È uscito anche in Italia Indignatevi! di Hessel, che in Francia ha avuto enorme successo. Sembra che il pamphlet debba avere anche nel nostro paese la forza d’incoraggiamento e di coinvolgimento che ha avuto in patria; del resto, già da molti mesi ci era giunta l’eco della sua spinta emotiva. Ma la verità è che se c’è una cosa di cui l’Italia (o almeno quella parte del paese alla quale dovrebbe rivolgersi Hessel) non difetta, è l’indignazione. Se c’è una cosa che la metà della popolazione italiana, dal 1994, ha fatto, è esattamente questa: si è indignata. Se c’è un sentimento che la sinistra italiana in ogni sua forma e incarnazione ha espresso, è l’indignazione.
Nella sostanza, l’unico. Oltretutto, deve trattarsi di un sentimento di cui nemmeno si riesce ad avere consapevolezza, visto che dopo diciassette anni, arriva un libro che si chiama Indignatevi! E tutti urlano: ecco cosa bisogna fare!
Il risultato è che l’indignazione – lo testimonia la storia di questi anni – non ha generato nient’altro. E non è un caso, perché indignarsi vuol dire sentirsi estranei a ciò che accade davanti ai propri occhi; è una reazione civile, ma che respinge ogni coinvolgimento nella realtà. Quindi, al contrario di ciò che sostiene Hessel, vuol dire tirarsi fuori da quello che accade. Non partecipare mai fino in fondo.
Se per partecipazione si intende stare dentro le cose e lavorare per cambiarle, allora il vero slogan che servirebbe adesso, dopo tutto questo tempo, è: Basta, non indignatevi più!
(Francesco Piccolo sull’Unità; ma lo aveva scritto anche Giovanni Robertini sul Post)
Applausi per Piccolo.
Anche perche’ l’indignazione – se esternata – provoca nei non indignati solo repulsione, sospetto, distanza (= ma chi si crede di essere questo qui? ma che vuole?).
Del resto gli appelli fotografici di Repubblica, con il loro dirompente effetto sulla societa’ di oggi, stanno proprio a confermare quanto poco importante sia.
Chi non s’indigna apprezza lo stato in cui berlusca ha ridotto questo Paese. Io non l’apprezzo affatto, e m’indigno ogni giorno di più.
L’aspetto essenziale che Piccolo trascura è che non conta quanti si siano indignati in Italia, ma quanti non si sono indignati. Se mezza Italia si indigna senza posa dal ’94, non mi pare una quota poi così alta, visto di chi e cosa parliamo. E’ eccezionale che l’altra metà non si sia indignata.
Se scippo dieci vecchiette, e se ne indignano cinque, la cosa strana solo le altre cinque.
L’opinione pubblica ha tutto il diritto e dovere di indignarsi. E’ compito della classe politica raccogliere l’indignazione generale e tradurla in proposte concrete. E questo non è stato fatto.
Risultato: B perde consensi di settimana in settimana, grazie alla tanto detestata indignazione popolare, ma i partiti di opposizione più di tanto non se ne avvantaggiano perché non sono in grado di andare al di là del “dimettiti” e di fumose proposte.
Direi piuttosto che l’indignazione è condizione necessaria, ma non sufficiente.
Chiedere le dimissioni, come sembra essere diventata moda, è inutile quando le chiedi ad una persona che se ne frega delle istituzioni, ma pensa solo a se stesso
Boh, anche se mi impegno non riesco a non indignarmi. Cioè, a me servirebbe un manualetto che mi istighi a tenere i nervi saldi nonostante tutto, se proprio.
Si, ok, va bene indignarsi, ma forse non basta:
-“indignatevi!”
-“fatto!… e ora?”
Tanto per cominciare si potrebbe iniziare a smettere di indignarsi per le sparate di B (ultima quella sulla scuola pubblica). Abbiamo a che fare con un troll e invece di ignorarlo lanciamo [sull’Unità] raccolte di firme di scrittori, astronauti, ballerine ._.
This is typical italian mental masturbation about caprin wool faccend….meanwhile, let us indignate, it’s better than nient.
In italian, c’avimm’ a fà? non indignarsi, non chiedere le dimissioni, non gridare al despota… allora? che si fa? l’opposizione in parlamento? io non ci sono, lì! cosa faccio? sto a guardare? dò i voti a quelli che si indignano?
E allora? Muovi!
Io direi, non siete stufi di essere stufi?
Con l’indignazione non si manda a casa nessuno, non si cambiano i governi. In compenso, raccogliere “diecimilionidifirme” di indignati che, in comune, hanno solo l’indignazione, serve a non fare la fatica di chiedere un voto per una politica diversa, per contenuti/obiettivi precisi e alternativi a quella di cui si dice di indignarsi. Tutti insieme contro B… per fare chè? per metterci chi alposto suo?
Se poi, adesso, l’ipotesi elezioni a breve sfumasse veramente, chè gli dici agli indignati firmatari? che non ha funzionato e ci si riprova un’altra volta? Mi pare più utile la proposta (Fassina ?) di incontrare le parti sociali e fare proposte concrete sull’economia, ma ho paura che lì (re)incominceranno i guai e i distinguo (fra gli indignati…)
Era Flaiano? che diceva:
“E la sinistra, la sinistra che fa? Eh beh, la sinistra insorge.”
Cerco su Google questa frase (“la sinistra insorge” tra virgolette) e ne saltano fuori decine.
Ma non basta.
E. Finardi: se solo avessi le idee più chiare allora si che io farei tutte le cose che vorrei, ma siccome le idee chiare non ce l’ho, in casa resterò, ad aspettare e a non fare…
Bravi! fate pure così, tanto a voi che vve frega!