporto tra costi e benefici – per me, sto parlando di me, del mio blog, della mia vita, del mio modo di fare le cose: non di altri – di avere i commenti penda più dalla parte dei costi. Ma penso anche che i tempi impongano di raccogliere brandelli di benefici ovunque si manifestino, anche a costo di aspettarli fuori al freddo tutta la notte. Alle brutte rincaso e voi ve la cavate da soli.
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