Ricostruire la domanda

La puntata speciale di ieri sera di Agorà dedicata a Steve Jobs, in prima serata, ha fatto il 4,15 di share, dato molto basso: ieri sera solo una cosa su Retequattro ha fatto poco meno, e su Raitre nessuna prima serata aveva fatto così poco da settimane. Io sono stato ospite in collegamento da Milano per metà della serata, ma non attribuirei a questo il debole risultato, su cui ho invece un’idea.

Io penso che una serie di fattori, riconducibili tutti alle responsabilità di chi ha potere nelle scelte culturali ed editoriali in Italia (ovvero molte persone: da Silvio Berlusconi in giù), abbiano spappolato la domanda di informazione di qualità in questo paese (a qualcuno in rete non è piaciuta la trasmissione di ieri sera, che aveva qualche limite: ma non si era mai vista in prima serata Rai una cosa su un tema di tanta contemporaneità e con tanti ospiti qualificati) rendendo drammaticamente necessaria una ricostruzione della domanda insieme a quella dell’offerta. Io sono convinto che se oggi il maggiore programma di approfondimento giornalistico della prima rete pubblica nazionale – un prodotto di una povertà e arretratezza televisiva, qualitativa, giornalistica da primato – fosse rimpiazzato da un’altra idea più moderna, che racconti la realtà vera, che abbia un progetto televisivo intelligente e inventivo, farebbe dei numeri molto più bassi di Porta a porta, per molto molto tempo, e avrebbe infine successo tra tre anni, o cinque, o dieci, una volta rieducato il suo pubblico e coinvolto e ampliato uno nuovo e interessato.

Non è solo che la qualità è sempre “alta” e le cose di nicchia sono inevitabilmente di nicchia: sto parlando di fare le cose anche popolari e contemporanee, ma farle bene (a meno di non giudicare troppo di nicchia il giornalismo in quanto tale, e archiviarlo). Steve Jobs era la notizia principale in mezzo mondo ieri, e su ogni mezzo di comunicazione: e in rete le cose di Steve Jobs hanno moltiplicato i numeri dei siti di news. L’idea di Raitre era sensata, non snob: e molte tv del resto dell’Occidente ieri sera parlavano di Jobs e tendo a immaginare con seguiti maggiori, magari non da primato, ma soddisfacenti.

Il problema rientra nella famosa onnipresente questione italiana dell’incapacità di fare progetti a lungo respiro, che ricostruiscano quello che è stato distrutto o non coltivato in questi anni, e abbiano bisogno di tempo per fruttare. Se lo speciale di Agorà non fosse stato una tantum, il programma sarebbe stato già chiuso, in Rai: mentre dedicandolo ogni settimana a temi giornalistici moderni e internazionali, a ospiti competenti e rinnovati, pensandolo meglio e meno in corsa, crescerebbe senz’altro, un po’ alla volta, e concorrerebbe alla creazione di una cultura e di un’attenzione al mondo e a questi tempi che oggi è molto limitata, creando mercato per nuovi prodotti di qualità e informazione. Vale per la tv, per i giornali, per i media, per l’editoria, per ogni prodotto informativo e culturale; ma vale per la scuola, anche, e per molte cose che facciamo. Sta nella responsabilità di piccoli e grandi poteri italiani e di tutte le classi dirigenti: di chi in politica lavora – attivamente e anche solo col proprio esempio – per l’impoverimento culturale e intellettuale degli italiani, di chi nei media e nell’industria culturale asseconda la debolezza della domanda abbassando la qualità dei propri prodotti, di chi tra i possibili investitori nell’innovazione e nella buona informazione, nella pedagogia e nelle cose fatte bene, ha paura, non le capisce, investe in sciocchezze o autopromozioni.

Se si può invertire questa tendenza non lo so: credo si debba, credo ci voglia del tempo, e credo si debba lo stesso.

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45 commenti su “Ricostruire la domanda

  1. freekris

    ieri sera ci ho provato. concordo con te, l’idea era più che sensata (infatti me ne sono stupita, quando mai un tema così attuale viene trattato così velocemente in tv) e mi piacerebbe che ci fossero più puntate dedicate a temi di respiro internazionale che ci facciano un po’ alzare lo sguardo oltre il nostro steccato.
    Però: devo dirtelo francamente, il conduttore era insopportabile, impreparato, senza spunti che non fossero già stati sentiti e risentiti… mi spiace, non ce l’ho fatta e ho cambiato canale… :-( (e quindi non so se poi sia andata meglio, pare di no)

  2. Raffaele Birlini

    Spiegami meglio il collegamento tra alta cultura di un giornalismo di qualità e la celebrazione mediatica di una veglia funebre da catarsi collettiva per il personaggio mediacamente totemizzato del momento, partendo da Kennedy e Malcom X, passando dai fans in lacrime di Lennon e Kobain e Michael Jackson, per finire su Jobs. Se devo essere sincero io tiro un sospiro di sollievo se fa solo il 4% di share quella specie di messa laica che è espressione di alienazione e delirio massificato. E, quel che è peggio, viene sostenuto e giutificato dal conformismo dell’informazione come emanazione stipendiata, al pari della politica, da chi detiene il vero potere: l’ufficio marketing che firma assegni delle inserzioni pubblicitarie.

  3. f.affinito

    Luca, purtroppo non riesco a essere d’accordo sulla tua definizione di “ospiti qualificati”. Cosa c’entravano lì in mezzo Walter Veltroni o Camila Ratznovich? A ‘sto punto potevo venire io. No?
    Capisco la fretta di mettere su qualcosa, ma quello che è stato fatto in questo modo è stato figlio del portaaportismo più bieco, in cui si invita la Parietti a commentare il plastico di Cogne. Non credi?

  4. Esau Sanchez

    Luca fa un discorso giusto, chiaro, anche se l’idea di “educare” un pubblico la condivido fino a un certo punto (e poi non capisco perché debba specificare che se n’è andato a metà programma…).

    Il problema è che non va educato solo il “pubblico popolare”, ossia quello non abituato a certi temi, ma anche l’altro: il pubblico abituato a certi temi, come freekris (pare) e come tutti i twitteranti che ieri hanno aspramento criticato Agrorà.

    Se questo pubblico “abituato” continuerà a dire, come freekris, che gli “spunti sono sentiti e risentiti”, significa che non comprende bene il mezzo televisivo “popolare”, per cui quegli spunti sono del tutto nuovi, altro che sentiti e risentiti.

    Ci vuole insomma una mediazione e su questo ieri Vianello con Agorà ha fatto un buon lavoro: se vuoi parlare di Jobs in prima serata, devi essere generalista. Il problema più grande era l’eccessivo numero di ospiti.

    E il pubblico abituato dovrebbe abituarsi a essere un po’ più costruttivo, magari cogliendo anche l’essenza della lezione di Jobs, invece di ironizzare solo sulle pronunce e gli errorucci. Altrimenti la strada sarà molto più lunga di quanto Sofri immagini.

  5. dado1907

    tutto giusto, ma secondo te non è proprio il modello con mille persone in studio più quelle collegate per il mondo ognuno con pensierini da due minuti, che ha stufato e non funziona?

    perchè, non so i dati, ma vedo che le inchieste tipo iacona o formigli vanno in prima serata e mi sembra funzionino, no?

  6. canablach

    Bimbi di otto anni, ieri in gita all’Archeopark di Darfo Boario, parlavano di Steve Jobs. C’è speranza.

  7. Frankie Burrini

    Luca ho capito il senso del tuo articolo. Uno, cento, mille Jobs non bastano a far capire che cultura, freschezza dell’informazione, mancanza di dinamismo darebbero un senso alla principale emittente del paese. Il cambiamento deve essere radicale. Tu vorresti mettere una persona fresca, dinamica, uno scalino sopra la semplice cultura della “gnocca”, capace e culturalemnte stimolante alla guida della RAI e (possibilmente dell’Italia). Come si fa?

  8. Valeria

    Sono sostanzialmente d’accordo con te – a parte la parola “rieducazione” che suona male, ma spero non derivi dal concetto che c’è una vasta platea puzzolente che va rieducata e invece sia solo una parola mal messa. Ed è assurdo basare la vita di un programma di approfondimento sullo share della prima puntata, è verissimo.

  9. giova.p

    @ Luca, my 2 cents

    secondo me sarebbe opportuno non confondere due ambiti, quello dell’offerta pubblica e quello dell’offerta privata.

    nel caso dell’offerta privata di informazione è il mercato che decide su cosa puntare: non è detto che la qualità di un prodotto sia automaticamente scadente per il solo fatto di avere come obiettivo il profitto di un’azienda privata. la strategia di un’azienda di informazione privata può essere quella di puntare sulla qualità alta e su una nicchia di domanda (i.e. wall street journal, o skytg per certi versi), oppure sulla quantità e sulla domanda generica (i.e. tabloid..). richiamare l’offerta privata ad un “senso di responsabilià” imho non ha molto senso. quello che andrebbe fatto è sgombrare i mercati da tutte le varie distorsioni introdotte dall’intervento statale (finanziamenti pubblici, monopoli, agevolazioni ecc.), rendere il settore concorrenziale, e lasciare che l’offerta privata soddisfi i vari tipi di domanda che il pubblico esprime, o crei o coltivi nuova domanda, se qualcuno lo ritiene profittevole.

    nel caso dell’offerta pubblica (che mi sembra quello che ti sta a cuore), i criteri devono essere diversi, anche se in Italia non siamo abituati a pensarla così.
    se l’obiettivo del servizio pubblico è uguale a quello dell’offerta privata, perché finanziarlo con soldi pubblici?
    l’obiettivo di un servizio pubblico dovrebbe essere indipendente dal mercato, e puntare a quello che comunemente si dice “bene comune”. naturalmente non esiste una definizione univoca di bene comune, ce ne sono tante, e ognuno ne ha un’idea diversa.
    la politica (le forze politiche al governo) dovrebbe affermare di volta in volta la “propria” idea di bene comune, e orientare l’offerta di servizi pubblici in questa direzione. è una scelta arbitraria, in ogni caso.
    come dicevo più sopra, imho è stupido far coincidere questa idea di “bene comune” con quello che decide il mercato in quel momento. i mercati fanno già benissimo da soli, e in questo senso il settore pubblico può fare solo peggio (dal momento che sconta tutte le distorsioni proprie del settore pubblico.. rai docet).

    la politica dovrebbe invece affermare chiaramente le proprie scelte, e sottoporle al giudizio non dei mercati (o degli ascoltatori in questo caso) ma dei tax-payers.

    esempio: “io, premier del governo X, decido che è opportuno usare tasse dei contribuenti per finanziare (per dire) i teatri d’opera. ritengo che nonostante sia una scelta economicamente non profittevole, risponda a certi obiettivi di bene comune da me perseguiti (per esempio conservazione di un pezzo di patrimonio culturale, ricadute positivi su altri ambiti del sapere, capitale umano, turismo ecc.)”. su questa scelta sono gli elettori a giudicare, e sono i politici a dover convincere gli elettori stessi che questo uso delle risorse di tutti sia utile al “bene comune”.

    sulle diverse definizioni di bene comune, e sul diverso uso (arbitrario) delle risorse pubbliche, si giocano i confronti elettorali, per lo meno in una democrazia matura.

  10. blanca

    Anch’io, come freekris, non ho seguito perchè trovo quel conduttore insopportabile. Può sembrare puerile, ma costui genera sempre in me un’irritazione che prevale sull’interesse per l’argomento in discussione.

  11. fulgenzio

    Il mio parere l’ho scritto qui.

    http://www.playersmagazine.it/2011/10/07/rai-jobs-miracolo-o-fallimento/

    Personalmente, passato l'”entusiasmo” nel vedere Jobs in prima serata, ho realizzato che l’analisi sulla sua figura è stata tutto fuorchè approfondita e, a dirla tutta, onesta. Serviva gente più preparata sull’argomento e sulla persona (o almeno una che avesse letto un paio dei tanti libri già pubblicati sul tema) o cogliesse l’ambivalenza di alcuni dei suoi mssaggi storici (ad esempio il celebre Stay Hungry Stay Foolish che imho ha una doppia lettura e non solo una valenza ultrapositiva come affermano tutti). Vabbè, ma tanto in tv ci vanno solo i soliti noti, quindi chevvelodicoafare?

  12. storiedicoaching

    Anche io faccio parte di quelle persone che hanno provato a guardare il programma. Con grandi aspettative, data la qualità dell’approfondimento di RAI3.
    Invece ho trovato persone impreparate e banalità. Nulla è stato aggiunto a ciò che la media delle persone non sapesse già.
    Per alzare gli ascolti non basta parlare della morte di un personaggio famoso.
    Il livello culturale si alza offrendo qualità e contenuti.

  13. norway

    Quello di ieri sera è l’ennesimo tentativo di costruzione di una serata di approfondimento basata su principi vecchi e ormai stantii. Non poteva andare bene. Le persone che ormai frequentano il web non si possono più adattare a quelle trasmissioni, le altre che sono abituate a guardarsi le classiche trasmissioni non potevano trovare interessante uno speciale su Jobs che, magari non conoscevano neppure. Spiace per Di Bella Poi troppi ospiti, tu Luca hai fatto un mini-intervento e poi io fino alle 22.15, quando ho cambiato pagina, non ti ho più sentito, idem per Luna, peccato eravate sprecati. Prima della trasmissione avevo letto in 15 minuti l’articolo del Post su Jobs, poi visto qualche video dei suoi discorsi e ne avevo avuto una sensazione di pienezza che quella trasmissione non ha minimamente aumentato, anzi. Ah, terribile il conduttore!

  14. alexmeia

    Anche io mi unisco a quelli che hanno provato a guardare la trasmissione ma presto hanno cambiato canale a causa del pessimo conduttore. L’avesse condotta Floris, per dirne uno, quella trasmissione avrebbe fatto uno share decente. Il pubblico tutto sommato ci sarebbe, ma ci vuole anche gente capace di condurre una trasmissione del genere.

  15. anita81

    A mio modestissimo parere, il problema è che, a quell’ora, tutti quelli potenzialmente interessati a sentir parlare di Steve Jobs avevano letto, visto e sentito (e RI-letto, RI-visto e RI-sentito) su internet tutto quanto si potesse desiderare sapere su di lui. È pure comprensibile che a ora di cena avessero voglia di parlare d’altro (oppure no: ma stavano ancora su internet a riascoltare “Stay hungry, stay foolish”).
    Rimanevano quelli che non usano internet (e in Italia sono ancora tanti), che Jobs non sanno nemmeno chi fosse, e che probabilmente non hanno trovato interessante un programma sulla morte di un tizio che progettava aggeggi elettronici.

  16. Kekko66

    Io non ho visto la trasmissione, sono sicuro che mi sarei annoiato, ma credo che il motivo dello scarso share sia da attribuirsi al fatto che il pubblico di Rai3 vuole solo programmi in cui l’ipotesi è “Berlusconi è stronzo?” e la tesi è “Berlusconi è molto stronzo!”. Un pubblico del genere può essere interessato all’inventore dei prodotti teconologici più snob che esistano? E si ammettiamolo: Steve Jobs ha ideato prodotti di alta qualità tecnologica e molto cari, riservati ad una elite. Il pubblico di Rai3 si merita una serata dedicata a clonatori dell’ipod.

  17. Ludovico

    In realtà l’inizio di questa stagione televisiva sta vedendo il crollo del pubblico tradizionale. Raiuno, come si dice in questi giorni, sta perdendo milioni di spettatori. La fiction (purtroppo per me) nel giro di due anni ha quasi dimezzato il suo pubblico medio e in generale le generaliste sono in picchiata. E’ così. Salgono gli approfondimenti, aumentano le tematiche, il pubblico si divide, si frastaglia, non si capisce più cosa pensa.

    Quindi sostanzialmente il tuo discorso l’avrei condiviso tutto fino a 6 mesi fa. Ma adesso sta succedendo qualcosa e nessuno ci sta capendo niente.

    Io credo che il milione di spettatori che ha seguito Agorà, di questi tempi non è male. Un milione di persone è pur sempre un milione.

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  19. voldenuit

    La trasmissione era stucchevole, per cui pur condividendo il tuo ragionamento, devo dire che l’esempio da cui parte non è certo dei migliori, per usare un eufemismo.

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  21. palzan

    Condivido @voldenuit sulla stucchevolezza della serata Agorà.

    Aggiungo che la formula del “chiacchiericcio-in-libertà” è esausta.
    Tra Vianello ieri sera su rai3 e il “dibattito” di Giletti la domenica pomeriggio a domenica in la differenza è (direbbe Gaber) “leggerissima”…

  22. BrunoB

    Ciao, mi sono appena finito di vedere il tutto in streaming dal sito della RAI e devo dire che come programma mi è sembrato realizzato in maniera abbastanza approssimativa dal punto di vista puramente tecnico: il 90% del tempo gli ospiti in studio disturbavano col loro chiacchiericcio di fondo e non gli venivano spenti i microfoni né venivano richiamati all’ordine, lo “zapping” sui canali esteri pessimo, il discorso doppiato di jobs aveva l’audio originale troppo alto che si confondeva con quello in italiano…

    Anche a voler soprassedere sulla qualità degli ospiti e dei discorsi (per tre quarti del tempo la solfa è stata “governo cattivo che non finanzi internet”, sai la novità?) uno si aspetterebbe che in un programma TV su una rete nazionale almeno il livello tecnico sia adeguato.

    Altrimenti se devo vedere dei dilettanti allo sbaraglio (dal punto di vista tecnico, ripeto, e neanche in tutti i casi) c’è internet, dove tra l’altro posso trovare interlocutori e discorsi molto più attinenti a quelli che sono i miei interessi.

    Insomma bel tentativo, ma esecuzione da rivedere profondamente – gli ignoranti ipnotizzati da anni di cattiva TV certamente non li catturi con il brusio di fondo sovrapposto al filmato preso da youtube doppiato male, e il pubblico che potrebbe essere interessato… idem.

  23. gavazza

    @ fulgenzio: se hai tempo guarda i commenti al post di ieri, magari riesci a farmi sentire meno solo e meno gretto (non che mi ci senta, eh, si fa per dire…).

  24. 4Lb3Rt0

    Anch’io sono convinto che la televisione pubblica avrebbe bisogno di cose diverse da quelle attualmente in palinsesto, che possano fregarsene dello share immediato, per crescere e produrre prodotti di qualità.

    A me sembra tutto molto ragionevole.

    Il problema è che quello è stato mandato in onda ieri sera non è per nulla un programma che meriti fiducia e che lasci intravvedere una crescita.
    Io ho visto un conduttore impreparato che ha parlato tutta la sera di una persona morta ridendo, ospiti di cui nessuno capiva la presenza (Camila Raznovich) o che non si rendevano conto di chi stavano parlando (Veltroni).

    Ma se in un panorama desolante quando c’è una possibilità di realizzare qualcosa di diverso si fanno prodotti del genere, chi può credere veramente che si possa fare meglio di Porta a Porta?

  25. fulgenzio

    @gavazza: letti e concordo con te. In ogni caso, i motti valgono per quello che sono e ogni persona se li cuce addosso cercando di adattarli alla sua taglia, specie se li declami quando hai già raggiunto l’obbiettivo. Uno su 1000 (milioni, in questo caso) ce la fa, quindi è incitare il prossimo a non demordere è cosa ottima e giusta, ma personalmente diffido da coloro che affidano, come pare evincersi dal discorso di Stanford, tutto solo ed esclusivamente all’abilità personale e al proprio, ehm, animus pugnandi. Anche Jobs, uomo di straordinario talento e indiscutibile valore, non mi pare abbia mai citato la fortuna come elemento essenziale per riuscire nella vita. Eppure avrebbe dovuto perchè io di veri self-made-men non ne conosco nemmeno uno. Coi se e coi ma la storia non si fa, giustamente. Ma se Jobs non avesse incontrato Wozniak? Per dire eh. Ecco, se avesse aggiunto anche un “Be Lucky” al motto mi avrebbe convinto maggiormente. Mi auguro solo che il suo motto non diventi un adesivo per parafanghi, sarebbe davvero avvilente per una persona che nei prossimi 20 anni avrebbe comunque dato un contributo immenso all’innovazione.

  26. Luca

    Rispondo a Valeria perché il tema della prevalenza del suono delle parole sul loro significato è uno dei maggiori guai di ogni dibattito corrente: ne ho scritto assai in “Un grande paese”, poi magari incollo un pezzo. Se la parola rieducare “suona male” è infatti perché le si associano rieducazioni storiche di stati autoritari e comunisti, che prevalgono sbadatamente sul suo significato reale (educare vuol dire tirare fuori) e perché una sensibilità insicura ci fa partire il tic “a me non mi rieduca nessuno!”. Io penso invece che l’educazione degli altri e di noi stessi attraverso gli altri sia un lavoro fondamentale e mai concluso, e prioritario su tutti i benintezionati obiettivi di cui parliamo spesso. Uno dei quali è smettere di far prevalere le sensibilità linguistiche sulle concretezze pratiche.

  27. pifo

    Trasmissione stucchevole per gestione e confezione, d´ altra parte il conduttore ha dei limiti palesi di credibilita´ e presenza fisica che pochi sembrano disposti ad ammettere in Rai Tre.
    Erano mesi che si sapeva che Jobs avesse le ore contate, tutto qua quello che si e´riusciti a mettere insieme? Chiacchiere in liberta´ condite anche di sostanziose inesattezze. Celebrazioni indulgenti dettate dalla buona educazione e dal rispetto, nel migliore dei casi.
    Progetti a lungo respiro, ben detto!
    Forse vale la pena lavorarci sopra una decina di giorni su certe “notizie”, respirare per benino, senza il fiatone, guardarsi con cura intorno, fare anche un salto dall´altra parte dell´oceano e confezionare qualcosa che, facendo anche leva sulla questione iconografica, riesca veramente a dire qualcosa di concreto, di pesudo-definitivo e controverso, perche´ e´ anche la capacita´di fare delle somme, di tirare delle linee, di dire, con cognizione di causa, cose “controcorrente” che crea interesse nell´ ascoltatore medio, non solo la chiacchiera arguta dell´esperto.

  28. gfranco

    non entro neanche nel merito dei contenuti. ma poche cose viste di recente in tv erano imbarazzanti come quelle di ieri sera. e sinceramente nn me la sento neanche di dare una colpa a qualcuno. ma qui proprio nn ci siamo, professionalità e stile lasciate a casa…. alcuni passaggi erano da blob o striscia… forse il dopofestival di sanremo…. paradossale se penso alla serata che celebra e onora lo stile, il design, la tecnologia, e un uomo visionario da “sogno americano”….

  29. Valeria

    Ma figurati, con me sfondi una porta aperta: sono anni che seguo il programma “persona migliore”, che però mi autoinfliggo e per il quale vengo molto (amichevolmente) presa in giro. E’ sull’educazione degli altri, fatta col piglio della volontà, che ho dei dubbi. Vero è che un lavoro ben fatto e ideato per tutti diventa credibile e godibile da molti, semplicemente.

  30. sergio62

    Nonostante sia – o mi ritenga – abbastanza informato , ero all’ oscuro di questo speciale. Questa mancanza di promotion di buone trasmissioni di qualità può essere un problema ? Penso di sì, in questo le tv commerciali vincono il confronto. Effettivamente, a parte i soliti Angela, Floris e Giacobbo , sui principali canali Rai manca in prime time un’informazione non basata sulla frivolezza. Ma non invocherei una rieducazione degli Italiani,il grande successo del turismo d’arte – da Palazzo Zabarella a Palazzo dei Diamanti, dalle Scuderie del Quirinale al Museo del Novecento- dimostra che gli italiani stanno cercando e trovando entertainments alternativi al catodo. E non è detto che sia un male . Alla fine , qualche responsabile della programmazione lo dovrà pur capire

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  32. atlantropa

    Dott. Sofri, tanto di cappello per la sua laurea in architettura, di cui non sapevo, e molta simpatia verso il suo Macintosh II, o SE, o quelchefosse.
    Anch’io ricordo con nostalgia il “”portable”” di mio padre.
    Ora, però, onestamente:
    1. davvero secondo lei quella dell’altra sera era “”informazione di qualità””?, come spiega tutte queste confessioni di gente che, proprio per il fatto di avere un minimo di cognizione di causa, s’è sentita in dovere di cambiare canale per l’imbarazzo?, e poi: ospiti qualificati??? ma chi? e qualificato per occuparsi di cosa?
    2. lei poi dice che il popolo italiano dovrebbe essere rieducato; ok, per un momento ammettiamolo pure; ma rieducato a cosa? a sorbirsi due ore di arrabattata celebrazione della “”genialità”” di un guru new age del marketing trapassato in giornata?, e perchè poi?, perchè è la notizia del giorno del mondo ricco?

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  34. odus

    Eccihai raggione.
    Ma su Rai1 ieri sera c’era la nazionale di calcio.
    Ccihai presente?
    Poi ci sono le televendite di quadri ed un altro po’ di zapping.
    Che poi ci sia il 4% di telespettatori interessati al lavoro svolto da questo Steve Jobs, beh, ci può anche stare, con tutto il rispetto per la platea di ospiti che si parlano tra di loro.

  35. schroeder

    Solo una domanda Luca. Tu credi ancora che la parte pensante e sana del paese guardi ancora la tv? E perché mai dovrebbe? Non e’ vero come dici che ci siamo rincoglioniti e andremmo “rieducati” semplicemente troviamo i nostri interessi altrove e il tuo blog e’ solo un esempio. Mi sono perso qualcosa? Non credo… Ma se anche così fosse sicuramente ne troverei traccia da qualche parte.

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  38. schustenberg

    Detto questo, oggi Aldo Grasso esprime un giudizio molto critico sulla suddetta trasmissione, pur salvando Luca Sofri insieme a pochi altri dei (numerosi) partecipanti.
    http://www.corriere.it/spettacoli/11_ottobre_08/agora-le-idee-non-bastano_592641f2-f16e-11e0-8be4-a71b6e0dfe47.shtml
    Ritenendo Grasso un critico competente e tutt’altro che fazioso direi che forse partecipando a una trasmissione da ospite è difficile giudicare l’effetto complessivo dal lato degli spettatori. Forse si puo’ aspettare un altro paio di puntate prima di trarne giudizi universali sulla stupidità o sul conformismo degli spettatori italiani. Se la prossima puntata ha un successo clamoroso cosa diciamo?

  39. wiz.loz

    Non ho visto la puntata un po’ perché ero in volo, un po’ perché non interessato al tema, quindi non entro nel merito. Per quanto riguarda il discorso più generale su ciò che il popolino italiano sia interessato a vedere, concordo ma non sulle cause. Quello di voler decidere cosa il popolino debba pensare, e quindi rieducare e plasmare le masse, dal mio punto di vista è sempre stato un pericoloso atteggiamento avanguardista. E le avanguardie ha fatto i maggiori danni che si ricordino nella storia umana. Lasciamo che il popolino s’illumini da solo o che si imbarbarisca sempre più e si auto estingua. Selezione naturale.

  40. Emilio

    Non credo che il problema sia nella connotazione del termine “rieducare” e basta. C’è un elemento di arroganza in tanti che non vogliono imparare nulla di nuovo, ma c’è arroganza anche in chi pensa di poter insegnare qualcosa senza dare un esempio che convinca gli altri.

    Molti tra quelli che dicono che le cose “non vanno bene” non convincono perché non vivono un quotidiano che mostri un mondo diverso e migliore. E questo significa non avere alcuna autorità.

    Poi si, è una situazione difficile perché il livello di cultura del paese è andato in picchiata. Ma non è una cosa recente, è diretta conseguenza delle scelte degli ultimi cinquant’anni, da una classe intellettuale che da sempre crede di poter “insegnare” senza creare cultura davvero importante e rilevante. L’intervento di Olmi da Fazio in questo senso è stato molto significativo. Non servono sermoni, servono esempi e possibilità di confronto.

  41. pifo

    Prima di discutere di “rieducazione”, di ricostruzione della domanda, di cultura, sarebbe il caso di prendere semplicemente “visione” dell´evento del quale si discute. Stiamo parlando di una serata televisiva veramente “imbarazzante” dal punto di vista di ogni elementare criterio di valutazione. Lo share ridicolo e´imputabile solo a questa sacrosanta verita´.
    Parafrasando Grasso, che tra i numerosi “ospiti illustri in cerca di visibilita” ha pietosamente dimenticato di citare Veltroni, possiamo dire: la robaccia rimane robaccia, sia quando le intenzioni sono buone sia quando siamo invitati a parteciparvi come ospiti.

  42. odus

    Ricostruire, educare o rieducare: chi non sa, insegna.
    Far fare e fare scegliere alla gente quello che preferisce, no, eh?

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