Citizen stenografo

Per quel breve periodo in cui partecipai alle Direzioni Nazionali del PD feci dei liveblog (o delle dirette su Friendfeed, tipo Twitter), con l’intenzione di condividere l’originale e istruttiva esperienza di quelle riunioni e dei funzionamenti di un partito. Ebbero una discreta attenzione, fu interessante, e del tutto nuovo: come entrare per la prima volta con una torcia in una grotta a migliaia di metri di profondità. Così inusuale che nessuno dei presenti ne percepì praticamente niente: solo una delle ultime volte Beppe Fioroni si avvicinò tra il cortese e il minaccioso per chiedermi cosa facessi visto che suo figlio lo aveva avvisato che stavo raccontando la riunione in rete. Mi sorvegliò per un po’ e poi si stufò (devo dire che il mio racconto non taceva molto della palese indifferenza di Fioroni alla seduta che presiedeva).

Sono passati appena tre anni, e ora la Direzione Nazionale raduna molti account di Twitter e diversi twittatori seriali. Da una parte fanno un ottimo lavoro di informazione, dall’altra qualche volta rischiano la deriva infantilizzante di cui dissi qui, che butta tutto in vacca.

Ma la novità, a questo giro, è che come i fotografi protestarono contro le foto messe dai politici su Twitter, adesso sono i cronisti politici a sentirsi esautorati. Scrive Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera:

Persino uno dei giornali del Partito democratico, Europa, partecipava, tramite Twitter, al grande chiacchiericcio «democratico». Nel frattempo, sotto la sede nazionale del Pd, a Largo del Nazareno, nel pieno centro di Roma, stazionavano gruppi di giornalisti e operatori televisivi. Divieto d’ingresso per loro, costretti a fare su e giù per i marciapiedi in attesa di una dichiarazione o di una confidenza.
Inutile far presente che il dibattito interno non era più tanto riservato dal momento che su Facebook e Twitter si sprecavano i commenti e le dietrologie, dopo che le parole di Bersani, Letta, Bindi, Veltroni e D’Alema rimbalzavano da una parte all’altra della Rete. Gentile ma inflessibile, l’ufficio stampa del partito ubbidiva agli «ordini» dati: fuori i cronisti, che scrivono malignità e cattiverie.
Situazione surreale. I sacerdoti della sacralità della politica, per lasciare in vita il mito, mantenevano l’inviolabilità delle segrete stanze. I parlamentari con telefonini, computer e iPad dimostravano che ormai alla politica piace apparire. Anzi, per essere precisi, non sa più fare a meno di specchiarsi sugli schermi televisivi e di riflettersi nella Rete. In quei luoghi non c’è il filtro dei giornalisti. E questo è l’importante.

La cosa interessante è che i giornalisti si sentano in competizione con Twitter, riducendo il loro lavoro e assimilandolo alla trascrizione di virgolettati in 140 caratteri. Lavoro di cui è capace chiunque, e ben vengano le trascrizioni che arrivano dall’interno. Quello che su Twitter non si può fare è contestualizzare, spiegare, dare gli elementi per capire, aggiungere i riferimenti, interpretare, obiettare: è quello, che fanno i giornalisti.

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11 commenti su “Citizen stenografo

  1. piero.vereni

    Caro Luca, secondo me lai fai troppo facile da un lato, e troppo difficile dall’altro. E’ vero che oggi, nel profluvio di notizie, il ruolo del giornalista si è anche didascalizzato, deve dirci cosa pensare e come pensare a quel che succede (questo è il ruolo intellettuale del giornalista, che secondo me sopravvaluti in generale ma che tu fai benissimo nella tua scrittura) ma prima ancora di fare questo il giornalista ritaglia porzioni dal flusso inenarrabile del reale e ne fa “cronaca”, lo costringe a stare nel “pezzo” (qualunque sia il taglio imposto, dalla redazione o dal mezzo disponibile) e lo rende pubblico (e questo lo fai benissimo come peraltro direttore del Post). Questo lavoro di ritaglio è tutt’altro che banale e automatico come tu sembri supporre (“Lavoro di cui è capace chiunque”). Se hai mai aiutato i tuoi figli a “fare un riassunto” saprai benissimo che qualunque cosa succede, non si tratta di coglierla come un fungo nel bosco e infilarla nel cestino delle news, ma di fare un lavoro ben più complicato di selezione e sintesi, che è già un lavoro raffinato di interpretazione e proposta per il pubblico. L’evento non esiste fin quando non hai deciso tu di riportarlo, non è che se ne stava lì già prima. Nessuno riporta TUTTE le parole di TUTTI gli interventi della direzione nazionale del PD. Ogni twittatore decide quel che va riportato, lo seleziona. Virgolettare non è un’operazione da poco, è un atto intrinsecamente politico. Quindi secondo me hanno ragione a rosicare i giornalisti professionisti, per il triplice motivo che (1) il loro lavoro di interpretazione è svuotato e (2) il loro lavoro di selezione è depotenziato da (3) uno strumento eccezionale di banalizzazione della comunicazione. Immagina solo se il tuo pensiero sulla questione l’avessi dovuto condensare il 140 caratteri: diventava banale comunque, di necessità. E’ questo, mi pare, il punto che non affronti. Ritagliare il reale non è una cosa di cui tutti sarebbero capaci, e ritagliarlo in 140 caratteri è un modo certo per ridurlo comunque al ridicolo. Può darsi che per la direzione generale del PD il ridicolo sia la chiave di lettura giusta, ma ho il fondato sospetto che altre porzioni del reale proprio non ce la facciano a starci dentro quello strumento conservando anche solo un barlume originario del loro senso.

  2. albertog

    Il nodo nell’articolo della Meli è l’identificazione di televisione e Rete. Con la televisione i partiti hanno stretto un patto di nonbelligeranza; per quanto riguarda la Rete, per il momento, più che l’espressione riflettersi avrei usato darsi in pasto. Lo specchiarsi in televisione è fatto ormai antico. Forse l’articolo riversa su Internet rancori provocati da Porta a Porta. Il materiale su Internet è a disposizione di tutti, anche dei cronisti. Mi sembra più un problema per i partiti, che dovranno dotarsi di regole (se ci riusciranno) per stabilire che cosa può uscire e che cosa no, come in un normale comunicato stampa, solamente in tempo reale. Se invece il controllo non potrà esserci, tanto meglio per i lettori. Sono informazioni in più, non in meno, visto che comunque i cronisti sarebbero rimasti fuori.

  3. gavazza

    Per la mia piccola esperienza diretta e indiretta quel lavoro di cui è capace chiunque è esattamente il modo in cui il 99% dei giornalisti interpreta la professione.
    Esperienza indiretta: quando un qualsiasi giornalista parla di un tema di cui tu (lettore) sei più informato dell’uomo della strada medio, ti rendi subito conto della mancanza di approfondimento, pur minimo.
    Esperienza diretta: non parliamo poi quando un giornalista parla di un fatto in cui tu (lettore) sei stato coinvolto. Mi è capitato di essere citato da un famoso giornalista di Repubblica in un articolo a mezza pagina. Ovviamente non sono stato sentito per eventuali commenti, e l’autore si è perso una bella occasione per trasformare una imprecisa scopiazzatura di cronaca in un bell’articolo, forse addirittura in uno scoop. Chissà quante volte succede: fatti e informazioni lì a portata di mano, gente disposta a rivelazioni inaspettate, connessioni importanti…

  4. robbbberto

    Ti ho ascoltato mentre trattavi questo argomento stamattina nella rassegna stampa di radio3′,
    a prescindere dall’argomento è stato un piacere risentirti alla radio per un nostalgico seguace del Condor
    (passatista, vabbè, ma cosa ti aspetti da un fanatico dei Genesis?)

  5. omar degoli

    so di essere fuori tema, ma devo dire che non ho mai compreso questi esperimenti, nè comprendo la ragione di questa nuova esplosione di spifferatori di notizie e pettegolezzi nell’ultima direzione (se ne fanno talmente poche che tra una e l’altra cambiano anche i mezzi di comunicazione…)
    se un partito funziona bene, una occasione come la direzione dovrebbe servire per confrontarsi in maniera anche dura e trovare una posizione da portare poi, tutti e con convinzione, nei confronti dei cittadini con i mezzi a disposizione.
    penso che un membro della direzione di un partito faccia un pessimo servizio al suo partito nel momento in cui racconta in diretta un momento di tensione, un bisticcio, un infortunio che accade in queste occasioni.
    non solo quindi se sbraca e finisce nel pettegolezzo, ma anche se fa un lavoro di cronaca. che poi, mandare centinaia di messaggi durante una riunione, mi fa pensare anche che il contenuto della riunione sia considerato in secondo piano rispetto al lavoro di cronaca e al contributo che si potrebbe invece dare partecipando, a questa riunione, con le proprie idee.
    se fossi il segretario di questo partito, inviterei i membri della direzione a stare attenti, come in classe, e a dare il proprio contributo, evitando se possibile di raccontare a tutti le problematiche che si spera di affrontare e risolvere durante la giornata.
    poi se quando escono vogliono ancora raccontare di quella volta che Fassino si è soffiato il naso, facciano pure.

  6. pla8

    la politica cerca pubblicità in ogni dove per dare visibilità a personaggi, idee, leggi, e le solite cose politiche. ora, con l’aumento dei luoghi pubblici (fb, tw, siti internet), trovo normale che la politica usi i nuovi spazi pubblici per riproporre personaggi, idee, leggi, e le solite cose politiche. capisco il punto di vista dei giornalisti: questi nuovi politici pubblicano solo quello che vogliono loro, saltando il controllo dei giornalisti sulle informazioni. ma questo è il gioco: il loro interesse è ottenere una buona visibilità per entrare nei nostri “cuori” – in realtà immagino altri organi umani ma uguale – ; il vostro interesse, in teoria, è dimostrare gli errori politici dei politici all’opinione pubblica – non ai politici, i consiglieri politici dovrebbero aiutare i politici a prendere le decisioni giuste senza editoriali da parte di giornali amici

  7. claudiocap

    In anni lontani ho contribuito ad introdurre la diretta web del “comitato centrale” (allora, mi pare, solo audio). Era il 1997 e il PDS era partito di governo, il web tutta un’altra cosa… L’esperimento fu bruscamente interrotto perché un allora ministro della Repubblica si lasciò sfuggire degli apprezzamenti non proprio elogiativi nei confronti di un capo di stato straniero… anche allora i colleghi della carta stampata non avevano del tutto compreso che cosa stesse accadendo e seguivano la direzione come fanno ora, in corridoio o in strada, perché alla fine non è importante quello che si dice in direzione, ma è più significativa la smorfia facciale di Bersani quando parla Veltroni, la forma dell’origami di D’Alema, l’incrociare delle gambe della Finocchiaro…

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