Il libro di Francesco Piccolo, come hanno scritto in molti, è bello: è un libro paraculo nel senso apprezzabile del termine. Nel senso in cui sono genialmente paracule certe canzoni, o certe campagne elettorali: riuscire ad agitare le tue emozioni e a coinvolgerti, facendoti apprezzare una cosa approfittando della tua vanità di ritrovarti, è una cosa buona e proficua quando sono emozioni commoventi o affettuose. Piccolo racconta molte cose di sé fingendo di raccontarle per me, e al tempo stesso racconta molte cose di me fingendo di raccontarle per sé. Finisce che salti sulla sedia riconoscendo degli atteggiamenti o delle osservazioni “uguali precise identiche” alle tue, e ti rallegri anche di quelle che invece trovi lontane e persino disdicevoli, confortato dal barlume di tua identità.
C’è solo una cosa in cui ho sentito Piccolo indietro rispetto a una scelta che io invece ritenevo consolidata, tanto lo abbiamo detto negli anni fino a diventare noiosi: quando al telefono cade la linea, a dover richiamare è quello che aveva chiamato la prima volta. Regola. Definitiva.
secondo me il libro promette più di quello che mantiene.
la questione dei passaggi a livello è davvero poco convincente.
gaetano
Luca, ma tu non eri quello che nel giugno del 2010 scrisse “Non leggo libri da mesi e mesi, forse anni: cioè, li apro, ne leggo dei pezzi, o li sfoglio, ma non li riprendo quasi mai. Ne apro degli altri, eccetera. So di cosa parlano, insomma, e anche come sono scritti. Conoscenza superficiale, eccetera: ma io avevo un’attitudine alla conoscenza superficiale già prima che il mondo diventasse a mia immagine ed accoglienza”?
Infatti, non so se hai presente com’è fatto il libro di Piccolo: un centinaio di pagine, tutte di paragrafetti. Una specie di blog.
Infatti, non so se hai presente com’è fatto il libro di Piccolo: un centinaio di pagine, tutte di paragrafetti. Una specie di blog
Sofri, i tuoi endorsement letterari sono il bacio della morte…
secondo me è paraculo nel senso letterale del termine.
mi ha fatto ridere la cosa del taschino sulla giacca dei pigiami da uomo. quello.
E’una graziosa Miscellanea Schott- un genere molto usato negli ultimi anni- di curiosità, tic, debolezze, incongruenze ( l’ episodio del Martello frangivetro dei treni è spassoso ).Desta perplessità che venga collocato nella classifica della narrativa italiana , al pari del bel romanzo di tua moglie, dei libri di Faletti, di De Carlo e Pennacchi. Più correttamente dovrebbe essere misurato coi libri della Littizzetto, di Brignano e di Arbore. E nel confronto, non sembra che sfiguri, anzi… E’ astuto il coinvolgimento empatico del lettore su temi di soddisfazioni minimaliste. Che poi, a ben vedere, sono le più ricorrenti nella nostra vita.
Praticamente Piccolo fa quello che fa Fabio Volo (o chi gli scrive i libri) da molti anni. Il fatto di immedesimarsi nel protagonista nelle piccole cose quotidiane, felici o fastidiose, credo che sia una chiave del successo dei suoi libri, solo che nel libri di Volo c’è almeno un contesto tutto intorno.
Il libro di Piccolo sembra davvero un elenco scritto in 2 giorni in brain storming…