Io non pretendo che la capisca Berlusconi, il quale o è fatto come è fatto o non la vuole capire. Ma almeno a Giuliano Ferrara, che in due colonne sul Foglio rinnova la sua eccitazione per un PresdelCons che rivendica la sua più bassa umanità di fronte ai “puritani” (presto diremo puritani e bacchettoni a chi esprima perplessità sullo sfruttamento della prostituzione, e poi lo stupro, eccetera), vorrei metterla così: se io non abuso del mio potere e non racconto balle chiamando una questura per ottenere la liberazione di una ragazzina a cui ho regalato soldi e gioielli incentivando le peggiori inclinazioni che una ragazzina possa avere, sono uno che non ama la vita e le donne?
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Al pari del suo datore di lavoro, Ferra<ra e' un caso perso: uno che pesa – dice un antico adagio – inutilmente sulla terra.
Luca, hai commesso un errore logico che è questo.
Ciò detto convengo che l’argomento di B. è parte della lunga pratica (partiamo da molto lontano) di normalizzazione del anormale.
Ci sono solamente tre spiegazioni plausibili: l’intelligenza che, in ogni caso, riconoscevamo a Ferrara è effettivamente evaporata col tempo ed il direttore del Foglio si sta, da tempo ormai, avvitando in una spirale di follia. Oppure Giuliano Ferrara è lucidamente consapevole della maliziosità (immorale) delle sue tesi, ma qualunque stratagemma va bene allo scopo di piegare la realtà ai suoi interessi. O, infine, un misto delle due.
Mi ha molto colpito l’accenno di Ferrara alla sua “classe sociale di piccola borghesia intellettuale” – una categoria leninista – e il suo moto di autocritica verso la propria prima reazione, evidentemente dettata da quella che egli deve avvertire come una cultura ‘reazionaria’ rispetto al libertinaggio berlusconiano.
E’ sorprendente quanto dogmatismo staliniano ci sia ancora negli orizzonti mentali del direttore del Foglio.