Capire il cambiamento, o se stessi

Un vecchio e illustre premio italiano di giornalismo, che si chiama “È giornalismo”, è stato attribuito oggi a Google, per il contributo dato alla distribuzione contemporanea delle informazioni e al lavoro giornalistico. Io non ho grandi passioni per i premi di categoria, che siano letterari, giornalistici, musicali, blogghistici – con rispetto, eh, come i Godspeed You! Black Emperor – però se per una volta non celebrano il proprio ambiente e non mummificano successi arcinoti, mi sembra una buona cosa: mi sembra una buona cosa dire che Google ha dei meriti nell’aiutare la comprensione del mondo, dire che ce li ha in quanto rappresentante di una nuova e mai vista opportunità di comunicare come è internet, dire che la comprensione e il riconoscimento del cambiamento sono la prima attitudine del giornalismo, e dire che i corporativismi giornalistici che lo vedono come un nemico hanno più caro il proprio orticello professionale che non il servizio ai lettori e alle comunità.

In Italia, medievalmente (lo ha appena raccontato Sandro Gilioli alla Blogfest a proposito di alcuni suoi colleghi), ci sono ancora estesi ponti del Titanic giornalistico che ritengono internet e i suoi servizi dei nemici: e fingono di avere cara un’informazione affidabile e decorata che in molti casi non hanno neanche mai rappresentato. Per queste persone, spesso anche molto affezionate ai premi giornalistici e all’eventualità di vincerli, vedere riconosciuto che qualcosa è cambiato proprio là dove si sentivano protetti, è da settimane (da quando la scelta del premio fu annunciata) motivo di scandalo e preoccupazione. E pensare che alcuni di loro, ci avessero pensato prima, avrebbero potuto essere l’avanguardia dell’informazione online italiana, che invece è rimasta assopita e impaludata per anni, affidata a noi ultimi della fila e screditata, e poi digerita dagli stessi meccanismi com’è oggi in gran parte.
Nel nome di Bocca, Biagi e Montanelli – fondatori di quel premio – oggi è stato premiato Google.
Un po’ alla volta, dai.

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