Il 14 settembre del 1993 uscì August and Everything After, il primo disco dei Counting Crows. Io lo comprai qualche settimana dopo, leggendo una recensione in un periodo che ero molto in modalità americana-alternative-indie, e frequentavo spesso una valle di montagna, che inclinava al genere. Non sapevo niente, dei Counting Crows.
Dopo, divennero la mia band preferita da allora in poi. Li vidi in concerto a Roma – poca gente – poco dopo, nel 1994, e di nuovo in tutt’altro eccitante contesto a Boston, nel 2009. In mezzo, intervistai il loro cantante Adam Duritz, nel 2003: dieci anni prima non immaginavo che avrei mai intervistato nessuno, figuriamoci il leader della mia band preferita (ma è una riflessione che in questi anni ho fatto diverse volte). Loro nel frattempo fecero altri dischi con altre belle canzoni, ma lui è piuttosto genio e sregolatezza e abbastanza presto si convinse di fare molti tour ma anche che un disco come quello non gli sarebbe più venuto (in vent’anni hanno fatto cinque dischi di canzoni nuove, e poi uno di cover e un po’ di live: uno solo dei quali bellissimo, il primo, Across a wire). Detto che nessuna delle mie tre canzoni preferite dei Counting Crows sta in quel primo disco. La quarta, sì.
Poi io tendo a pensare che le cose succedono per incidenti, e variabili minime, e batter d’ali di farfalla, e colpi di fortuna; ma anche che, se quella che per me è la band migliore del mondo lo è solo per me e per un culto di fanatici (oddio, un milione e mezzo su Twitter, vedo), forse ce ne sono di migliori, e forse come accade con la musica e con gli amori, a qualcuno è successo qualcosa in un certo momento e poi niente è più stato come prima.
Probabile.
I REM sono più bravi, probabilmente: ma a me hanno detto qualcosa di meno.
E questo post probabilmente è per me, per malinconia, e per qualche altro incidentato. Vent’anni.
Integrazione: ho trovato un biglietto del concerto di Milano del 2000 all’Alcatraz, che avevo dimenticato.
Vediamo se indovino: 1993, Buscadero, doppia copertina Counting Crows/Crash Test Dummies? (E direi pure recensione di Andrea Langè, ma non sono sicurissimo).
Magari mi ricordassi. Ma può darsi, allora leggevo Buscadero, Mojo e Q, direi.
Fa piacere non essere il solo ad avere un legame inspiegabile con i CC e a considerarli la band preferita nonostante tutto: nonostante abbiano fatto solo due dischi e mezzo belli, nonostante la musica che e’ venuta dopo, nonostante molti li abbiano archiviati a one-hit band…
Non sono stati tra i miei più “cari”, ma hanno sempre fatto ottime cose. Li vidi a Toronto nel 1994 e li trovai davvero entusiasmanti dal vivo.