La i di inglese

La prima volta che andai in Norvegia imparai quale straordinario veicolo di colonizzazione culturale angloamericana fossero i programmi in lingua originale e sottotitolati della televisione – telefilm, fiction, film, reti britanniche – ma anche di diffusione della familiarità con la lingua inglese. Quest’anno sono stato qualche giorno in Svezia e ci ho ripensato: sono popoli per cui la conoscenza della lingua inglese non è estesa solo per il livelllo di civiltà, cultura, modernità e per la prossimità geografica e linguistica con la Gran Bretagna: ma anche perché da che esiste la tv una grossa quota dei programmi sono trasmessi in inglese e non doppiati. Finisce che ti abitui.
Mi sono chiesto cosa avremo guadagnato noi italiani se una tv di servizio pubblico avesse cominciato ad abituarci a vedere i programmi in lingua originale fino dai tempi di Happy Days, e poi via via con il boom dei film americani in televisione, con le serie tv e gli show, tutto sottotitolato. Probabilmente sarebbe arrivata Mediaset con le versioni tradotte e avrebbe stravinto con gli ascolti, risponderete voi, dimenticando ancora una volta la logica del servizio pubblico che dovrebbe prescindere dagli ascolti. Ma non voglio dire che andasse fatto: immaginiamo solo che sia stato fatto, da quarant’anni. Saremmo un pochino più colti, più cosmopoliti, più preparati a vivere in questo mondo (come la piccola avanguardia che oggi si scarica dalla rete film e serie tv in inglese). Un pochino, per carità. Pazienza.

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro

21 commenti su “La i di inglese

  1. cristiano valli

    in realtà quel che racconti, accade grossomodo ovunque. facciamo eccezione noi, la spagna, qualche altro paese che si sta rapidamente adeguando.

    è stata la famosa ‘scuola italiana del doppiaggio’, a fotterci. in sudamerica, per dire, al cinema gran parte dei film sono in lingua originale con sottotitoli. si va al cinema dai tre anni in su a vedere i cartoni animati in lingua originale, e s’impara l’inglese prima che a leggere i sottotitoli.

    c’è anche da dire che siamo fra le poche nazioni nell’universo in cui l’inglese [e sempre più spesso anche la lingua dei segni] non si impara facendo conversazione all’asilo, ad una età in cui riusciremmo ad imparare le lingue senza nemmeno accorgercene.

  2. Frank

    Anche per me l’Erasmus in Svezia fu’ illuminante. Con un inglese stentato mi sentii in imbarazzo quando i bambini seduti vicino a me ridevano a tutte le battute di Shrek mentre io ne chiappavo una ogni 5. Arrivai quindi alle tue stesse conclusioni ma con una variante. Non deve essere tutto o nulla per quanto riguarda la TV italiana. Rai 3 (comunisti!) potrebbe mandare programmi per bambini di mattina in inglese e i film in seconda serata in lingua originale. E’ chiedere troppo!?

  3. norway

    Ok, abbiamo perso 40 anni, ma la tv del servizio pubblico potrebbe sempre cominciare, ora. Come si fa?

  4. mauro sanna

    A dire il vero negli anni ancora negli anni ’70 e ’80 la Rai faceva una serie di programmi per l’Inglese, l’ultima serie si chiamava Follow me, non era lo stesso di quello che intendevi tu ma insomma.
    E a dire il vero la vituperata Mediaset, che avrebbe (secondo la tua ricostruzione di un mondo diverso) invaso il mercato con il doppiaggio è invece stata l’unica alla fine degli anni ’80 a fare quella cosa bellissima che fu Film’O, su Italia1 tutti i martedì in seconda serata, con film in lingua originale sottotitolati (addirittura ho visto Ran di Kurosawa!). E’ anche vero che quella Mediaset (che neanche si chiamava così) non è più quella…

  5. bradipo

    Non per fare l’esterofilo ad ogni costo, ma vorrei far notare che anche in Spagna ormai un buon 30% dei cinema dà i film in lingua originale con sottotitoli…

  6. Frank

    Ancora un commento e poi chiudo…anche voi Post comunque potete fare meglio quando si tratta di inglese. Cercate di non tradurre tutto ma lasciate dei bei pezzi in original language. Esempio: leggendo l’articolo su serena williams che manda a quel paese l’arbitro sarebbe stato utile vedere in quotes l’originale in inglese per vedere cosa ha detto nella sua lingua. Invece avete tradotto tutto (OK, c’e’ il video in originale ma gente come me non si mette a vederlo a lavoro). Be part of the change…

  7. Alessio Breviglieri

    Mi pareva molto sensata anche l’idea di tenere certi insegnamenti in inglese a scuola, almeno per alcune materie, come matematica o anche storia. Dalle elementari (ma sarebbe utile fare qualcosa anche prima) al liceo. Studiare la grammatica non basta, io ad esempio sono arrivato all’università riuscendo a leggere un testo scritto in inglese ma con insormontabili difficoltà di comprensione orale. Non sono molto portato per le lingue e cominciare a familiarizzarmi almeno con l’inglese quand’ero piccolo mi avrebbe aiutato molto, eviitandomi la spiacevole situazione di handicap in cui ora mi trovo. Neppure le serie TV in inglese sottotitolate mi hanno aiutato molto.

  8. turycell

    Anche in Italia la televisione ha insegnato ai cittadini una lingua straniera: l’italiano. :)

  9. sergio62

    Ah, il servizio pubblico… ma a che serve parlarne se il notiziario della UPI-che venti anni orsono era uno dei programmi più seguiti del Televideo- non è stato rimpiazzato e se dal digitale terrestre – dopo un’iniziale apparizione catodica che ci aveva fatto sperare ad una telly di qualità – sono scomparsi BBC World e France 24 ?Tuttavia , chi ha i mezzi economici- e sono pochissimi – corre ai ripari : molto frequentata dai pargoli dei Vip è nel mio quartiere una scuola privata dove le lezioni si svolgono quasi interamente in inglese. Il rischio? E’ che questi giovani imparino un punto di vista parziale o cmq unilaterale circa la storia europea o che alla fine dei loro studi sappiano tutto su Gettysburg e poco sulla Spigolatrice di Sapri.

  10. Daniele53

    Non solo, perfino SKY ha tolto di mezzo la bellissima BBC Entertainment perché poco seguita del pubblico… (cosi’ dicevano loro)…
    Comunque non ci sarebbe da meravigliarsi quando perfino gli insegnanti di inglese fanno pena, personalmente ne ho conosciuti alcuni da far venire la pelle d’oca per la pronuncia e addirittura per le castronerie grammaticali.
    Che dire poi delle TV? Oh, non c’è n’è uno che sia uno che pronuncia tale parola nello stesso modo o, assai comune, sbagli clamorosamente le vocali.
    Insomma un totale disastro, tanto che per migliorare occorreranno lustri.

  11. vit

    spezzo una lancia a favore di Mediaset. Da quando c’è il digitale terrestre trasmette film e telefilm in lingua originale. Basta andare nel menu della TV e selezionare la lingua. Purtroppo mancano i sottotitoli (il massimo sarebbe avere anche quelli in italiano e lingua originale).

  12. odus

    Dove è finito l’articolo di Luca Sofri di ieri 13 sett. dal titolo in inglese che non so riportare che riferiva dell’intervista di Madonna ad “Oggi”?
    Lo cerco e non lo trovo. E nemmeno i commenti.

  13. Jan Alexander

    Faccio solo notare che in Scandinavia i cartoni animati e in generale i prodotti mediatici stranieri per bambini sono sempre doppiati. I programmi in lingua originale sono rivolti a fasce di età superiore. Ovviamente questo non esclude i più piccoli dall’esposizione passiva all’inglese. Personalmente non credo che “saremmo più colti e cosmopoliti”, ma semplicemente ancor di più mentalmente colonizzati dalla cultura IuEsEi (ché quella inglese è più spigolosa e meno “commerciale”). A me basterebbe semplicemente che le TV di stato di tutti i paesi d’Europa si potessero vedere liberamente, in modo che chi lo desidera, scegliesse la lingua originale che più gli piace. Invece, alla faccia dell’Europa Unita, si possono vedere solo i canali tedeschi (lode a loro), canali di notizie e centinaia di schifezze inutili. I veri canali sono tutti legati a paytv che ne criptano il segnale. E questo perchè le paytv di ogni paese comprano a prezzi volutamente diversi centinaia di film americani, con l’obbligo di non consentire a cittadini di paesi diversi di accedervi, anche se sono gli stessi (!!!). Ergo, i canali che dovrebbero essere liberi, scompaiono in un pantano di colonizzazione televisiva IuEsEi. Questa libertà ci renderebbe più cosmopoliti. Io non posso scegliere di vedere programmi francesi o norvegesi o spagnoli, perchè il grosso dell’intrattenimento è americano, e si fagocita tutto il resto.

  14. Francesco

    Solo un appunto: gli ascolti contano, in questo caso, il sistema scandinavo funziona perché nessuno si prende la briga di doppiare, se ci fosse stato un servizio pubblico sottotitolato, ma guardato da meno del 5% (causa concorrenza del doppiato) l’effetto sarebbe stato semplicemente nullo (o equivalente a quello delle avanguardie internettare).

    ps: vero che i prodotti specificamente per bambini (i film Disney, ad esempio) sono doppiati, ma il telefilm delle 20 è in lingua coi sottotitoli e così ogni altro prodotto simile (che alla fine compone una bella fetta della tv vista dai bambini stessi).

  15. minimAL

    Sono d’accordo, è ovvio.
    Anche se trovo curioso che, proprio in questo contesto, il post e il primo commento contengano un simpatico e abusato eRore d’itaGliano.
    Una pura ma divertente coincidenza.
    Ciao,
    Alessandro

  16. odus

    Capisco che per fare funzionare le borse e la valigetta di comandi per la bomba H del presidente USA bisogna conoscere l’inglese, ma perché gli anglosassoni non imparano l’italiano o l’arabo?
    Siamo proprio sicuri che nell’universo (cristiano valli 13 settembre, 2011 alle 16:27) si parli inglese?
    Comunque, imparatelo e parlatelo pure, ma non imponetemelo.

  17. stefano zanoli

    mi è piaciuto lo scatto d’istinto di “odus”. Sapere l’inglese non rende certo più colti, forse più cosmopoliti un po’ sì, ma il cosmopolitismo spessissimo è solo un vezzo. Un cosmopolitismo che sia espressione di una cultura aperta non considera solamente l’inglese, questa lingua certo utile in quanto lingua franca dei nostri tempi, degno di risuonare nelle nostre orecchie bambine dagli schermi dei televisori emananti shrek. A me piace l’inglese. Molti anni fa, a un corso erasmus, dove si doveva per forza parlare quella lingua, mi accorsi però che veniva dato per scontato che tutti dovessero imparare la lingua imperiale… una ragazzetta inglese, a fine corso, a bilancio, disse che tra le cose negative c’era che molti non capivano quando lei parlava. Allora una coetanea spagnola le rispose mea culpa, è vero, cercheremo di migliorare… ero basito e irritato, e dissi all’inglese “sei tu che non capisci una parola di quel che dico” (poi le tradussi in inglese… Da allora l’inglese (americano) mi irrita anche un po’…
    A proposito di cultura e di lingua (e di inglese), avrete certo letto questo:
    http://archiviostorico.corriere.it/2011/settembre/10/TUTTO_SHOP_LOW_FERMIAMO_INGLESE_co_9_110910023.shtml

  18. sergio62

    Evviva l’ inglese, ma non dimentichiamo che nell’ Europa centro-orientale è più importante per molte posizioni di lavoro la conoscenza del tedesco e che inoltre da qualche anno il Latino sta avendo un boom incredibile in Britain ( il progetto Iris, le trasmissioni radiofoniche, i libri come “amo, amas , amat and all that” etc etc )

  19. Daniele53

    leggermente OT:
    a me fanno molto ridere quelle ragazzette (o ragazzetti) che vestono magliette con scritte in Inglese che se solo sapessero quello che c’è scritto…. e il bello è che nessuno glielo fa presente, mah!

  20. demonio pellegrino

    Saro’ complottista, ma ho sempre pensato che dietro il rifiuto di far vedere film o telefilm in lingua originale ci sia stato anche un disegno politico ben preciso: quello di privare gli italiani della capacita’ di informarsi all’estero, direttamente in lingua originale. Si e’ creato un recinto culturale d’italianita’, autoimposto, che obbliga il 90% dei cittadini a basarsi solo e soltanto su testi in italiani.

    Non dico sia stato un disegno chiaro fin dal principio. Dico solo che dopo un po’ si sara’ anche notato che l’incapacita’ degli italiani d’informarsi in lingue originali facesse anche comodo politicamente.

    Ma sicuramente sbaglio io, dai. Ed e’ solo per la “gloriosa cuola di doppiaggio”. Mi viene da ridere.

  21. demonio pellegrino

    PS: rifiutarsi di conoscere l’inglese adesso e’ come rifiutarsi di conoscere il latino per un cittadino romano del II secolo. Cioe’, e’ possibile, ci mancherebbe. Si puo’ sempre continuare a esprimerci coi propri grugniti e basta. Solo che ci perdiamo una bella opportunita’ di dialogare con il resto del mondo occidentale e non.

    Ma oh, liberi tutti.

Commenti chiusi