Mi aveva colpito l’equilibrio marziano di questa lettera a Repubblica, la settimana scorsa, che ieri una breve nota ha precisato debba intendersi scritta a nome dell’intero Coordinamento Nazionale Magistrati di Sorveglianza.
Sorprende e amareggia il modo con cui, nella lettera del giudice Alcamo del 27 marzo, viene messa alla berlina la decisione del Tribunale di sorveglianza di L’ Aquila, in base alle informazioni giornalistiche sulla concessione “per favismo” della detenzione domiciliare a un condannato “eccellente” per mafia: ignorando il travaglio istruttorio, decisionale ed argomentativo, la disamina dei profili di pericolosità, del complesso quadro patologico e delle risultanze peritali e tutti gli apporti processuali posti a fondamento di tale ordinanza. Omettendo di ricordare che, nel corso del processo di cognizione, il soggetto interessato, in ragione delle sue gravi condizioni di salute, aveva trascorso senza rilievi negativi lunghi periodi sia agli arresti domiciliari che in libertà. Non limitandosi a criticare il merito del provvedimento, comunque soggetto ai mezzi di impugnazione, bensì spingendosi a qualificarlo come un’ offesa all’ intelligenza comune e causa di disparità ed ingiustizie.
Fabio Gianfilippi magistrato di sorveglianza di Spoleto
Come fosse antanissimo!
Questa la passo alla sorella maggiore (che fa il magistrato di sorveglianza) acciocchè faccia uso sempiterno del sintagma chiave “travaglio istruttorio, decisionale ed argomentativo”.