Bella analisi di Ivan Scalfarotto su quali sono le scelte che si offrono al PD: ripensarsi modello e progetto e visione di un futuro e di un paese, o limitarsi a essere uno di quelli a cui per strada qualcuno chiede se dà una mano a spingere la macchina in panne. Poi la macchina parte e il guidatore senza girarsi ringrazia, con la mano (estemporanea metàfa mia).
Potremo tornare credibilmente al governo (e non solo per la soddisfazione effimera di vincere le elezioni) quando avremo una leadership in grado di rappresentare un progetto radicalmente innovativo e dotato di una grande forza magnetica. Niente governissimi e niente abbracci mortali di gruppo. I grandi paesi del mondo procedono per linee spezzate: l’America di Obama non è quella di Bush e quella di Bush non era quella di Clinton; la Gran Bretagna di Cameron non è quella di Brown e quella di Blair non era quella di Thatcher; anche appartenendo allo stesso partito, Sarkozy non era certo il candidato preferito di Chirac. L’Italia, invece, è il prodotto di una lunga curva ininterrotta e ormai stancamente piatta che ci ha condotto sin qui. Se ne abbiamo la forza e la capacità, l’unica possibilità vera è di metterci un punto. E andare, finalmente, tutti insieme a capo.
Macchina che, peraltro, si rifermerebbe qualche chilometro dopo. C’è bisogno di cambiare batteria, se non motore, se non la macchina stessa.