Fenomenologia di Rosy Bindi

Rosy Bindi ha parecchi pregi rari tra i politici nazionali: è intelligente, non è ignorante, è onesta, sa parlare, non è demagoga. Potrebbe essere un pregio anche la sua solida convinzione delle proprie ragioni, l’indifferenza al dissenso, se si accompagnasse a una disponibilità a ripensarle, rivederle, discuterle, capirne la natura, accettare punti di vista diversi e includerli nella propria visione delle cose.
Invece Bindi mostra assiduamente di essere anche una persona rigida, “di principi” nel peggiore senso del termine, quello per cui le tue idee a un certo punto perdono contatto con la conoscenza del mondo e traggono le loro ragioni solo dal fatto che sono le tue idee e lo sono sempre state. E in quei casi, i suoi pregi diventano difetti e la sua capacità dialettica deve ricorrere a inganni e frasi a effetto per sostenere tesi fragili.

Nel suo discusso confronto con dei “contestatori” alla festa dell’Unità di Roma – in cui confesso che ho solidarizzato con lei su quelli che sembravano essere le espressioni e i modi dei contestatori – Bindi ha fatto una bella figura tra gli appassionati dell’esibizione di forza, che in Italia ormai sono moltissimi (me compreso, per quanto cerchi di trattenermi) ma ha appoggiato l’esibizione su un paio di argomenti inconsistenti.

Art. 29.

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.

Art. 30.

È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.

Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.

La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.

Il primo, perentorio e definitivo, è quello che sostiene che il matrimonio gay sia incostituzionale. Ora, questa tesi avrebbe bisogno di maggiori e puntuali argomentazioni. Qual è, nella formulazione della Costituzione sulla famiglia, il termine, il passaggio, che è palesemente contraddetto dall’ipotesi che si possano sposare due persone dello stesso sesso? E quali sono le ragioni di questa contraddizione? Bindi queste cose non le dice mai, non le affronta mai, e mi chiedo persino se ci rifletta: perché sa che se lo facesse le cose diverrebbero più complesse, si dovrebbe ricorrere a interpretazioni, si scoprirebbero zone grigie, e ci sarebbero infine armi meno forti per sostenere il suo pensiero, rispetto a: incostituzionale. E a quel punto si svelerebbe un’altra fragilità della sua obiezione, ovvero il fatto che (per parafrasare il suo frequente “non è Renzi a decidere se si fanno le primarie”) in Italia non è Bindi a decidere cosa sia incostituzionale e cosa no, e che se il tema è oggetto di tanto confronto, e tante persone anche competenti hanno un’opinione differente dalla sua, forse è il caso di verificare, approfondire, nelle sedi competenti e con una discussione attenta. Invece, come dicevamo, Bindi non è familiare con questo metodo: una volta che di una cosa si è convinta lei, non sono necessari né utili altri pareri e informazioni, né fornire elementi di conforto alla sua convinzione.

Il secondo argomento ingannevole usato da Rosy Bindi riguarda un tema più ampio, ovvero il PD e la pluralità di opinioni che deve contenere. È uno dei trucchi dialettici più comuni e usati, quello che occulta la possibilità di avere torto e rimuove il confronto in nome delle “opinioni diverse”. Ieri persino Pierferdinando Casini ha difeso le stupidaggini che aveva appena detto sul matrimonio gay “violenza della natura” ricorrendo al rispetto di opinioni diverse. Ma le opinioni diverse non sono tutte uguali e tutte ugualmente fondate e tutte ugualmente rispettabili. Se la tua opinione è sbagliata, se è sciocca, se è ignorante, se è contraddetta dai fatti, non ha lo stesso valore di una più competente, più fondata, più aderente alla realtà, più rispettosa degli altri: e il “pluralismo” (compreso il famigerato “pluralismo dell’informazione”) è diventato da tempo un alibi per trascurare qualunque ricerca di qualità e verità e correttezza, e avallare ogni opinione come nobile o giusta in quanto tale. Invece no, e quando una tesi seria e sensata e proficua raccoglie consensi e raduna più persone e convince di più, è meglio. Il giorno in cui tutti nel PD saranno favorevoli al matrimonio gay, non sarà un brutto giorno; ma nemmeno il giorno in cui fossero tutti contrari, se ci pensate.

Quindi, un conto è sapere che un grande partito di centrosinistra deve realisticamente coinvolgere persone e opinioni anche molto diverse, altro è rivendicare questo come una giustificazione di qualunque dissenso e lontananza tra queste opinioni, e addirittura un’ambizione da coltivare, confondendo la varietà delle culture e degli approcci con la varietà delle conclusioni (il problema del pensiero unico cosiddetto, è che è imposto, forzato: un pensiero unico libero, come è quello che abbiamo contro la schiavitù, non ha niente che non va). Ha ragione Bindi a chiedere che il PD non sia solo un partito di sinistra, ma “plurale”: ma questo non rimuove minimamente la necessità che qualunque scelta sia giustificata e aderente a un’idea condivisa sui diritti delle persone; non rimuove minimamente la necessita che per decidere di togliere ad alcuni l’opportunità di sposare la persona che amano, ci vogliono giustificazioni assai più solide che non “la pluralità delle opinioni” e la “sensibilità cattolica”. Non è la “sensibilità cattolica” quello che il Partito Democratico ha voluto accogliere quando ha deciso di non essere solo un partito di sinistra, ma di restare un partito laico: sono persone e idee capaci di arricchire il suo progetto e migliorare il paese con maggiore e più vario patrimonio di oculati e argomentati punti di vista, figli di culture, intelligenze e generosità. Quelli che sono mancati ai muscolari, affascinanti e superficiali interventi recenti di Rosy Bindi.

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43 commenti su “Fenomenologia di Rosy Bindi

  1. uqbal

    Abbastanza d’accordo. In più noterei che:

    1) la Costituzione va rispettata, ma non è la legge delle XII tavole: se fosse vero che la Costituzione vieta i matrimoni gay, sarebbe da cambiare la Costituzione, non i diritti dei gay.

    2) Il rispetto delle opinioni altrui e la pluralità delle idee significa anche che a casa sua ognuno fa come gli pare -basta che pubblicamente siano ribaditi i principi di mutuo rispetto e la mutua tutela della libertà-. Quindi, come diceva Whoopy Goldberg citata da Sofri sr., se si è contro il matrimonio gay, è sufficiente non sposare un gay, e fine. Invece per la Bindi la pluralità di opinioni e vedute è questa: a casa della Bindi i gay non si sposano, a casa di un gay si fa come dice la Bindi. E la pluralità, che fine fa?

  2. Luca Ferrara

    Non mi è chiaro questo passaggio:
    “Il giorno in cui tutti nel PD saranno favorevoli al matrimonio gay, non sarà un brutto giorno; ma nemmeno il giorno in cui fossero tutti contrari, se ci pensate”.
    Non è in contraddizione con quanto precedentemente esposto?

  3. turycell

    Secondo me la Bindi non merita gli attacchi che sta subendo in questi giorni da parte dei “blogger del PD”. È impensabile che nel nostro paese si realizzi improvvisamente il matrimonio omosessuale, senza passare da alcuni gradini intermedi; e la Bindi mi sembra una dei pochi politici che si siano attivamente interessati per salire questi gradini.

    L’episodio non l’ho visto direttamente, ma se come sembra ha detto una cosa tipo “Senza di me vi scordate anche i PACS”, credo che abbia ragione.

    Sono d’accordo con uqbal: se la Costituzione impedisce di stabilire il matrimonio omomsessuale, la si cambia. Aggiungo poi che, da cattolico sposato, non proverei alcun fastidio a vedere due uomini che si sposano – anzi, non riesco neanche a capire perché dovrei poter provare fastidio.

  4. rafeli

    Questo post è soprattutto scritto molto bene. Certo, lei è un po’ cocciuta sull’argomento specifico. Ma ad avercene altre di Bindi, sarebbe sicuramente un vantaggio. E’ una donna presa in considerazione in quanto politico e per le sue posizioni: non è un dettaglio da poco, in un PD dove per esempio i gay non riescono ad essere altro che rappresentanti del mondo gay.

  5. lookandfeel

    Il pluralismo fino a stesso è detestabile ed è un tipico difetto della società di questi tempi (vedi alla voce relativismo) oltre che del PD. Ma il sostenere che da una parte esista “un’ opinione sbagliata, sciocca, ignorante e contraddetta dai fatti” e dall’altra “una più competente, più fondata, più aderente alla realtà, più rispettosa degli altri” solo perché “raccoglie consensi e raduna più persone e convince di più” non mi torna un granché. In questo caso più che di una idea giusta, si tratta, a mio avviso, di un’idea semplicemente maggioritaria. Il che va bene, ma chi fa parte della minoranza avrà pur diritto di esistere e di difendersi. Con stima.

  6. Vano

    Caro Luca,

    Lungi da me difendere la Bindi, che non gode della mia stima. Però, a conti fatti, sotto il profilo del diritto costituzionale ha ragione lei. E’ quanto stabilito dalla Corte Costituzionale (sent. 138 del 2010), secondo cui l’art. 29 della Costituzione (che stabilisce, nel primo comma, che “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”, e nel secondo comma aggiunge che “Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”) deve essere interpretato, sotto il profilo giuridico, come una norma che disvela i suoi effetti solo sulle coppie eterosessuali.
    Sebbene la Corte riconosca che “i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere “cristallizzati” con riferimento all’epoca in cui la Costituzione entrò in vigore, perché sono dotati della duttilità propria dei princìpi costituzionali e, quindi, vanno interpretati tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell’ordinamento, ma anche dell’evoluzione della società e dei costumi”, detta interpretazione “non può spingersi fino al punto d’incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata” perché l’interpretazione giuridica non può che fare riferimento:
    a) al dato storico dei lavori preparatori della norma stessa (e a questo riguardo la Corte precisa che “i costituenti, elaborando l’art. 29 Cost., discussero di un istituto che aveva una precisa conformazione ed un’articolata disciplina nell’ordinamento civile” riconoscendo cioè che “essi tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che, come sopra si è visto, stabiliva – e tuttora stabilisce – che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso”)
    oppure
    b) all’ordinamento vigente e della disciplina riservata all’istituto del matrimonio (sempre secondo la Corte: “l’istituto del matrimonio civile, come previsto nel vigente ordinamento italiano, si riferisce soltanto all’unione stabile tra un uomo e una donna. Questo dato emerge non soltanto dalle norme censurate, ma anche dalla disciplina della filiazione legittima (artt. 231 e ss. cod. civ. e, con particolare riguardo all’azione di disconoscimento, artt. 235, 244 e ss. dello stesso codice), e da altre norme, tra le quali, a titolo di esempio, si può menzionare l’art. 5, primo e secondo comma, della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nonché dalla normativa in materia di ordinamento dello stato civile”)

    Il che non significa che non esistano zone grigie: la stessa Corte, per esempio, riconosce che “l’art. 2 Cost. dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali”, e che, all’interno della categoria delle formazioni sociali contemplata da tale articolo, “è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”. Tuttavia “si deve escludere che l’aspirazione a tale riconoscimento – che necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia – possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio”, e che pertanto “spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette”.

    In sintesi: l’art. 29 nella sua interpretazione più autorevole (e nella sua effettiva validità) riconosce l’istituto del matrimonio solo alle coppie eterosessuali. La Corte, conscia dei suoi limiti, è chiarissima al riguardo: “Questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di procedere ad un’interpretazione creativa”. Eppure la Corte stessa suggerisce (al Parlamento, cui spetta la competenza in materia) di creare un istituto diverso dal matrimonio per le coppie omosessuali (le unioni civili) che avrebbe riconoscimento costituzionale poggiando sull’art. 2 della Costituzione.

    Questo è il diritto costituzionale. Che può essere certamente cambiato (nei tempi e nei modi previsti dalla Costituzione stessa) perché la Costituzione non è un feticcio immodificabile, ma si adatta (in via interpretativa o – come in questo caso – in via di revisione formale) allo spirito dei tempi, come è giusto che sia.

    Però – ed è questo il punto – trovo davvero poco utile che in certi ambienti si spacci come verità inoppugnabile qualcosa che in realtà non lo è, e si attacchi con ignorante e violenza sicumera chi dica il contrario: se prima del 2010 si poteva forse discutere delle diverse interpretazioni della norma, con la sentenza 138 il dato interpretativo è definitivamente chiaro. Non mi riferisco tanto a te, quanto piuttosto a quel modo arrogante di raccontare le vicende giuridiche che poi porta la gente poco pratica del diritto ad essere convinta di essere nel giusto quando si alza in piedi a contestare la bindi e a darle della bugiarda.

    Le cose sono certo sempre molto complicate (e, peraltro, il dato giuridico non è un dogma di fede, ma può sempre essere superato da una volontà politica: non siamo schiavi delle leggi, sono le leggi che servono – o dovrebbero servire – a farci vivere meglio) ma il fine non giustifica mai i mezzi: andare in giro a raccontare che la Costituzione permetterebbe il matrimonio omosessuale è falso, e produce fenomeni che non sono utili a nessuno.

    Mi scuso per la lungaggine.
    Ciao.

  7. LeIntrovabili

    Approfondisco un punto che Luca Sofri ha solo sfiorato: giustamente, chi decide se una nuova legge sia incostituzionale o meno non è Rosy Bindi (né alcun altro membro del parlamento), ma la Corte costituzionale. E, interrogata su una questione inerente il codice civile e le unioni omosessuali, la Corte costituzionale il 23 marzo 2010 ha implicitamente statuito il contrario:

    http://www.giurcost.org/decisioni/2010/0138s-10.html

    Cito: «[N]ell’ambito applicativo dell’art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale la possibilità d’intervenire a tutela di specifiche situazioni (come è avvenuto per le convivenze more uxorio: sentenze n. 559 del 1989 e n. 404 del 1988). Può accadere, infatti, che, in relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte può garantire con il controllo di ragionevolezza».
    Tradotto: la Corte costituzionale non può sostituirsi al parlamento e istituire nuove figure giuridiche, come quella del matrimonio omosessuale, che risulta una delle opzioni percorribili. La corte costituzionale interverrà nel caso queste nuove figure giuridiche, una volta entrate in vigore, provochino conflitti con alcuni principi della Costituzione: ad esempio l’uguaglianza di fronte alla legge dei cittadini indipendentemente dal loro sesso.

    Ancora più esplicito: «[P]er formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri».
    È evidente che se la Costituzione all’art. 2 vietasse questo tipo di unione, la Corte costituzionale non avrebbe espresso tale pensiero, che nello svolgersi delle argomentazioni della sentenza è incidentale.

    Scommessa scherzosa: la penultima nazione in ordine di tempo in Europa ad avere i matrimoni omosessuali sarà l’Albania; l’ultima sarà l’Italia. :-) Finora non ho trovato sfidanti: quei pochi a cui ho prospettato l’ipotesi erano mestamente d’accordo con me.

  8. LeIntrovabili

    Attenzione, Vano: stai confondendo due ambiti. La Corte Costituzionale non entra nel merito se un’eventuale norma sui matrimoni omosessuali sia in contrasto con alcuni articoli del codice civile, come il 39. Probabilmente sarebbe in contrasto, come dici tu: ma cambiare il codice civile è più facile che cambiare la costituzione. Non è inutile ricordare che il codice civile risale al 1942, l’ultimo periodo del fascismo.

    E le seguenti parole sono interpretazioni tue: “Eppure la Corte stessa suggerisce (al Parlamento, cui spetta la competenza in materia) di creare un istituto diverso dal matrimonio per le coppie omosessuali (le unioni civili) che avrebbe riconoscimento costituzionale poggiando sull’art. 2 della Costituzione” (grassetto mio). Perché un istituto diverso? La sentenza non lo dice in nessun punto.

  9. Vano

    Mi spiego: diverso dal matrimonio di cui all’art. 29.
    E su questo punto la Corte è chiarissima, tanto è vero che la sentenza che citi(amo) è una sentenza di rigetto, non di accoglimento. La sentenza n.138/2010 è originata dalle richieste di due differenti giudici a quo, quello di Venezia e quello di Trento, di verificare se l’attuale restrizione avverso le coppie dello stesso sesso di contrarre matrimonio prevista dall’ordinamento italiano possa ancora ritenersi legittima alla luce dell’evoluzione sociale in materia di libertà matrimoniale e diritto al riconoscimento.
    E la risposta della Corte è: sì, è ancora legittima. L’art. 29 non consente di sposarsi, l’art. 2 permette(rebbe) al parlamento di individuare idonee forme di convivenza civile per coppie dello stesso sesso. Ma non è il matrimonio (costituzionalmente parlando), e sul punto la Corte è chiarissima: oltre alle citazioni riportate sopra (ricito: “si deve escludere che l’aspirazione a tale riconoscimento (…) possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio”, ed infatti la ragionevolezza con cui la corte potrebbe annullare differenti trattamenti che citi tu si riferisce inevitabilmente ad ipotesi in cui vivano nell’ordinamento due istituti diversi, altrimenti se agli omosessuali fosse riconosciuta la stessa copertura dell’art. 29 non avremmo ipotesi di diverso trattamento) c’è anche questa, in riferimento al principio di uguaglianza: “in questo quadro, con riferimento all’art. 3 Cost., la censurata normativa del codice civile che, per quanto sopra detto, contempla esclusivamente il matrimonio tra uomo e donna, non può considerarsi illegittima sul piano costituzionale. Ciò sia perché essa trova fondamento nel citato art. 29 Cost., sia perché la normativa medesima non dà luogo ad una irragionevole discriminazione, in quanto le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio”.

    Le unioni omossessuali (che esistono di fatto nella realtà) (e che la Corte auspica che vengano regolate anche dalla legge anche tu ricordando però che è compito del Parlamento provvedere) sono cosa diversa dal matrimonio regolato dal codice civile e che poggia sull’art. 29 della costituzione: qualsiasi interpretazione giuridica che voglia equipararli è contraria alla costituzione.

    Il che, appunto, non vuol dire nulla: le Costituzione, volendo, si cambiano.

  10. Murmur

    Meno stato. Contratti e PACS per qualsiasi tipo di unione tra maggiorenni.

    Sono contrario all’adozione da parte di coppie omosessuali, così come lo sono da parte di una coppia di fratello e sorella, o di una famiglia composta da un uomo e 5 donne. Ritengo che l’adozione debba essere limitata alle coppie eterosessuali non imparentate. Per questo motivo sono contrario al matrimonio tra persone dello stesso sesso.

    Se siete favorevoli al matrimonio omosessuale, perchè non lo siete, ad esempio, al matrimonio tra fratello e sorella o alla poligamia? E non tirate fuori la storia dei paragoni impossibili… Se vogliamo discutere sul piano “logico”, allora bisogna accettarne le conseguenze.

  11. fafner

    Il più maturo contributo di Rosy Bindi alla questione di cui sopra è stato teorizzare forme registrate di convivenza che riconoscessero i diritti in capo ai singoli ma non alla coppia, di nuovo con abbondante ricorso a ipotetiche preclusioni costituzionali. La sofisticheria serviva soprattutto a giustificare unioni light che, si assicurava, avrebbero riguardato incidentalmente le coppie gay, ma che avrebbero finalmente portato alla luce del sole le innumerevoli, problematiche convivenze tra anziane sorelle vedove o tra cognate separate di salute inferma.
    La verità è che il Pd affronta la questione fuori tempo massimo: nel frattempo sono arrivate le aperture di Hollande, Cameron, Obama sul matrimonio, ed è difficile liquidare la cosa come un’eresia del socialismo spagnolo. E il partito ne paga come conseguenza di apparire irrisolto e nicchiante su questioni che per una certa parte dell’elettorato di sinistra sono ragioni di identità. Soprattutto il dibattito continua a eludere la misura esatta dei diritti che si attribuirebbero alle coppie gay: c’è da aspettarsi che la maggior sintesi corrisponda alla maggior evanescenza dell’istituto.
    In più riterrei sbagliato sottovalutare il problema dei diritti civili: allearsi con Casini significa accettare il suo eforato su questi temi, orgogliosamente esercitato in nome di posizioni non negoziabili. Per spirito di contraddizione, mi aspetto che l’elettorato di sinistra si faccia ancora più sensibile alle rivendicazioni laiche, e il problema culturale non si potrà risolvere rifiutando di mettere ai voti una mozione.

  12. LeIntrovabili

    Sì, ora sei stato più chiaro, e hai inquadrato meglio la questione.

    Tuttavia credo che tu abbia un po’ frainteso il ruolo della Corte costituzionale italiana. Nel caso specifico, come hai giustamente ricordato, era stata chiamata a esprimersi su un quesito riguardante l’incompatibilità di alcuni articoli della legge (vigente) con la Costituzione (vigente), e giustamente lo ha rigettato: le leggi prese in esame, per quanto vecchie (il codice civile è del 1942, 6 anni prima la promulgazione della Costituzione), sono compatibili.

    La Corte costituzionale non può esprimersi sulla costituzionalità di una legge che nemmeno esiste! È questo che molti che strumentalizzano quella sentenza dimenticano. In certi casi la Corte viene invitata a pronunciarsi su di una legge che è in discussione (questioni di legittimità costituzionale in via principale: per la verità in Italia accade di rado). Se, e solo se, una legge arriverà alla discussione in commissione, o in una delle due Camere, e la Corte costituzionale verrà invitata a pronunciarsi, si potrà finalmente dire se la Costituzione italiana proibisce i matrimoni omosessuali o no. Secondo me no: nel 1947 in Italia era a tal punto inconcepibile il matrimonio fra persone dello stesso sesso, che i costituenti non pensarono di scrivere alcunché sull’argomento.

    Quindi mi associo a quanti hanno criticato la sicumera di Rosy Bindi, che tra l’altro non è propriamente una giurista (è laureata in scienze politiche), quando ha affermato “il matrimonio gay è incostituzionale”. Si fosse limitata a dire che i matrimoni omosessuali sono in contrasto con questo e quell’articolo del codice civile, o di altra legge, avrebbe avuto (probabilmente) ragione. Ma capisco che brandire la costituzione faccia molto più effetto. :-)

  13. LeIntrovabili

    Per Murmur

    Sono contrario all’adozione da parte di coppie omosessuali, così come lo sono da parte di una coppia di fratello e sorella, o di una famiglia composta da un uomo e 5 donne. Ritengo che l’adozione debba essere limitata alle coppie eterosessuali non imparentate. Per questo motivo sono contrario al matrimonio tra persone dello stesso sesso.

    Guarda che nulla vieta di limitare o addirittura precludere il diritto all’adozione delle coppie unite in matrimonio omosessuale. La legge sull’adozione è una legge a parte, non c’entra col matrimonio.

    Il resto del commento esprime paradossi piuttosto superficiali (“se mi posso sposare con un altro uomo, allora lo posso fare con un armadillo”, il senso è questo), nemmeno vale la pena di esaminarli.

  14. uqbal

    Murmur

    Infatti per me la gente, adulta e consensuale, può fare quel che gli pare. Non mi risulta peraltro che ci siano in giro fratelli e sorelle che rivendicano il diritto di sposarsi. A me fa già abbastanza specie che si sposino i cugini, ma saranno fatti loro?

    Se poi una donna vuole condividere il marito con altre donne, o un marito vuole condividere la moglie con altri uomini, di nuovo fatti loro.

    Nell’adozione l’unico principio ispiratore, necessario e sufficiente, deve essere il benessere del bambino. Se i pediatri e gli scienziati ci dicono che due uomini o due donne possono crescere serenamente un bambino, bene, un orfano in meno.

  15. LeIntrovabili

    Per fafner

    La verità è che il Pd affronta la questione fuori tempo massimo: nel frattempo sono arrivate le aperture di Hollande, Cameron, Obama sul matrimonio, ed è difficile liquidare la cosa come un’eresia del socialismo spagnolo.

    Hai centrato il problema. E aggiungo che le leggi sui matrimoni omosessuali in Europa sono state già approvate anche in Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Norvegia, Islanda e Portogallo.
    Tuttavia non credo che si giungerà mai né ai matrimoni omosessuali, né ad altre forme di unioni civili. Non per via parlamentare, almeno; ipoteticamente, se l’UE un giorno lo imponesse dall’alto…

    In più riterrei sbagliato sottovalutare il problema dei diritti civili: allearsi con Casini significa accettare il suo eforato su questi temi, orgogliosamente esercitato in nome di posizioni non negoziabili.

    Discutere di eventuali alleanze in questa fase, quando ancora non si sa con certezza con che legge elettorale si andrà a votare, è prematuro. In generale, è dal 1994 che il partito più grande della sinistra non ne azzecca una, di alleanza! E i risultati si vedono. :-)

    e il problema culturale non si potrà risolvere rifiutando di mettere ai voti una mozione.

    Quando rischi una scissione del partito per questo, si può rifiutare eccome. O piuttosto, si può rimandare sine die.

  16. Vano

    Mi sa che il ruolo della corte l’hai frainteso tu, e soprattutto hai fraiteso la sentenza: non si giudica appunto di una legge che non esiste, si giudica della costituzionalità delle norme sul matrimonio nella parte in cui non permettono a gente dello stesso sesso di sposarsi. Il parametro costituzionale (tra gli altri, gli altri sono giudicati inammissibili dalla Corte stessa ma non rilevano nel discorso) è l’art. 3 uguaglianza con l’art. 29 come tertium comparationis. E la Corte, appunto, risponde appunto con sentenza di rigetto: non c’è disuguaglianza, la norma è costituzionale, matrimonio (eterosessuale) e coppie omosessuali sono cose diverse. L’obiter dictum (tale è) sull’art. 2 e sulle unioni civili è molto ma molto chiaramente inserito in un contesto per cui il matrimonio “costituzionale” è per persone di sesso diverso, e ciò è legittimo.
    Altrimenti, se ritenesse le due situazioni di fatto (coppie etero e omosessuali) uguali, accoglierebbe la questione (magari con un interpretativa) sulla base dell’art. 3. Invece no: situazioni diverse, trattamenti diversi (che diversamente meriterebbero comunque di essere regolamentati da una legge del parlamento, cioè da un istituto che non è quello del matrimonio ma un altro, e sul quale la corte in futuro potrebbe applicare il principio di ragionevolezza ove la legge stessa differenziasse irragionevolmente i due – diversi – istituti)

    Il punto è che la bindi (e dio solo sa quanto mi costa difenderla) ha detto espressamente: “c’è una interpretazione della Corte Costituzionale…” e la risposta dal pubblico è “è falso! dici cazzate” Lo puoi sentire tu se http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/07/19/matrimoni-bindi-costituzione-vieta-scoppia-bagarre-alla-festa-dellunita/201955/

    Ed invece no, è vero.

  17. fafner

    Qui c’è chi è più costituzionalista della Corte costituzionale, che per di più è sovente in disaccordo con se stessa agli occhi di chi ne conosce a fondo la giurisprudenza. Vogliamo sapere davvero se il matrimonio gay è illegittimo? Basta fare una legge e attendere che la questione incidentale venga sollevata, magari dal pubblico ministero ex 70 c.p.c.: non mi pare che stiamo parlato di sovvertimento dell’ordine costituzionale.
    Se vogliamo parlare di recenti incostituzionalità palesi, non mi pare che in materia di servizi pubblici locali il legislatore si sia fatto spaventare dal gran cimento del giudizio di costituzionalità: e la norma è stata bocciata senza tante sorprese, dal momenti che riproponeva in parte l’identico testo bocciato dal referendum.
    Il dibattito in punta di diritto mi ricorda come gli antidivorzisti sostenessero che l’istituto sarebbe stato incostituzionale sulla base delle solite argomentazioni: ritenevano che il richiamo al giusnaturalismo contenuto nell’art. 29 rendesse indissolubili le nozze, come oggi si ritiene che postuli la differenza di sesso. Sappiamo com’è finita: il divorzio è diventato il peccato preferito dei cattolici.
    Ma a prendere sul serio questi ragionamenti, bisognerebbe che la Corte dichiarasse incostituzionale la norma che impedisce l’annullamento del matrimonio, ad esempio, se i coniugi hanno coabitato per un anno malgrado la scoperta di una malattia o di una devianza che rende impossibile la vita coniugale: se il matrimonio è una società naturale, come vuole la Costituzione, tutti i casi di devianza dal paradigma naturale dovrebbero essere sanzionati con la nullità in ogni tempo, e il legislatore non potrebbe porre una limitazione arbitraria all’annullamento.
    Come si vede, il discorso è complesso, per chi conosce il diritto, e vale poco riportare pedissequamente una sentenza della Corte costituzionale senza riflettere sul contesto.

  18. Lorenzo79

    Ma le opinioni diverse non sono tutte uguali e tutte ugualmente fondate e tutte ugualmente rispettabili. Se la tua opinione è sbagliata, se è sciocca, se è ignorante, se è contraddetta dai fatti, non ha lo stesso valore di una più competente, più fondata, più aderente alla realtà, più rispettosa degli altri: e il “pluralismo” è diventato da tempo un alibi per trascurare qualunque ricerca di qualità e verità e correttezza, e avallare ogni opinione come nobile o giusta in quanto tale.
    Questa frase mi ha molto colpito e la voglio fare mia. Bell’articolo Luca.

  19. LeIntrovabili

    Allora, ho guardato il pezzo (che ha qualche taglio qua e là, quindi non so di che parlavano prima). Rosy Bindi dice: “C’è un’interpretazione della Corte costituzionale su questo punto che esplicitamente parla [fischi, interruzione]… se vuoi te la cito [interruzione]…”. Quindi è difficile sapere che cosa intendesse dire esattamente Rosy Bindi. È vero, le sue parole sono state riferite in maniera semplificata, anche qui su Wittgenstein…

    Riassumiamo per chi non conosce la vicenda la questione posta alla Corte costituzionale nel 2010: a Venezia e a Trento alcune coppie omosessuali, constatato il rifiuto dell’ufficiale di Stato civile a celebrare i rispettivi matrimoni, hanno percorso le vie legali giungendo infine a sottoporre la questione alla Corte costituzionale. Per quanto riguarda il tribunale di Venezia, sarebbero incostituzionali in rapporto agli articoli 2, 3, 29 e 117, primo comma, della Costituzione, i seguenti articoli del codice civile: 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis e 156-bis. Per quanto riguarda il tribunale di Trento, sarebbero incostituzionali in rapporto agli articoli 2, 3 e 29 della Costituzione i seguenti articoli del codice civile: 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis e 156-bis.

    In breve, la Corte costituzionale non ha rilevato alcuna incompatibilità con la Costituzione. Fine. È sbagliato trarre da questa sentenza la conseguenza che per la Costituzione italiana il matrimonio è solo fra persone di sesso opposto (e quindi, che l’unico metodo sarebbe emendare la costituzione). In nessun punto della sentenza viene espresso questo concetto, anzi, la Corte costituzionale fa esplicito riferimento a una norma che il parlamento può votare. Essendo il supremo organo in materia di diritto Costituzionale, la Corte avrebbe scritto nero su bianco che era necessaria anche la revisione di uno o più articoli della Costituzione, e indicato quali, se non esplicitamente, perlomeno in maniera incidentale. Invece, nessun cenno a revisioni costituzionali future.

    Per fare un paragone terra-terra: se un tribunale penale sollevasse la questione di legittimità costituzionale perché un imputato britannico non può essere liberato su cauzione (in inglese bail), mentre al suo Paese lo può fare, la Corte, non c’è dubbio, rigetterebbe subito la questione. Ma questo non significa affatto che l’istituto della libertà su cauzione in Italia sia incostituzionale. Semplicemente, non c’è: va approvata una legge apposita, se lo si ritiene necessario.

    Aggiungo infine che, a quanto ne so, in tutti i Paesi in cui è stato approvato il matrimonio omosessuale si sono resi necessari anche cambiamenti a leggi collegate e adattamenti alla terminologia relativa al matrimonio. È inevitabile, quando si va a toccare una materia così centrale nel codice civile e nel diritto di famiglia. Ma la costituzione non c’entra.

  20. LeIntrovabili

    Sì, fafner, sono d’accordo che appoggiarsi alla Corte costituzionale è l’ultima thule di buona parte del mondo cattolico che non può citare le encicliche papali e i passi della Bibbia (un tempo l’avrebbero fatto). Però non guasta far loro notare, sentenza alla mano, che non c’è scritto quello che loro vorrebbero leggerci.

  21. pifo

    Ma quale trucco dialettico e quale fenomenologia!
    La Bindi ha chiaramente e semplicemente detto che il PD é l´unica possibilitá che questo paese possiede e che in quanto tale deve esserne a tutti i costi tutelata e preservata l´unita delle sue componenti e l´efficacia della sua azione politica.
    Li ha compresi, Sig. Sofri, i passaggi sul partito personale, sul bipolarismo etico e sul “io ho bisogno di voi!”?
    Chi crede che le posizioni di prinicpio, alla Scalfarotto, siano acquisite, digerite e metabolizzate all´interno di tutta la geografia del partito e che certi “timori” siano solo manifestazioni della sua componente bigotta, sessuofoba, omofoba, si sbaglia di grosso: i dubbi, i distinguo ci sono e devono essere rispettati, Costituzione o no, pena la unitá del partito che é la sola possibilitá che questo paese, inclusi i gay, ha di migliorare qualcosa.
    E´una questione di realismo politico che taglia la testa al toro di qualsiasi altra ingannevole discussione: quando hai un solo ponte per passare sani e salvi tutti dall´altra parte … devi innanzitutto fare in modo che rimanga in piedi!
    Saluti

  22. LeIntrovabili

    E´una questione di realismo politico che taglia la testa al toro di qualsiasi altra ingannevole discussione: quando hai un solo ponte per passare sani e salvi tutti dall´altra parte … devi innanzitutto fare in modo che rimanga in piedi!

    Sani e salvi, e pure vergini.
    Ma a chi va bene così…

  23. Pingback: Fenomenologia di Rosy Bindi | Wittgenstein

  24. rogly

    Il matrimonio gay con la morale e con la religione non c’entra nulla, è un problema mal posto o meglio posto in maniera strumentale. Lo Stato deve tutelare la famiglia tradizionale (ovvero quella composta da uomo e donna) non per motivi religiosi (sarebbe contrario ai principi fondanti del moderno stato di diritto e alla laicità) ma per un motivo molto semplice di tutela dell’interesse pubblico, cioè di tutti: la famiglia è l’unica formazione sociale che permette grazie ai figli alla società di sopravvivere a se stessa ed avere quindi un futuro che eviti il rischio dell’estinzione. Poichè le altre unioni fra persone, anche fra persone dello stesso sesso, pur se perfettamente lecite non hanno la stessa funzione, credo sia corretto che non abbiano lo stesso status giuridico. È la migliore declinazione a mio avviso del concetto di uguaglianza: si trattano in modo uguale situazioni uguali ed in modo diverso situazioni differenti. Sotto il profilo dell’interesse pubblico alla sopravvivenza ed alla continuità della società e della specie umana una famiglia tradizionale che può generare figli ed una omosessuale cui questa possibilità è negata dalla natura non stanno sullo stesso piano. La morale e la religione con questo discorso non c’entrano nulla

  25. LeIntrovabili

    Per rogly

    Il matrimonio gay con la morale e con la religione non c’entra nulla, è un problema mal posto o meglio posto in maniera strumentale.

    Qui su Wittgenstein però nessuno l’ha posto.
    Si parlava di una dichiarazione pubblica di Rosy Bindi, non proprio felice.

    Lo Stato deve tutelare la famiglia tradizionale (ovvero quella composta da uomo e donna) non per motivi religiosi (sarebbe contrario ai principi fondanti del moderno stato di diritto e alla laicità) ma per un motivo molto semplice di tutela dell’interesse pubblico, cioè di tutti: la famiglia è l’unica formazione sociale che permette grazie ai figli alla società di sopravvivere a se stessa ed avere quindi un futuro che eviti il rischio dell’estinzione.

    Ma che dici? Non è assolutamente l’unica. Esistono le madri single. Esistono le coppie lesbiche, che, se dovessimo basarci come criterio solo sulla possibilità di procreare, varrebbero il doppio. :-) E per quanto riguarda le cure parentali, esistono le coppie adottive e le famiglie affidatarie, nel caso i genitori naturali non ci siano più, o non possano più occuparsi della prole.

    Giuridicamente parlando, sei rimasto un po’ indietro: è almeno dal 1975, cioè dal nuovo diritto di famiglia, che l’impossibilità ad avere figli (per impotenza, sterilità, quello che vuoi) non è più motivo di annullamento del matrimonio. Una coppia senza figli è una famiglia a tutti gli effetti, per la legge italiana.

    Poichè le altre unioni fra persone, anche fra persone dello stesso sesso, pur se perfettamente lecite non hanno la stessa funzione, credo sia corretto che non abbiano lo stesso status giuridico.

    Per ora di status giuridico non ne hanno proprio. Né uguale alle coppie eterosessuali, né basato su presupposti diversi. Nulla. Le coppie dello steso sesso non esistono, e non esisteranno ancora per molti decenni, se fra gli eletti al parlamento saranno in maggioranza quelli che pensano più al Vaticano che ai cittadini.

  26. rogly

    Per LeIntrovabili
    A parte qualche caduta di stile (“ma che dici?” non mi sembra l’espressione più educata e rispettosa per chi ha opinioni diverse rispetto alle proprie non campate per aria o assurde e provocatorie), si fa entrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta. Lei ha aperto il suo intervento di replica al mio post dicendo che su Wittgenstein nessuno ha mai parlato di morale o religione e lo chiude facendo riferimento al Vaticano (che io non ho mai citato). Detto questo, è interessante il suo punto sullo status giuridico: la coppia omosessuale può con gli ordinari strumenti del Codice Civile dare un assetto giuridico e patrimoniale alla propria convivenza. Non c’è alcun bisogno di inventarsi matrimoni di serie B o altri istituti giuridici fermo restando che per quanto detto sopra lo status giuridico della famiglia tradizionale (con o senza figli, il discorso da lei esposto sulle coppie che non possono procreare è concettualmente mal posto. Si tratta comunque di famiglie che potenzialmente possono generare una vita mentre alle coppie gay ciò è negato in radice anche a livello potenziale). I gusti sessuali delle persone sono e devono essere assolutamente indifferenti per lo Stato mentre non lo deve essere l’interesse pubblico alla sopravvivenza e alla continuità della società. Altrimenti lo Stato abdicherebbe ad uno dei suoi compiti fondamentali che ne giustificano la sua stessa esistenza

  27. Giovanni Bachelet

    Premesso che il mio caso è abbastanza raro (in assemblea nazionale ho approvato il documento sui diritti e ho sottoscritto l’odg di Ivan Scalfarotto per i matrimoni gay) vorrei segnalare, ma vedo che l’hanno fatto già altri, che per me i due argomenti, sia quello su matrimonio e Costituzione, sia quello sul pluralismo interno di un partito democratico a vocazione governativa e non puramente testimoniale, non sono per niente fragili.

    Su matrimonio e Costituzione la discussione è ampia in letteratura. La Bindi, che fino a 38 anni faceva la ricercatrice universitaria di diritto (contrariamente a D’Alema, Veltroni, Rutelli e Renzi che hanno intrapreso la politica a tempo pieno durante o subito dopo gli studi) ed è insieme alla Pollastrini l’unico ministro italiano che abbia provato a metter mano ai diritti ai tempi dei DICO, mi pare abbastanza informata e competente da esprimere un parere non fragile ma solido. E in effetti lo scorso 19 luglio due giuristi che non mi risultano come clericali e nemmeno come bindiani, Vlamdimiro Zagrebelsky (http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10346) e Stefano Rodotà (http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search&currentArticle=1HVH5S) hanno con diversi accenti confermato che l’interpretazione prevalente della Costituzione e della recente sentenza sui matrimoni implica che per le unioni con diritti praticamente identici a quelli matrimoniali (come la Lebenspartnerschaft in Germania) sia sufficiente una legge ordinaria, mentre per il matrimonio sia necessaria una modifica costituzionale, notoriamente più impegnativa di una legge ordinaria. Esiste anche una corrente di costituzionalisti che sostiene la tesi contraria. A me sta simpatica, ma temo sia fortemente minoritaria. Dopodiché se le cose stanno così si può ugualmente discutere se, a parità di obbiettivo (ottenere il massimo possibile nella prossima legislatura) ci convenga partire dall’orizzonte del matrimonio malgrado la quasi certa necessità di una riforma costituzionale o puntare su una soluzione che incontri il maggior numero di consensi nel partito e anche fuori (come suggerirebbe anche un recente sondaggio di Repubblica, vedi http://temi.repubblica.it/repubblica-sondaggio/?cmd=vedirisultati&pollId=3375). Ma la tesi pro-unioni ha (purtroppo) una base costituzionale abbastanza solida. [NB Cristiana Alicata mi ha segnalato che il 28 giugno scorso il Parlamento tedesco ha bocciato la proposta dei loro Verdi di equiparare anche formalmente il matrimonio con la Lebenspartnerschaft.]

    Il pluralismo interno di un partito, ferma restando l’ispirazione di fondo (per esempio i principi della Rivoluzione Francese o, appunto, della Carta Costituzionale) che ne caratterizza la ragion d’essere e la diversità dal resto dell’offerta politica, è una dimensione costitutiva dei partiti democratici. Pluralismo interno, rappresentanza ampia di diversi gruppi e strati sociali, dialettica fra maggioranza e opposizione interna sono tutti sinonimi e non rappresentano solo un antidoto alla frammentazione elettorale e un ingrediente essenziale per una vocazione non dico maggioritaria ma almeno governativa: rappresentano anche una spinta alla definizione ottimale di idee e programmi vincenti e realizzabili, perché per fare riforme efficaci ci vuole un consenso maggioritario non solo il giorno delle elezioni, ma pure nei 5 anni successivi. È cosí che alcuni partiti socialdemocratici hanno vinto e governato a lungo diversi paesi europei. Lo stesso si può dire di alcuni partiti democristiani. Per citare le parole di Rosy a Caracalla: senza Ichino il PD sarebbe piú povero. Chioso: piú povero di voti e piú povero di intelligenza e di reale capacità di interpretazione e trasformazione della società. È anche, se non soprattutto, l’opinione prevalente che si avvantaggia della presenza critica di una opinione minoritaria, che la stimola ad affinare la propria analisi e la propria ricetta. I partiti totalitari pretendevano non di rappresentare ma di interpretare e guidare l’intera società con un’unica indiscutibile opinione che un’intero gruppo dirigente doveva scandire senza alcuna defaillance per poi “trasmetterla” al popolo, una repubblica dei filosofi top-down e non bottom-up. Alcuni cattolici, in maggioranza entrati nel PD non sulla base di una tradizione politica democratica, ma per effetto di una trattativa di vertice fra Rutelli e qualche vescovo, pensavano viceversa che il pluralismo interno consistesse nel fatto che su alcuni temi (come la famiglia, la vita etc) un partito politico e in particolare il PD non potesse né dovesse avere una linea né tentare di elaborarla, ma invece fare un “tana libera tutti” che sotto il nome di libertà di coscienza consentisse, in Parlamento, di creare maggioranze trasversali. La battaglia della Bindi, da sempre, è stata contro questa impostazione clericale, a favore dell’idea che anche su questi temi di enorme rilevanza civile e sociale un partito, e in particolare il PD, dovesse anche a costo di fatiche e scazzi tremendi elaborare una linea che poi, salva naturalmente la dialettica maggioranza-minoranza, rappresentasse però un punto sintesi alla quale tutti sono vincolati. Morale: liscia, gassata o Ferrarelle? Prese tre concezioni di partito: identitaria e/o totalitaria (duri e puri condannati all’eterna minoranza), gassosa (ognuno, su una varietà di temi, dice quel che gli pare, il partito in quanto tale non ha un pensiero, contano solo i leader mediatici) e pluralista (nel partito si mescola una pluralità di ispirazioni filosofiche e tradizioni politiche che sono tenute insieme dalla caparbia volontà di raggiungere via via sintesi sempre migliori per costruire una nuova cultura politica comune), io preferisco la terza; e mi pare, comunque, che abbia una sua solidità e dignità da non sottovalutare anche da parte di chi preferisse una delle altre due.

    Ciao a tutti e grazie per lo stimolo a pensare e discutere.

  28. Elfobruno

    Ammettiamo per un attimo che il matrimonio tra gay sia incostituzionale – e non lo è – mi chiedo allora: e i finanziamenti alle scuole cattoliche? Quelli sono vietati per legge dalla Carta fondamentale. Quando si tratta di pagare i propri grandi elettori la Costituzione si dimentica nel cassetto dell’integralismo religioso?

  29. LeIntrovabili

    Elfobruno, non esiste alcun finanziamento alle scuole cattoliche. Esistono finanziamenti alla Chiesa, che fra le altre cose ha anche le scuole (ma molte altre cose), ed esistono finanziamenti-rimborso a chi si avvale delle scuole private; cattoliche, islamiche, induiste e laiche che siano: il rimborso è lo stesso.

  30. Loris

    E’ chiaramente inaccettabile che nel 2012 un partito di sinistra non propugni questi diritti civili in un paese che ne é assetato; quindi chi non è d’accordo ha preso la bella abitudine di tirare per la giacchetta la Costituzione. Evviva.

  31. LeIntrovabili

    Per rogly

    (“ma che dici?” non mi sembra l’espressione più educata e rispettosa per chi ha opinioni diverse rispetto alle proprie non campate per aria o assurde e provocatorie),

    Il punto è che non era un’opinione. Non solo madri single e coppie lesbiche possono generare e crescere figli in Italia, ma lo fanno già da tempo. Non si chiamano “famiglia”? Forse no, viste dalla tua ottica; ma per loro cambia qualcosa?

    si fa entrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta. Lei ha aperto il suo intervento di replica al mio post dicendo che su Wittgenstein nessuno ha mai parlato di morale o religione e lo chiude facendo riferimento al Vaticano (che io non ho mai citato).

    Nulla di male a introdurre nuovi argomenti. Purché sia chiaro. Il tono iniziale del tuo commento lasciava pensare che l’articolo (oppure tutti i commenti precedenti) parlassero di quello.

    Detto questo, è interessante il suo punto sullo status giuridico: la coppia omosessuale può con gli ordinari strumenti del Codice Civile dare un assetto giuridico e patrimoniale alla propria convivenza. Non c’è alcun bisogno di inventarsi matrimoni di serie B o altri istituti giuridici

    Si possono regolare alcuni aspetti della coppia omosessuale, a patto di andare varie volte dal notaio e di farsi stendere un contratto da un avvocato (decisamente dispendioso). Non si possono regolare tutti. Ad esempio: non esiste un contratto valido nel codice civile italiano che possa imporre la reciproca fedeltà affettiva e sessuale e la reciproca assistenza gratuitamente, e che, una volta violato, si possa rescindere con addebito di colpa all’altra parte. Lo può fare solo il matrimonio. Se uno dei due partner è cittadino extracomunitario e disoccupato, non otterrà il permesso di soggiorno per il fatto di essere in coppia, cosa possibile solo col matrimonio.
    E questi sono due esempi, ne esisteranno sicuramente altri.

    (con o senza figli, il discorso da lei esposto sulle coppie che non possono procreare è concettualmente mal posto. Si tratta comunque di famiglie che potenzialmente possono generare una vita mentre alle coppie gay ciò è negato in radice anche a livello potenziale).

    In altre parole, il fatto di dover ricorrere all’inseminazione artificiale, o a rapporti fuori dal matrimonio, fa di queste coppie delle “non famiglie”. Di nuovo: se tu la vedi così, contenti tutti. Ma che cambia per loro, all’atto pratico? Proprio nulla: i figli sono bambini e adolescenti uguali agli altri, e per la legge sono sottoposti alla potestà genitoriale esattamente come nelle famiglie tradizionali.

    I gusti sessuali delle persone sono e devono essere assolutamente indifferenti per lo Stato mentre non lo deve essere l’interesse pubblico alla sopravvivenza e alla continuità della società. Altrimenti lo Stato abdicherebbe ad uno dei suoi compiti fondamentali che ne giustificano la sua stessa esistenza

    Ripeto, nella società italiana così come è strutturata oggi lo Stato tutela la famiglia sia che abbia figli sia che non ne abbia. E ti sfido a trovare un passo nella Costituzione, o nelle leggi vigenti, che imponga, o consigli, di fare figli.
    Tu vedi nella Costituzione della Repubblica italiana principi e finalità che non ci sono.

  32. LeIntrovabili

    Per Giovanni Bachelet

    Su matrimonio e Costituzione la discussione è ampia in letteratura. La Bindi, che fino a 38 anni faceva la ricercatrice universitaria di diritto

    Attenzione, è una branca del diritto non pertinente: diritto amministrativo. Come detto, Rosy Bindi è laureata in scienze politiche, non in giurisprudenza. E potrei anche fare considerazioni sul motivo per cui ha interrotto la carriera universitaria (immagino promettente), ma mi fermo qui.

    E in effetti lo scorso 19 luglio due giuristi che non mi risultano come clericali e nemmeno come bindiani, Vlamdimiro Zagrebelsky (http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10346) e Stefano Rodotà (http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search&currentArticle=1HVH5S) hanno con diversi accenti confermato che l’interpretazione prevalente della Costituzione e della recente sentenza sui matrimoni implica che per le unioni con diritti praticamente identici a quelli matrimoniali (come la Lebenspartnerschaft in Germania) sia sufficiente una legge ordinaria, mentre per il matrimonio sia necessaria una modifica costituzionale, notoriamente più impegnativa di una legge ordinaria.

    Prometto di leggere i loro interventi. Tuttavia non apprezzo che si faccia dire a una sentenza della Corte Costituzionale ciò che non dice. E in quella sentenza, la 138/2010 (non so se ne esistono altre), non si accenna minimamente a cambiamenti costituzionali.
    Se si vuole sostenere che la Costituzione italiana non prevede il matrimonio con persone dello stesso sesso, lo si dica mettendoci la faccia: fa parte della dialettica. Usare quella sentenza come stampella, o come foglia di fico, mi fa sospettare la malafede.

    Esiste anche una corrente di costituzionalisti che sostiene la tesi contraria. A me sta simpatica, ma temo sia fortemente minoritaria.

    Massimo rispetto per i costituzionalisti, ma per fortuna non sono loro che emettono le sentenze in materia di costituzione. :-)
    Ho ancora vivo il ricordo dei “111 costituzionalisti” (già il numero mi appariva comico in sé), sbandierati dai comitati promotori del referendum, che giuravano e spergiuravano che la proposta sull’abrogazione della legge elettorale sarebbe stata accolta. Si è visto come è andata. :-D

  33. fafner

    L’intervento di Bachelet è interessante. Non spiega però quali parole dell’art. 29 andrebbero cambiate al fine di rendere legittimo il matrimonio omosessuale. Forse aggiungere che la famiglia è una società naturale ma anche innaturale fondata sul matrimonio?

  34. Giovanni Bachelet

    Speravo anch’io che l’aggettivo “naturale” e l’assenza in Costituzione di riferimenti espliciti a una coppia uomo+donna consentisse l’estensione del matrimonio a qualunque coppia. Era questa, del resto, la convinzione alla base del ricorso alla Corte Costituzionale. Se la Corte avesse dato ragione ai ricorrenti, avremmo già il matrimonio per tutti, senza bisogno di nuove leggi. Questo non è accaduto. La Corte ha invece affermato che per equiparare i diritti ci vuole un’apposita legge. La sentenza però è abbastanza enigmatica (come il famoso oracolo ibis redibis non morieris in bello). Consente ad alcuni (tra cui me) di sostenere che per estendere il matrimonio a tutti sia sufficiente un intervento legislativo che modifica la legge attuale del matrimonio a Costituzione invariata. Ad altri (tra cui, temo, la maggioranza dei costituzionalisti) di sostenere, invece, che la legge di cui parla la sentenza è riferita agli articoli 2 e 3 e non all’articolo 29: una legge, quindi, sulle unioni civili, formalmente distinta dall’istituto del matrimonio. Qual è la base di questa seconda opinione, a me non cara? Non la certezza (comune a tutti) che i Padri Costituenti, quando scrissero “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”, avessero in mente un unico modello fatto di un marito e una moglie; bensí la convinzione che, per includere la possibilità del matrimonio fra due uomini o fra due donne, sia necessario rendere esplicita in Costituzione questa novità del tutto assente dalla mente dei Costituenti nel 1946-1947. Questo almeno è quel che ho capito essendo laureato in fisica e non in giurisprudenza!

  35. LeIntrovabili

    Per Giovanni Bachelet

    Se la Corte avesse dato ragione ai ricorrenti, avremmo già il matrimonio per tutti, senza bisogno di nuove leggi.

    Era un’ipotesi irrealistica, la Corte avrebbe dovuto modificare d’imperio 8 articoli del codice civile, più alcuni articoli di leggi diverse che accennavano a un uomo e una donna in relazione al matrimonio. E non era nemmeno automatico: talvolta la Corte lascia semplicemente un vuoto legislativo in una parte della legge, che il parlamento è giocoforza costretto a colmare con una legge apposita.

    Questo non è accaduto. La Corte ha invece affermato che per equiparare i diritti ci vuole un’apposita legge.

    Esatto. Ed è qui che nasce il dissenso con molti commentatori e interpreti. Se la Corte Costituzionale avesse ritenuto incostituzionale il matrimonio fra persone dello stesso sesso, lo avrebbe scritto, anche come mera ipotesi. Non sarebbe stato fuori tema.

    La sentenza però è abbastanza enigmatica (come il famoso oracolo ibis redibis non morieris in bello).

    Non più di tanto. È necessario leggerla più volte. Ed è indispensabile non partire già con l’idea di trovare tutte le risposte che cerchiamo. Alcuni aspetti, semplicemente, non sono mai affrontati, non erano tema di discussione.

  36. LeIntrovabili

    Sempre per Giovanni Bachelet

    Credo che tu abbia frainteso i due articoli che hai citato. Nessuno dei due, né quello di Vladimiro Zagrebelsky su La Stampa, né quello di Stefano Rodotà su la Repubblica sostengono che “per il matrimonio sia necessaria una modifica costituzionale, notoriamente più impegnativa di una legge ordinaria”. Fanno semplicemente un riassunto del contenuto di quella sentenza (Rodotà si spinge oltre, e critica apertamente coloro che in questi anni si sono creati un comodo alibi sulla pretesa incostituzionalità dei matrimoni omosessuali).

    Quindi anche in dottrina la strada è spianata. Magra consolazione: in Parlamento c’è un muro.

  37. Giovanni Bachelet

    Carissime Introvabili, anzitutto osservo che vi siete persi il mio “errata-corrige” delle 10:11 di stamattina, quindi su quello non commento.

    Io per riguardo alla Corte ho definito la sentenza enigmatica; Rodotà la definisce, meno gentilmente, pilatesca. La sostanza è che per quante volte la si legga e la si rilegga, non sembra facile tirarne fuori una risposta univoca, e questo lo dicono anche giuristi che, come i due citati, non risultano pregiudizialmente avversi al matrimonio.

    Per questo motivo molti di noi (ma non io) finiscono col fare il seguente ragionamento: fra una legge probabilmente o almeno potenzialmente incostituzionale che per ora raccoglie un magro consenso nella società e una legge sicuramente costituzionale che può fin d’ora sperare in un consenso abbastanza ampio, conviene non tirare troppo la corda e puntare sulla seconda strada.

    Ritengo che queste persone (fra le quali si annoverano la Bindi e Bersani) non siano piú buone o piú cattive, piú laiche o piú cattoliche di me, ma soltanto che, a parità di ideali di libertà eguaglianza e fraternità, e di volontà politica di arrivare finalmente a sostanziali progressi nei diritti civili, facciano un’analisi giuridica politica e sociale diversa dalla mia. E’ quel che speravo di illustrare, ma, se non ci sono riuscito ancora, mi arrendo.

  38. LeIntrovabili

    Per Giovanni Bachelet

    Io per riguardo alla Corte ho definito la sentenza enigmatica; Rodotà la definisce, meno gentilmente, pilatesca. La sostanza è che per quante volte la si legga e la si rilegga, non sembra facile tirarne fuori una risposta univoca, e questo lo dicono anche giuristi che, come i due citati, non risultano pregiudizialmente avversi al matrimonio.

    A suo modo è pilatesca.
    Ma l’oggetto del contendere era un contrasto fra gli articoli del codice civile che definiscono, direttamente o indirettamente, il matrimonio come costituito da persone di sesso opposto, e alcuni articoli della Costituzione. E a questo quesito doveva rispondere la Corte, non ad altro.
    Inutile aspettarsi da un organo che ha precisi compiti e limiti una pronuncia su una proposta di legge che nemmeno è stata presentata, per dire.

    Se in futuro alla Corte Costituzionale verrà posto, che so, il quesito del mancato riconoscimento di un matrimonio fra un italiano e un olandese, o un belga, o uno svedese, o un danese… (Paesi dell’UE nel quale questo istituto esiste), la Corte Costituzionale si pronuncerà su quello.

    Non farti illusioni sulle intenzioni di persone come Rosy Bindi (e alcune che sono anche peggio di lei, perché nemmeno si espongono alle critiche) a proposito dei matrimoni gay e delle unioni civili (o come le vogliamo chiamare). Alla fine della storia, se anche il centrosinistra vincesse le elezioni del 2013, non verranno approvati né i primi, né le seconde. L’esperienza del governo Prodi II ha mostrato che queste distinzioni sul filo di lana servono solo a prendere tempo, e a non decidere nulla.

  39. odus

    un conto è sapere che un grande partito di centrosinistra deve realisticamente coinvolgere persone e opinioni anche molto diverse, altro è rivendicare questo come una giustificazione di qualunque dissenso e lontananza tra queste opinioni, e addirittura un’ambizione da coltivare, confondendo la varietà delle culture e degli approcci con la varietà delle conclusioni
    Primo: un partito che prende il 10,4% dei voti degli aventi diritto al voto (il 26% del 40% degli attuali disposti a votare mentre il 60% non lo è) non è un grande partito.
    Secondo: Se questo partito non grande coinvolge persone con opinioni molto diverse purché restino opinioni diverse che non devono sfociare in dissenso, queste persone che se ne fanno delle opinioni diverse che hanno visto che alla fine debbono rinunciarvi?
    Ma le opinioni diverse non sono tutte uguali e tutte ugualmente fondate e tutte ugualmente rispettabili
    E quelle più fondate e rispettabili chi le stabilisce o le ha già stabilite? Renzi, la Bindi o Luca Sofri?
    Esiste un libretto rosso dove vengono elencate, illustrate e spiegate le opinioni incluse nel pensiero unico libero tipo l’abolizione della schiavitù?
    Se esiste, chi lo ha scritto?
    In ogni caso, so che queste mie sono domande generate da un tipo di pensiero non unico e non so se libero, ma pensiero che produce opinioni tra quelle meno fondate e meno rispettabili.
    A giudizio insindacabile di Luca Sofri.
    Ipse dixit.

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