Boy bands

Il mito dei “nativi digitali” ormai è un po’ superato. Da una parte perché sono talmente cresciuti in numero e diventati la norma, da non essere più studiati dagli entomologi anziani. Dall’altra, perché a un certo punto si è capito che l’idea che coloro che erano nati nel mondo digitale senza avere esperienza del precedente non necessariamente sarebbero stati in grado di capirlo e padroneggiarlo più approfonditamente: anzi, l’assenza di confronto col mondo precedente e di esperienza diretta della nascita ed evoluzione di quello digitale e delle sue tappe, si dimostrano spesso un limite. Per la maggior parte di loro, il mondo digitale è più familiare e immediato, ma non per questo lo “comprendono”  e conoscono meglio.

Un accessorio di questa riflessione è quello che ha scritto qualche giorno fa Fahrad Manjoo sul Wall Street Journal a proposito dell’idea che i prodotti rivoluzionari su cui investire siano quelli che funzionano tra i ragazzini e i giovanissimi, e che si debba seguire il loro giudizio. Non è vero, spiega Manjoo: di solito i ragazzini non indovinano i prodotti che dureranno.

We all tend to assume that young people are on the technological vanguard, that they somehow have got an inside scoop on what’s next. If today’s kids are Snapchatting instead of Facebooking, the thinking goes, tomorrow we’ll all be Snapchatting, too, because tech habits, like hairstyles, flow only one way: young to old.

There is only one problem with elevating young people’s tastes this way: Kids are often wrong. There is little evidence to support the idea that the youth have any closer insight on the future than the rest of us do. Sometimes they are first to flock to technologies that turn out to be huge; other times, the young pick products and services that go nowhere. They can even be late adopters, embracing innovations that older people understood first. To butcher another song: The kids could be all wrong.

Here’s a thought exercise. How many of the products and services that you use every day were created or first used primarily by people under 25?

A few will spring to mind, Facebook the biggest of all. Yet the vast majority of your most-used things weren’t initially popular among teens. The iPhone, the iPad, the iPod, the Google search engine, YouTube, Twitter, Gmail, Google Maps, Pinterest, LinkedIn, the Kindle, blogs, the personal computer, none of these were initially targeted to, or primarily used by, high-school or college-age kids. Indeed, many of the most popular tech products and services were burdened by factors that were actively off-putting to kids, such as high prices, an emphasis on productivity and a distinct lack of fun. Yet they succeeded anyway

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10 commenti su “Boy bands

  1. Frank

    Grazie Luca per avere lasciato il testo in lingua inglese… a couple of comments…. first of all, the definition of kids Vs adults seems a little vague… pare che la categoria dei kids arrivi fino ai 25 anni il che include anche tutti quelli che hanno gia’ uno se non due univeristy degrees… Universita’ che sono poi i luoghi dove alcuni di questi mezzi vengono usati maggiormente. Gli stessi under 25 sono poi gli setssi che hanno creato la meta’ degli esempi riportati… Boh! Mi pare un po’ semplicistica questa analisi con una underlying voglia di scontro generazionle che mira a determinare chi c’ha la… vista piu’ lunga. Thanks for sharing this and keep up with the good work. FranK-o

  2. Luca

    Veramente l’unico esempio riportato che lo stesso Manjoo spiega avere a che fare con quella generazione lì è Facebook. Per il resto mi sembra riduttivo trasformare tutto il ragionamento in una competizione piccina generazionale: mi sembra un po’ da competizione piccina generazionale, ecco. Te lo dice uno che lavora tutto il giorno con ventenni molto bravi.

  3. Giordano

    Ho sempre considerato riduttivo parlare di vecchi e giovani adagiando le definizioni sulla carta di identità.
    Ci sono giovani vecchi che non sono curiosi e che usano Facebook perchè ce l’hanno tutti e hanno un orizzonte temporale per le loro azioni, se va bene, di due settimane.
    Ci sono vecchi giovani che sono curiosi, scoprono, si divertono con tutto ciò che il mondo offre loro e che non offriva anni fa.

    La curiosità salverà il mondo.
    Vecchiaia is a state of mind.

  4. Luca

    No, questo è un luogo comune retorico che pretende di prescindere dalla realtà. L’età, il tempo, la relazione col presente e quello che hai vissuto e che ti resta da vivere, non sono dati irrilevanti. “Ci sono giovani vecchi e vecchi giovani”, va bene: ma si discute sempre per grandi tendenze, non per casi. Per maggioranze, non per eccezioni. Altrimenti i dati mostrerebbero che in percentuale i novantenni usano Facebook quanto i sedicenni.

  5. Giordano

    @Luca
    Però i novantenni sanno usare ormai la tivù come i 50enni.
    Si tratta sempre di una percentuale di “esploratori” curiosi che prova le cose, prova strade che poi si rivelano poco pratiche fino a che quella giusta si rivela, diffondendosi concentricamente anche al resto delle persone.
    Fra vent’anni forse molti novantenni avranno Facebook (o altro social network) e questo proprio grazie ai curiosi di oggi che stanno dicendo ai loro amici meno sul pezzo: “ehi, guarda cosa ho scoperto”.

    Però sono i “curiosi” e non i giovani a diffondere viralmente le tendenze.
    Ovviamente è vero quello che dici tu (ops, quello che dice lei?): i più “esploratori” e curiosi propensi alle novità sono spesso i giovani, non i novantenni.

    Ci sarebbe anche un’altra riflessione, però. Noi consideriamo i novantenni di oggi poco propensi alle novità e magari è corretto ma non è detto che questo sia un dato immutabile.
    Questo avviene perchè sono cresciuti in un mondo che cambiava più lentamente e quindi la loro capacità di assorbimento delle novità è limitata.
    Quando un nativo digitale sarà vecchio e avrà passato tutta la vita saltando da una tecnologia all’altra (e sarà abituato e non spaventato da concetti come aggiornamenti software, aggiornamenti grafici) sarà un novantenne che avrà paura del cambiamento o sarà un novantenne abituato e capace di gestire il cambiamento?
    Esempio: mio nonno ha imparato a stento ad usare un cellulare nokia 3310 e ora non ne vuole proprio sapere di un telefono android, del quale oltretutto non saprebbe cosa farne.
    Ma quando io sarò vecchio passare da Android ver. 25 a “sistema operativo del 2050” sarà solo una routine che ho affrontato 1000 volte nella vita.

    Giordano (or MaestroYoda, per il Post)

  6. Francesco

    Vero è che certi cambiamenti nella società di oggi e nelle tecnologie che usiamo sono molto rapidi e che in qualche modo ci stiamo abituando.

    Non è però detto che non accelerino ancora, da un lato, e che noi continuiamo ad avere la stessa elasticità e prontezza per starci dietro, dall’altro.

    Ad esempio non so di che anno sia tuo nonno ma posso supporre che sia nato prima del 1930.
    Nella sua vita di cambiamenti tecnologici e sociali mi sembra ne abbia visti parecchi: le auto, la televisione, gli elettrodomestici, gli antibiotici, la plastica, i supermercati, …

    Per concludere il problema è nella chiusura “che ho affrontato 1000 volte nella vita”: non è detto!
    Quello che spaventa delle novità è proprio il loro essere sconosciute e aliene.
    E in quanto tali probabilmente non possiamo immaginarcele ora. Come tuo nonno mentre accendeva per la prima volta la nuova tv a colori non avrebbe mai potuto immaginare uno smartphone.

  7. hdr

    A me pare un tipico esempio di argomento autoreferenziale.
    I “vecchi”, in particolar modo i “giornalisti vecchi” hanno creato il termine nativi digitali – c’era una nuova tecnologia, loro non erano in grado di usarla, giustificavano il fatto che altri (in particolare ragazzi giovani) la padroneggiassero dicendo che è così perchè loro ci sono nati dentro.
    Dopodiché la tecnologia è diventata pervasiva, i “giornalisti vecchi” si sono adeguati (molti dei quali in maniera eccessiva, mi ricordano gli indiani d’America e gli alcolici) e ora mettono in discussione il termine che loro stessi hanno inventato e usato per scrivere (assolutamente inutili) articoli.
    Come dire, meh.

  8. Giordano

    @Francesco
    Volevo essere più sottile, ma forse non ci sono riuscito.

    “Per concludere il problema è nella chiusura “che ho affrontato 1000 volte nella vita”: non è detto!
    Quello che spaventa delle novità è proprio il loro essere sconosciute e aliene.
    E in quanto tali probabilmente non possiamo immaginarcele ora. Come tuo nonno mentre accendeva per la prima volta la nuova tv a colori non avrebbe mai potuto immaginare uno smartphone.”

    Ma neanche io, accendendo il mio smarthphone, so cosa verrà dopo e non so immaginarlo.
    Ma passare dall0 smartphone ad altro (che ora non conosco) non mi spaventa (e presumibilmente non lo farà in futuro) proprio perchè sono abituato a gestire i cambiamenti in se, non importa quali.
    Mio nonno è cresciuto in un mondo in cui ci hanno messo 30 anni a passare dalla TV in bianco e nero a quelle a colori.
    Io sono cresciuto in un mondo in cui da piccolo avevo la TV in bianco e nero, qualche anno fa l’LCD e ora lo uso a malapena come monitor per il PC per guardare roba in streaming.
    E so già che fra 5, 6 o 10 anni tutta questa roba sarà forse superata. Non sarò spaventato perchè so già ora che quel momento arriverà, sarà naturale.
    E, probabilmente, mi sembrerà naturale, non una cosa che faticherò a comprendere.

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