Una discussione piuttosto fragile su Twitter a proposito delle rassegne stampa online sta di nuovo usando a sproposito vittimistico il termine censura, e con l’occasione reincollo una cosa che avevo scritto in Un grande paese.
Non passa mese senza che in Italia si discuta di censura. C’è un problema di libertà di informazione, in Italia, senza dubbio: e si aggroviglia con un problema di qualità dell’informazione. Esiste una vera censura su molta tv, ed esiste una censura in molte teste. Però la parola la usiamo ormai in occasione di qualunque scelta editoriale, ed è diventata l’alibi di chiunque non condivida critiche e interventi sul proprio prodotto, sia televisivo che giornalistico che letterario eccetera. Censura. Abbiamo chiamato censura ogni cosa. Abbiamo discusso di: censura. Una, sola e assoluta, aliena da variabili e contestualizzazioni, e buona per ogni occasione. Abbiamo discusso di una parola. E tutto quel che abbiamo concluso è: la-censura‐è-cattiva.
la censura è buona quando limita i miei pensieri, quelli veri
La parola censura è diventata l’alibi di chiunque non condivida critiche e interventi sul proprio prodotto, sia televisivo che giornalistico che letterario eccetera
Praticamente un abuso tra gli addetti ai lavori scontenti.
In altre parole una cosa non seria tra persone non serie che non riguarda la gente comune per bene.