Da vecchio cultore, ripeto che il monologo finale di Cliff Robertson nei Tre giorni del Condor è sempre attualissimo sui temi del compromesso tra ciò che uno stato fa per proteggere i suoi cittadini e i principi teorici che quello stato si è dato. Però riconosco che la riflessione della Public Editor del New York Times su quanto oggi quella scena davanti alla sede del Times non potrebbe esistere, è fondata (pezzo da leggere anche per capire come si pone il New York Times a non essere stato protagonista dello scoop sull’NSA).
In today’s world, Condor wouldn’t have to wonder if his story would see the light of day or how long it would take.
La CIA sta ai film americani come la mafia a quelli italiani, lieto fine a parte. Voglio dire che quando c’è da osare con la narrazione di eventi evanescenti, oscuri, inafferrabili le sceneggiature si rivolgono sempre a questi due stereotipi, e il gioco è fatto. Quindi se l’immaginario collettivo americano si aspetta sempre qualcosa di brutto, che provenga da un pezzo dello Stato stesso, evidentemente un motivo c’è. Ed è per questo che nella scena finale del film c’ho sempre vista rappresentata certa opinione pubblica da parte di un Redford finto ingenuo, più che idealista lettore di gialli.